Reazioni xenofobe per aggressione inesistente. Parte il processo

Reazioni xenofobe per aggressione inesistente. Parte il processo

Aggressione inesistente che scatenò reazioni xenofobe, parte il processo

Antonio Fabbri

La vicenda che sarà discussa oggi in Tribunale assume particolare rilievo sociale perché scatenò nel Paese reazioni xenofobe che mossero addirittura una marcia contro l’odio. Era il 4 maggio del 2018 quando una donna denunciò: “Sono stata aggredita da un giovane di colore”… ma non era vero. Così dovrà rispondere di simulazione di reato, nel processo che si apre oggi, la 45enne Angelina Marro. Con la sua denuncia, rilanciata su Facebook dal marito, poi condivisa a macchia d’olio e con una singolare superficialità, si è scatenata una reazione molto pericolosa: commenti razzisti e persino tentativi di procurarsi una giustizia sommaria.

La denuncia, che secondo le indagini è risultata falsa, aveva causato una reazione di stampo razzista con tanto di caccia “all’uomo nero” e persino una sorta di raid a Casa San Michele, di notte, dove erano ospitate delle persone di colore. Al grido di “Dove sono i negri, dove sono?”, un gruppetto di persone ha costretto gli ospiti della casa a uscire per farsi identificare da chi – rivendicando chissà quale diritto e autorità – sospettava che lì si nascondessero i responsabili dell’aggressione.

Nei giorni seguenti, si erano susseguiti ancora indegni commenti sui social e altrettanto indegne “spedizioni” presso una attività che aveva organizzato corsi professionali per lavoratori di una cooperativa italiana. Presi di mira solo perché, anche loro, di colore.

Della vicenda, dubbia fin dal primo istante, si era tuttavia parlato persino in Consiglio Grande e Generale, con il Segretario agli Interni praticamente
costretto, visto il caso che era stato montato anche tramite il battage on-line, a trattare l’argomento e il consigliere della Dc Alessandro Cardelli era intervenuto sostenendo “a San Marino fatti di questa natura non sono mai successi, e la politica si deve interrogare perché ciò non possa avvenire in futuro”.

E non era dunque accaduto neppure all’epoca. La prova è arrivata dalla visione dei filmati delle telecamere di sorveglianza presenti nella zona. La donna aveva infatti riferito di essersi fermata nel parcheggio nei pressi del bocciodromo. Proprio in quel punto è puntata una telecamera che ha ripreso la donna mentre fumava una sigaretta e telefonava, senza mai essere avvicinata da alcuno. Di qui, dunque, l’accusa di simulazione di reato e il conseguente rinvio a giudizio.

Oggi il processo.

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