Riciclaggio denaro del caso Imi-Sir, condanna in primo grado per ex direttore Carisp

Riciclaggio denaro del caso Imi-Sir, condanna in primo grado per ex direttore Carisp

L’informazione di San Marino

Riciclaggio denaro del caso Imi-Sir, condanna in primo grado per ex direttore Carisp 

Quattro anni e mezzo a Luca Simoni e a Bravi Tonossi. Quattro anni e un mese a Dollfus. Confisca complessiva per oltre 17,5 milioni L’accusa: “Evidente attività di occultamento” La difese: “Nessuna prova”. Già annunciato appello.

Antono Fabbri

Riciclaggio di denaro  ritenuto frutto dalla corruzione in atti giudiziari del famigerato lodo Imi-Sir, tre condanne in primo grado. Questa la decisione del Giudice Roberto Battaglino che nel pomeriggio di ieri, dopo avere ascoltato la requisitoria del Procuratore del fisco, Giorgia Ugolini, e le arringhe dei difensori, ha emesso il proprio verdetto attorno alle 17. A dover rispondere dell’accusa contestata l’ex direttore di Cassa di Risparmio, Luca Simoni (foto), assieme a Gabriele Bravi Tonossi, commercialista e titolare effettivo di Lituis Investments Ltd e di DB Trade Limited, due delle società utilizzate per i passaggi di denaro contestati, e Filippo Luigi Ruggero Carlo Edoardo Dollfus De Volckersberg, finanziere e amministratore di DB Trade Ltd. 

Secondo l’accusa i denari movimentati sono riconducibili al frutto della corruzione in atti giudiziari del caso noto in Italia come “lodo Imi-Sir”, oltre all’appropriazione di fondi societari e frode. Somme per oltre 15.700.000 euro ritenuti, dunque, di provenienza illecita e riferibili a Rita Rovelli e Francesco Bellavista Caltagirone. La vicenda del riciclaggio si intreccia con un finanziamento da oltre 27milioni di euro che Cassa di Risparmio aveva concesso a favore di società del gruppo Acquamarcia, riconducibile a Caltagirone. Anzi, è da qui che prende le mosse l’inchiesta, poiché, in pendenza del rapporto di finanziamento, Caltagirone, per una indagine italiana sulle sue società, venne posto agli arresti domiciliari. Scattò nella banca l’allerta antiriciclaggio, quindi la segnalazione all’Aif e poi all’autorità giudiziaria. Si risalì quindi dal finanziamento alla vicenda Imi-Sir, dato che, per l’accusa, lo stesso Caltagirone intendeva coprire la sua posizione debitoria in Cassa con quel denaro di provenienza illecita, movimentato da Dollfus e Bravi Tonossi con la collaborazione, in Carisp, di Simoni. Fin qui la ricostruzione dell’accusa, che è stata però contestata dalle difese nelle conclusioni di ieri.

La requisitoria della Procura fiscale Dopo la deposizione dell’ex direttore Simoni, il giudice ha disposto la chiusura del dibattimento per passare alle conclusioni. E’ toccato al Procuratore del fisco, Giorgia Ugolini, sostenere le conclusioni dell’accusa. “Il caso sammarinese replica più in piccolo quanto risulta anche in una vicenda presa in esame dalla procura di Milano. Ci sono schemi ricorrenti utilizzati dagli imputati Bravi e Dollfus: molteplici società di paesi off-shore, da Panama alle Isole Vergini Britanniche alle Isole del Canale; conti di transito del denaro che arriva sempre da altre società e canalizzato su società di altre giurisdizioni. Tutti i conti di tutte delle società che si sono succeduti erano in realtà dedicati ad un unico scopo: canalizzare i fondi in un vorticoso e articolato sistema che garantiva, qualora un giorno si fosse verificata la necessità di ricostruire a ritroso il flusso di denaro, che questo non sarebbe stato possibile, perché ci si sarebbe scontrati con le legislazioni, la burocrazia, la segretezza dei vari paesi che in quegli anni non brillavano per collaborazione internazionale. L’unica finalità era spezzare la possibilità di ricostruire il flusso del denaro. Anche il trasferimento del denaro a San Marino aveva la finalità di mero occultamento”.

Il Pf ha anche puntato il dito sul fatto che le disposizioni venissero effettuate attraverso ordini telefonici e che operazioni così importanti venissero effettuate senza che neppure la banca avesse acquisito un documento di identità degli interessati. “Non è pensabile – ha detto il Pf Ugolini – che a fronte di una esposizione debitoria di 27 milioni non si sia stati in grado neppure di avere un documento di identità. Quanto all’ex direttore Simoni, i soldi sono arrivati a San Marino sotto la sua direzione e in poco più di un mese le somme erano già state riciclate, occultate e sostituite. Dalla difesa di Simoni c’è stata anche una allusione secondo cui Aif si sarebbe trattenuta una contabile: una affermazione grave che insinuerebbe che pubblici ufficiali di questa Repubblica abbiamo svolto il loro lavoro in maniera non corretta. Affermazione da rigettare, tanto che proprio il direttore pro tempore di Aif, Veronesi, ha più volte fatto riferimento al fatto che Carisp faticava a fornire o reperire, e spesso rispondeva in maniera inadeguata, le informazioni richieste”. Per la Procura fiscale, quindi, sussistono tutti gli elementi per la condanna. Chiesti per Dollfus e Bravi Tonossi 5 anni di prigionia, 8000 euro di multa e l’interdizione per due anni e mezzo dai pubblici uffici e diritti politici. Chiesti per Simoni 5 anni e 4 mesi, 2000 euro di multa e due anni e mezzo di interdizione dai pubblici uffici e diritti politici. Oltre alla confisca delle somme sequestrate e per equivalente.

La difesa di Bravi Tonossi Ha sostenuto l’arringa l’avvocato Stefano Goldstein del foro di Milano, difensore di Bravi Tonossi assieme all’avvocato Lorenzo Moretti di San Marino. “Ci troviamo ad interpretare dei fatti senza che vi sia stata una istruttoria in fase di indagine. L’accusa ha sparato a caso una serie di ipotesi accusatorie: prima di certo Imi-Sir, poi reati collegati, e poi altre ipotesi di reato che non si sa se legate a Imi-Sir o all’arresto di Caltagirone. Questo andare per tentativi non può certo portare ad una accusa concreta dalla quale ci si possa difendere”. Anzi, per il legale, vista la tracciabilità delle movimentazioni “abbiamo una condotta che è antitetica ad una ipotesi riciclatoria e che, se posta in essere con finalità riciclatoria, sarebbe di una stupidità evidente”.

Ha poi aggiunto sulla provenienza del denaro che, nella vicenda di Acquamarcia “Caltagirone è uscito prosciolto ed è incensurato. Su Rita Rovelli è tutto da discutere. Di certo una parte di questa accusa è totalmente infondata”, ha detto il legale. Quindi ha sostenuto che, se poteva esserci a livello di sospetto una ipotesi di indagine, “da allora non abbiamo fatto alcun passo in avanti. Anzi, non solo non si sono assunte ulteriori prove, ma sono state assunte evidenze del contrario rispetto all’accusa mossa. Concludo ritenendo di aver dimostrato infondatezza della accusa e chiedendo l’assoluzione con la formula più favorevole”, ha detto il legale.

La difesa Dollfus L’avvocato Roberta Guaineri, della difesa Dollfuss, ha sottolineato come la posizione del suo assistito sia “avulsa da quella di Bravi Tonossi”, sostenendo inoltre come non fondate e non provate le deduzioni logiche dell’accusa. L’avvocato Paolo Tosoni dello stesso collegio difensivo, ha richiamato, tra l’altro, un patteggiamento di Dollfus a un anno e 11 mesi, in un procedimento italiano, evidenziando come, volendo sostenere il riciclaggio per i medesimi fatti, si dovrebbe prendere in considerazione il ne bis in idem internazionale. L’avvocato Francesco Mazza ha dal canto suo aggiunto come l’aggravante non potesse esser contestata a Dollfus, non essendo funzionario di banca, in questo condividendo la conclusione della Procura fiscale. Allo stesso tempo ha chiesto al giudice di valutare il contegno processuale del proprio assistito e di valutare anche le dichiarazioni rese davanti ai Pm di Milano come confessione utile e spontanea. “Con tale valutazione la pena andrebbe diminuita di un grado e comminata nel minimo, questo consentirebbe, in subordine alla richiesta assolutoria, di concedere la sospensione condizionale della pena in caso di condanna”, ha concluso l’avvocato Mazza.

La difesa Simoni “Ero convinto che la Procura fiscale avrebbe chiesto il proscioglimento di Simoni”. Ha esordito così l’avvocato Gian Nicola Berti, non risparmiando qualche insinuazione un po’ sopra le righe verso la Pf. Nel merito della difesa l’avvocato Berti ha condiviso le affermazioni dei colleghi circa la mancanza di prove sulla provenienza illecita del denaro, “ma ritengo che non ci siano elementi per dire neppure che ci fossero pregressi rapporti di colleganza tra Simoni e altri soggetti”. Poi è passato in rassegna a ciascuna delle imputazioni cercando di smontare una per una le accuse. “In un caso, addirittura, il pagamento è stato disposto quando Simoni non era direttore. Disposto da qualcun altro di cui non faccio io nome, siccome è un nome di una certa rilevanza…”, ha aggiunto. “Quanto alla riconducibilità del denaro a Rovelli, è una accusa priva di qualsiasi elemento di prova”.

Poi la segnalazione: “Più che responsabilità, semmai, Simoni ha dei meriti considerato che è stata la banca a fare la segnalazione”, ha detto l’avvocato Berti chiedendo infine l’assoluzione. L’avvocato Nicola Mazzacuva ha focalizzato l’attenzione sull’assenza di dolo. “La segnalazione proviene dalla banca. Ci sono 8 pagine di segnalazione dove sono indicati tutti i soggetti interessati. La Procura del fisco ha parlato della sussistenza della prova logica, ma il ‘non poteva non sapere’ è un canone che va cancellato. Qui non solo c’è assenza di prova, ma addirittura, dalle testimonianze che vanno tenute in debita considerazione, ci sono plurime prove contrarie che escludono il dolo. Chi movimenta il denaro deve sapere della provenienza da misfatto. Tutte le risultanze documentali escludono qualsiasi intervento di Simoni in tutta la vicenda. E non c’è teste che porti elementi di accusa. C’è un’unica certezza in questo procedimento: che non esiste nemmeno il sospetto della consapevolezza in capo a Simoni della provenienza illecita del denaro e il processo deve provare compiutamente il dolo. Concludo, chiedendo una pronuncia assolutoria”.

La sentenza Dopo la camera di consiglio il giudice Roberto Battaglino ha pronunciato sentenza di condanna per tutte e tre gli imputati. Accolta dunque la richiesta della procura fiscale, pur ritoccando al ribasso le pene comminate. Il Commissario della Legge Battaglino ha condannato a Luca Simoni e Gabriele Bravi Tonossi a 4 anni e 6 mesi. 4 anni e 1 mese, invece, per Filippo Luigi Ruggero Carlo Edoardo Dollfus De Volckersberg. Disposta, poi, la confisca dei 10 milioni e mezzo di euro sequestrati. Confisca per equivalente di 2 milioni e mezzo per Simoni, e 5 milioni per gli altri due imputati.

La difesa ha già annunciato appello.

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