Riforma delle pensioni

Riforma delle pensioni

Negli ultimi mesi mi sono più volte interrogata sul perché la questione pensionistica, al centro di un processo di riforma che deve essere portato a compimento, e che tutti a parole dicono di voler realizzare, in realtà sia rimasta al palo. Ma vediamo a che punto è la situazione. La riforma del 2005, fin dalla primavera del 2007 avrebbe già dovuto essere completata con ulteriori interventi sia di natura correttiva che integrativa.


Rispetto a tale impegno di legge, soltanto una parte ridotta di misure è stata realizzata, lasciando ancora irrisolti numerosi aspetti che invece è necessario affrontare. Ad esempio: le forme di copertura previdenziale per i rapporti di lavoro atipici e i rapporti di lavoro discontinui; l’istituzione di un contributo improntato all’equità tra i pensionati e gli assicurati, ecc..


Ma la riforma, che si componeva anche del provvedimento che introduceva la pensione complementare, è rimasta poi orfana anche di questo importante tassello che avrebbe potuto, invece, consolidare il nostro modello previdenziale, rafforzandone la capacità di tenuta nel tempo. In tal modo siamo rimasti – unico paese in Europa – con un sistema basato su un unico pilastro a carattere retributivo, che sulla carta promette rendimenti pensionistici che, nella realtà, non sarà oggettivamente in grado di garantire…


Da qui la necessità di avviare contestualmente una verifica complessiva della materia che affronti criticamente anche l’attuale impianto previdenziale, per orientarlo verso la effettività del suo equilibrio finanziario. E ora vediamo quali effetti produce questo grave ritardo nel completare la riforma pensionistica.

Di sicuro priva gli assicurati della possibilità di integrare la propria pensione pubblica, tradizionale, con una forma complementare, quale parziale copertura della quota di prestazione ridotta in seguito all’ultimo intervento di riforma. E per i giovani lavoratori, ma non soltanto per loro, da parte di chi ha causato questi ritardi, pesa la responsabilità di aver determinato una prospettiva previdenziale sempre più indeterminata ed incerta…


Dunque, danni incalcolabili sulle casse del fondo pensioni e sulla percezione generale del paese rispetto a tale problema. Ma ulteriori danni anche sul bilancio dello Stato, se solo si pensa che quest’anno saranno 12 i milioni di euro che verranno stanziati in via straordinaria per finanziare le pensioni ai commercianti ed artigiani; in tempi di crisi e di deficit di bilancio, questo esborso è una vera calamità!

Mi sono anche interrogata se le vicende dell’attualità, legate alla criticità dei rapporti con l’Italia, potessero in qualche modo condizionare i processi riformatori su questa materia. Ma sono ambiti indipendenti tra loro, semmai il raggiungimento di una sostanziale robustezza dell’impianto previdenziale contribuisce a rafforzare gli elementi di stabilità del sistema San Marino, e ciò costituisce un valore aggiunto per chi ha interesse ad investire nel nostro paese.


Dunque non vi sono oggettivamente ragioni plausibili che possono giustificare i gravi ritardi che continuano fatalmente ad accumularsi. Benché il completamento della riforma pensionistica sia ben indicato nel programma di governo tra gli obiettivi da realizzare, ripreso e confermato nell’accordo tripartito del 9 luglio, in realtà con questo Esecutivo non è mai partito alcun confronto. Risulta perciò assolutamente incomprensibile l’inazione del governo, su cui inevitabilmente ricadono tutte le responsabilità dell’aggravamento delle difficoltà del sistema.

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