RASSEGNA STAMPA – Gli inquirenti puntano sul passato difficile del 34enne, arruolato per due anni nella Gendarmeria del Senegal e costretto a lottare Sotto la lente anche alcune dichiarazioni della moglie Valeria
L’altro Louis. Il volto oscuro su cui puntano le indagini, quello che sarebbe celato dietro a un passato difficile, maturato per le strade di Dakar e le celle di Saba. Quello che la Procura ha voluto mettere a nudo nelle oltre 200 pagine di memoria depositate nei giorni scorsi per convincere il giudici del Riesame della presunta pericolosità del 34enne senegalese, tale da trattenerlo in carcere. Un soggetto «dall’indole violenta, insensibile al rispetto dell’altrui integrità fisica», per usare le parole glaciali impresse nero su bianco proprio nella misura cautelare per effetto della quale Louis Dassilva si trova ai ’Casetti’ da metà luglio, accusato di essere lui l’assassino di Pierina Paganelli, uccisa in via del Ciclamino il 3 ottobre 2023 con 29 coltellate. Lui che eppure da più di una persona, dall’amico Loris Bianchi all’ex amante Manuela, è stato invece definito in questo anno di indagini come un uomo «mite, incapace di fare del male». Ma per la Procura non sarebbe così. Per la Procura c’è di più.Per la Procura, c’è un altro Louis e la verità sta annidata come i mali nello scrigno di Pandora in un vissuto «fortemente traumatico», come lo ha definito lo stesso pm Daniele Paci nella sua memoria. Un passato in giacca verde militare della Gendarmeria del Senegal, dove Dassilva ha prestato servizio dal 2012 al 2013. E poi un passato di violenze quando a Saba, in Libia, lo stesso indagato ha raccontato agli investigatori di essere stato rapito e sequestrato: picchiato «con le cinghie, con i bastoni, con il calcio del fucile» (…)
Articolo tratto da Resto del Carlino