Risposta alla lettera del prof. Claudio Mancini

Risposta alla lettera del prof. Claudio Mancini

Risposta alla lettera del prof. Claudio Mancini

Abbiamo letto l’intervento di un nostro collega con un misto di stupore, incredulità e imbarazzo. Stupore per il tono e la forma dell’articolo, che cita l’Organizzazione Mondiale della Sanità, salvo poi interpretarne le linee guida in maniera arbitraria e personale; increduli che un insegnante possa argomentare posizioni così lontane dal modello educativo umanistico su cui la scuola è fondata; imbarazzo per la chiusa finale, che cita a caso testi presi da internet, senza considerare che la prima regola di un testo è mai citare articoli senza fonte e che siano solo basati su opinioni riportate.

Vorremmo quindi fare chiarezza, questa volta basandoci su fatti e non opinioni.

Mancini critica l’educazione sessuale così come è regolata dalle indicazioni dell’OMS, dicendo che – sempre secondo la sua personale interpretazione – la concezione antropologica della sessualità espressa dall’OMS è in contrasto con “i modelli dei millenni precedenti”.  Quali, per l’esattezza? Fino al Settecento, il matrimonio era un contratto su basi economiche, sicuramente non un’unione di anime. Dall’Ottocento in poi, l’affermarsi della famiglia borghese ha gettato le basi per la divisione degli spazi maschili (il luogo di lavoro) e femminili (la casa), con le seguenti conseguenze: sottomissione della donna a regole sessuali rigidissime e verginità come valore assoluto, mentre ovviamente all’uomo veniva concessa la doppia moralità. Vogliamo poi parlare dell’amor cortese, tra una dama sposata e il suo spasimante? O ancora prima, l’educazione sentimentale della Grecia antica?

Ma non andiamo troppo lontano. In Italia, il delitto d’onore e il matrimonio riparatore (cioè il diritto dello stupratore ad essere assolto se accettava di sposare la vittima) furono aboliti solo nel 1981 e lo stupro, sino al 1996, era considerato un reato contro la morale, non contro la persona. Per non parlare della sessualità LGBTI, perseguita e considerata perversione almeno fino agli anni Novanta.

Quindi sì, siamo felici di sapere che stiamo finalmente emancipandoci dalla cultura millenaria legata ad una sessualità genderizzata e patriarcale. Bastano le ultime date a capire quanto ci sia bisogno di educazione sessuale soprattutto in Italia e San Marino.

Secondo punto: cosa afferma l’OMS riguardo all’educazione sessuale dei ragazzi. Nel 2010, l’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e il Centro federale per l’educazione sanitaria del ministero tedesco per la salute hanno pubblicato un documento sugli “Standard per l’educazione sessuale in Europa”, elaborato da un gruppo di esperti europei di educazione sessuale.

Questo documento afferma che “La base di partenza degli Standard per l’Educazione sessuale in Europa è stata una concezione olistica dell’educazione sessuale, che significa molto di più della semplice prevenzione dei problemi di salute sessuale.” Educazione sessuale olistica significa “apprendere relativamente agli aspetti cognitivi, emotivi, sociali, relazionali e fisici della sessualità. L’educazione sessuale inizia precocemente nell’infanzia e continua durante l’adolescenza e la vita adulta. Essa mira a sostenere e proteggere lo sviluppo sessuale. Gradualmente l’educazione sessuale aumenta l’empowerment di bambini e ragazzi, fornendo loro informazioni, competenze e valori positivi per comprendere la propria sessualità e goderne, intrattenere relazioni sicure e gratificanti, comportandosi responsabilmente rispetto a salute e benessere sessuale proprio e altrui”.

Si preoccupa, quindi, di aiutare i bambini e i ragazzi a conoscere la propria sessualità, che è parte integrante dell’esperienza umana, a comprenderla e a viverla in maniera positiva, senza sensi di colpa, repressioni, blocchi e stereotipi. Mira cioè a proporre conoscenza per vivere in maniera serena e rispettosa di tutti. Come sintetizzava gaiamente una scritta murale che campeggiava fino a poco tempo fa di fronte alla facoltà di Lettere e Filosofia, a Bologna: “il sesso è gioia, non  è paranoia!”. Già nei primissimi anni Settanta, del resto, la celebre studiosa femminista Carla Lonzi affermava che a scuola non si dovrebbe insegnare ai giovani il mero “funzionamento della procreazione”, perché un’educazione sessuale adeguata alle sfide dei tempi deve “rispettare le tappe della conoscenza soggettiva del piacere” dei ragazzi e, nel farlo, deve sempre strenuamente opporsi a quell’infausto schema pedagogico che “insegna il modello della soggezione alle bambine e ai bambini la conoscenza del loro sesso e l’ignoranza del sesso femminile”. Ne evidenziava, dunque, il ruolo fondamentale per lo sviluppo di una società più rispettosa della parità di genere e, di conseguenza, più democratica.

È questo che fa tanta paura a chi si oppone all’educazione alla sessualità? È questo che si vuole, repressione e diniego, a scapito di apertura e serenità nell’affrontare i discorsi sul sesso? Sembrerebbe di sì. Ma come si evince facilmente dalla storia, la repressione favorisce solamente la ricerca clandestina di informazioni, queste sì pericolose e fuorvianti, soprattutto oggi con l’accesso facilitato a milioni di informazioni non filtrate sulla rete internet. 

Terzo punto: il prof. Mancini vuole prevenire l’indottrinamento dei ragazzi “circa l’esistenza di diritti sessuali esercitati anche contro il volere della famiglia”. Vorremmo solo sottolineare che i diritti sessuali sono individuali. Non è l’intera famiglia a determinare l’orientamento sessuale e l’identità di genere. È l’individuo per sua libera scelta, almeno nei Paesi democratici.  Come educatori e insegnanti aborriamo l’idea che i diritti sessuali debbano essere negati, e come umanisti sappiamo bene che i comportamenti “radicati nella natura umana” non sono nient’altro che costruiti culturalmente.

Infine, crediamo che qualunque critica alle attività sinora previste nelle scuole sammarinesi non possa e non debba essere accampata come scusa per esautorare, con toni catastrofisti e oscurantisti, le iniziative, ma debba anzi spingere la scuola, le famiglie e le istituzioni a un maggior impegno di tutti per potenziare e migliorare l’offerta formativa, così da creare momenti e spazi per fare educazione sessuale sempre meglio e nel modo più utile ai ragazzi.

 

Un gruppo di insegnanti: Francesca Barulli, Simona Benzi, Martina Bollini, Maria Elena D’Amelio, Luca Pasquale, Valentina Rossi, Angela Signorotti e Alessandro Simoncini

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