San Marino. Al di sotto della soglia di civiltà, Antonio Fabbri

San Marino. Al di sotto della soglia di civiltà, Antonio Fabbri

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Al di sotto della soglia di civiltà, Antonio Fabbri

Antonio Fabbri

E’ da un bel po’ che il Paese vive al di sotto della soglia di civiltà. Sarà lo sterco del demonio che quando si ha rende arroganti, quando si sta perdendo rende cattivi e pronti a tutto. Il rispetto chiama il rispetto. Il dispetto chiama il dispetto.

Il social dissocia e l’indice, anzi il medio, di sgrammaticato “sgradimento” sale. E’ lontana, ma sempre presente, quella prima villaneria nel transatlantico del parlamento: quel tremontiano “vada a prendere per il culo qualcun altro”, indirizzato a Doro che sosteneva che il paese era cambiato.

Dopo decenni in cui a “quel paese” i sammarinesi ci avevano mandato gli altri con frasi del tipo “ma qui è San Marino, abbiamo le nostre leggi”, giustificando così ogni tipo di speculazione e arricchimento sull’illegalità altrui, il mondo è cambiato e “quel paese” è diventato San Marino.

Così nel calderone di chi la spara più volgare tra i responsabili di ruoli istituzionali, paraistituzionali o di primo piano, diventa difficile distinguere cosa sia più incivile: sostenere in serate pubbliche che “Banca Centrale è gruppo criminale” o dire che le elezioni hanno messo di fronte a un “colpo di Stato” con “burattini al potere”; affermare per fare cassetta che “c’è un deficit di democrazia” o “alzare il dito medio”; andare a fischiare agli “avvoltoi” oltre confine o mettere le mani sulla telecamera, spintonare giornalisti o, ancora – come paiono adusi fare altri banchieri – insultarli al telefono, con linguaggio da bettola e minacciarli… perché è successo pure questo, anche se nessuno lo dice. Livello infimo. Di tutti.

Certo, gli interessi in gioco sono consistenti e le dinamiche sono complesse, ma gli obiettivi, a volerli vedere bene, sarebbero semplici e, probabilmente, per la maggior parte condivisi. Allora è normale che le banche abbiano bilanci falsati con crediti ormai irrecuperabili che impinguano l’attivo semplicemente perché si decide interessatamente di non conteggiarli al passivo? Non è più normale, non è civile, non è giusto. E’ normale che in certi casi in tribunale alcune cause vadano avanti e altre no, si vincano o si perdano in maniera discutibile a seconda dell’appartenenza ad una o all’altra corrente forense? Non è più normale, non è civile, non è giusto.

E’ normale che solo pochi professionisti gestiscano pratiche con parcelle a parecchi zeri, magari perché particolarmente bravi ma soprattutto perché particolarmente influenti, piegando alla suggestione del diritto la ragionevolezza di ciò che sarebbe invece equo? Non è più normale, non è civile, non è giusto.

E’ normale che si siano concessi crediti sulla parola dell’amico politico e oggi, che non sono più riscuotibili, si vogliano nascondere i crediti, il debitore e l’amico politico? Non è più normale, non è civile, non è giusto. La redistribuzione delle risorse passa dalla chiarezza dei conti e di chi ha preso e chi ha dato, dalla giustezza ed equità delle decisioni, dal riconoscimento dei compiti e dal rispetto dei ruoli, anche da parte di chi li ricopre. La redistribuzione del sale in zucca… beh, quello rischiamo seriamente di doverlo dare per perso. Ed è sciagura ben peggiore della fuga dei depositanti.

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