In un contesto nel quale la Repubblica è tornata agli onori della cronaca internazionale per l’aver ricevuto il vaccino Sputnik V, con interrogativi sul posizionamento geopolitico sammarinese , emerge sempre più chiaramente la necessità di avere una politica estera aperta, ma chiara.
San Marino ha accusato le diverse velocità e gli intendimenti di coloro che negli anni hanno guidato la Segreteria agli Affari Esteri; in alcuni frangenti sembra che ci si fosse quasi rassegnati dal portare avanti una politica estera lungimirante, che facesse seriamente gli interessi della Repubblica. Abbiamo vissuto i primi passi dell’accordo di associazione, il dibattito per poter diventare Stato Membro, un referendum – quello del 2013 – che ha visto il PDCS, al tempo titolare degli Esteri, indicare la scheda bianca, pur di non prendere una posizione europeista chiara e poi, un rilancio dell’Accordo di Associazione e un ultimo atto, quello dell’attuale Segretario agli Esteri che, al netto di qualche dichiarazione sporadica, fa emergere un certo scetticismo verso questo percorso – se non addirittura stagnazione – e le frequentazioni con paesi “sovranisti” sembra sigillare questo intendimento.
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