San Marino. Banca Cis, commissione di inchiesta: neppure una parola del testimone Gilberto Felici

San Marino. Banca Cis, commissione di inchiesta: neppure una parola del testimone Gilberto Felici

Strumentalizzazioni ignominiose e la “cavolata” delle denunce reciproche

La relazione della Commissione di inchiesta omette di riportare dichiarazioni che smentiscono anni di narrazione distorta

La relazione della Commissione di inchiesta su BancaCis, non riporta neppure una parola di un testimone qualificato quale è il giudice Gilberto Felici, oggi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Così come accaduto su talune responsabilità in Bcsm, la relazione sottace anche il quadro della attività del tribunale. Il giudice Felici nella sua deposizione dà conto, infatti, delle distorsioni, se non addirittura vere e proprie falsità, raccontate dalla politica per anni, e anche attualmente, sulla trattazione del cosiddetto “caso Titoli” in tribunale. L’avere omesso di riportare nella relazione questa testimonianza, ha dato sponda ad un Ordine del giorno, approvato dalla maggioranza, che prosegue la strumentalizzazione che la stessa ha propalato al Paese per almeno anni. 

Durante l’audizione in Commissione viene chiesto al Giudice Felici del cosiddetto “caso Titoli”. “Io ne sento parlare – risponde Felici – per la prima volta nel settembre del 2017, quando il Commissario Valeria Pierfelici mi dice che il giudice titolare di questo fascicolo, in fase inquirente, era il Commissario Simon Luca Morsiani. Ne sento parlare per la prima volta perché Pierfelici mi dice: ‘Ha interrogato il Direttore Daniele Guidi e Daniele Guidi gli ha contestato il fatto che era un procedimento, ricordo proprio la parola, ad orologeria’”.

Questo è il primo episodio. “La seconda cosa che succede è che un giorno, mentre pranzo al Bar Il foro, incrocio il Commissario Morsiani e il Commissario Pasini. Morisani mi dice ‘ti devo parlare’, il Commissario Pasini si allontana, e il Commissario Morsiani supplicava, diciamo così, un consiglio da parte mia su quel procedimento. Il solo consiglio che gli potevo dare, dato che non ne volevo sapere perché sarei potuto essere il decidente, fu: vai veloce, perché la cosa sta montando”, consigliò Felici, memore, riferisce alla Commissione, di quanto a lui detto dalla Piefelici.

La strumentalizzazione di quel caso “Poco tempo dopo, questo è agli atti del consiglio giudiziario, Nicola Renzi, di cui sono amico personale, mi narrò questo fatto. ‘Sono un po’ arrabbiato perché l’altra sera in Consiglio grande e generale – e lì capii il fascicolo cos’era – il consigliere Roberto Ciavatta – altra persona che conosco personalmente – ha utilizzato dei termini molto tecnici per dire che c’è un procedimento pendente che riguarda, non so se disse BancaCis o Marino Grandoni”. L’interesse su queste affermazioni era dato dal fatto “che a microfoni aperti qualcuno, sempre in Consiglio, aveva chiesto a Ciavatta come facesse, anziché usare termini più usuali, a dire ‘sono degli amministratori infedeli’, una terminologia tecnica così precisa”.

La risposta di Ciavatta fu: “E’ il mio dovere – ricostruisce sempre Felici – raccogliere informazioni, se io lo so e voi non lo sapete è perché il tribunale non si fida del Segretario alla Giustizia”.

“Nicola Renzi – prosegue Felici – era molto arrabbiato per questa cosa. Al che io lo rassicurai dicendo: ‘guarda, se questa cosa esce sui giornali non ti preoccupare il Dirigente in due secondi ti chiama e ti dice che non partecipa affatto a questo tipo di illazioni, ci mancherebbe altro’. Quello che poi mi disse Nicola mesi dopo, è che il Dirigente in realtà non lo chiamò mai. E da lì capii che questo fascicolo era un fascicolo perfetto per strumentalizzazioni un po’ da tutte le parti”.

“La strumentalizzazione più grossa, e mi auguro e spero al più presto e anzi vi invito se potete, che vengano resi pubblici e soprattutto magari acquisiti da parte vostra, i verbali dei Consigli giudiziari che si tennero successivamente. Perché la speculazione che venne fatta passare in modo molto diretto presso l’opinione pubblica, era che le critiche al Magistrato Dirigente Valeria Pierfelici erano mosse dall’intento di voler insabbiare il fascicolo operazione Titoli.

Ecco questa cosa fu veramente una ignominia enorme, tant’è vero che nella prima seduta del Consiglio giudiziario in cui finalmente i membri si presentarono io dissi: guardate smettetela di fare così perché io vi denuncio tutti. Perché nel momento in cui voi dite che quel fascicolo avrà un corso regolare soltanto se resterà Pierfelici Dirigente, significa che state accusando gli altri 14 magistrati di essere nella migliore delle ipotesi degli imbecilli, nella peggiore delle ipotesi dei corrotti. Quindi per favore smettetela.

Evidentemente nessuno smise e le cose stettero così. Per fortuna i fatti hanno la testa dura. E che cosa succede? Succede che il fascicolo dalle mani di Morsiani non lo leva nessuno”. Il Commissario Pierfelici venne rimossa dall’incarico di Dirigente, e nessuno tolse il fascicolo dalle mani di Morsiani. La narrazione falsa, però, continuò. I membri politici che erano in quei Consigli giudiziari seguitarono scientemente – e continuano ancora oggi – a distorcere la realtà sul caso Titoli e la sua trattazione in tribunale. Non solo. La Commissione di inchiesta nella sua relazione, nonostante questa testimonianza chiarisca molto bene la verità dei fatti, non ne riporta neppure una virgola, dando modo alla maggioranza di approvare un ordine del giorno del tutto strumentale alla narrazione falsa, sedimentata in diversi anni. Quindi, non solo il fascicolo Titoli non venne tolto a Morsiani, ma quando venne nominato Magistrato Dirigente Lanfranco Ferroni, “si fece una riunione con tutti i Commissari della legge – ricostruisce Felici – e si decise tutti assieme di esentare Morsiani dalla trattazione di altri fascicoli per quel tempo lì, purché lui si dedicasse prioritariamente, per farli più velocemente e prima degli altri, al fascicolo Titoli e ai fascicoli che riguardano i magistrati”.

La “cavolata” delle denunce reciproche Sulla questione dei fascicoli riguardanti i magistrati, emerge un’altra falsità che attiene all’aspetto delle denunce in tribunale, che di fatto ne hanno poi ostacolato l’operatività causa astensioni e ricusazioni varie. Si è voluto far passare che ci fossero denunce reciproche tra magistrati, Felici smentisce: “Anche questa è una cavolata: non ci sono denunce reciproche tra magistrati, visto che Guido Guidi non era più magistrato. C’è solo un magistrato che ne ha denunciati altri e si chiama Pierfelici. Quindi leviamo anche qui gli equivoci, perché così stanno le cose”. Anche le denunce della Pierfelici “andavano trattate, andavano trattate velocemente, perché bisognava chiarire chi aveva ragione e chi no”.

Quindi Felici specifica ulteriormente: “Si decise, per dire come interferì pesantemente questo processo Titoli, di dire a Morsiani: per i prossimi tre mesi tu non maturerai ritardo, non avrai nuove attribuzioni, se ce le avrai il ritardo non sarà colpa tua, ma fai queste cose e falle al più presto. Per aiutarlo gli venne assegnato anche un uditore per metterlo nelle condizioni migliori per fare queste cose. Poi arrivò il mese di settembre e Morsiani non aveva fatto nulla”.

Poi “siccome continuavano le speculazioni per dire che veniva attaccato Morsiani, che era quello che aveva tanto da fare, che lo si voleva rimuovere da questa assegnazione, il Magistrato Dirigente (Ferroni) si vide costretto a fare un comunicato stampa. In questo comunicato ci sono scritte le cose che vi ho detto”. Nulla di tutto questo, seppure riguardi le vicende di BancaCis e il fatto che nessuno in tribunale aveva intenzione di insabbiare il “caso Titoli”, viene riportato nella relazione della Commissione, che piuttosto orienta le sue conclusioni in altra direzione.

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