San Marino. Cedu, Anche La grande Chambre rigetta il ricorso di Podeschi

San Marino. Cedu, Anche La grande Chambre rigetta il ricorso di Podeschi

L’Informazione di San Marino

Il ricorso di Podeschi non ammesso all’esame della Grande Chambre 

Diventa definitiva la decisione della Corte: non c’è stata violazione della Convenzione dei diritti dell’uomo

Antonio Fabbri

Non passa il vaglio dei cinque giudici della Grande Camera a Strasburgo il ricorso degli avvocati Annetta e Campagna per conto del loro assistito, Claudio Podeschi. Dopo la decisione unanime della prima sezione Corte di Strasburgo dello scorso 13 aprile, che aveva rigettato il ricorso dello stesso Podeschi riscontrando come non vi fosse stata alcuna violazione dei diritti umani in particolare nella custodia cautelare, i legali di Podeschi, Campagna e Annetta, avevano annunciato il ricorso alla Grande Camera. “Riteniamo ancora oggi di avere buone ragioni e le sottoporremo alla grande camera. Quindi non finisce qui, assolutamente”.

Dopo la decisione dello scorso 19 settembre, invece, pare finita. Almeno per quanto riguarda questa vicenda. Diventa definitiva infatti la decisione adottata dalla prima sezione della Corte. Il ricorso alla Grande Chambre dei legali di Podeschi non ha superato il vaglio dei cinque giudici che hanno valutato non ammissibile il ricorso per mancanza dei presupposti. Per l’articolo 43 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, infatti, “un collegio di cinque giudici della Grande Camera accoglie la domanda quando la questione oggetto del ricorso solleva gravi problemi di interpretazione o di applicazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, o comunque un’importante questione di carattere generale”. Presupposti, questi, che dunque per i cinque giudici non erano presenti. Tra l’altro l’avvocato Annetta aveva provveduto anche a trasmettere la recente sentenza sul caso del gendarme Mazzocchi. Il legale di Podeschi riteneva che potesse influire sulla decisione della Grande Chambre. Evidentemente così non è stato. Strasburgo conferma, dunque, che le procedure interne anche nell’ambito della custodia cautelare sono state corrette e non hanno portato a violazioni dei diritti umani. 

 

 

 

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