L’Informazione di San Marino
Truffa ai danni dello stato con un danno da sei milioni tra rimborso di imposta non dovuto e mancati versamenti
Condanna confermata per i furbetti della monofase
La vicenda è quella della Alexander Textirl group. Pene ritoccate per la prescrizione di alcuni capi di imputazione
Antonio Fabbri
Truffa ai danni dello Stato e, a conti fatti, un danno all’erario di quasi 6 milioni di euro attraverso l’emissione di fatture false per oltre 13 milioni. Confermata, seppure in parte riformata per via della prescrizione di alcuni capi di imputazione, la condanna in un caso di furbetti della monofase. La vicenda è quella della Alexander Textile Group, società tra le prime nella particolare “classifica” delle ditte con la monofase non versata. Figura infatti nell’elenco che venne diramato dall’allora segretario Claudio Felici per un importo di 5.067.744 che deve all’Erario. La sentenza di secondo grado del giudice Brunelli è stata letta venerdì scorso. Il giudice di appello ha dichiarato prescritti i capi relativi alle false comunciazioni a pubblico ufficiale, contrabbando ed emissione di fatture false. Confermata, invece, la condanna per truffa aggravata ai danni dello Stato. La pena, decadendo alcune accuse, è stata dunque rideterminata.
Così Mariana Horvat, 58enne di origine rumena residente a San Marino, che figurava come amministratore unico della srl con sede ad Acquaviva ed in primo grado era stata condannata a 7 mesi, ha visto rideterminata in appello la pena a 6 mesi di prigionia (sospesa) e alla multa di 800 euro. Per Carmine Prisco, in primo grado condannato a 4 anni e due mesi, la pena è stata rideterminata in 4 anni e 5000 euro di multa. Confermata nel resto la sentenza di primo grado del giudice Gilberto Felici, che prevedeva anche la pena accessoria dell’interdizione a un anno dai pubblici uffici per la donna e a tre anni e mezzo di interdizione per il 57enne di Napoli, gestore di fatto della società. Condanna anche al risarcimento del danno, a favore dell’Eccellentissima Camera, da quantificare in sede civile. Danno che per lo Stato sammarinese ammonta a circa 6 milioni di euro tra rimborsi monofase non dovuti e mancati versamenti della stessa imposta. Difficile dire se lo Stato riuscirà mai a recuperare questi importi.
I fatti La società, gestita dai due, svolgeva principalmente attività di importazione di merci da Paesi extra Unione Europea (Cina, India, Pakistan ed Egitto) poi rivendute ad ambulanti di nazionalità nordafricana. A fronte di queste operazioni la società ha sistematicamente emesso documentazione contabile fasulla: prezzi modificati rispetto al reale valore della merce in modo da abbassare la base imponibile e di conseguenza l’imposta da pagare; l’importazione di alcune merci avveniva in evasione di imposta; vi era la tenuta di una contabilità parallela a quella ufficiale; riscontrato l’utilizzo di uno scanner per “manomettere” documenti. Tutte anomalie emerse in primo grado e descritte in udienza, nelle deposizioni della direttrice dell’ufficio Tributario, Ida Valli, e dell’ispettore del Nucleo Antifrode, Paolo Francioni. Una testimonianza inquietante Emblematica, nell’udienza dibattimentale di primo grado, la testimonianza di una dipendente che fa comprendere anche il clima di tensione attorno a questa società. La testimone ha confermato davanti al giudice che le era stato chiesto in certe occasioni di effettuare delle pratiche e delle fatturazioni anomale.
Circostanza che la dipendente aveva rilevato anche perché alcune sue conoscenti dell’Ufficio Tributario le avevano segnalato un modo non corretto di operare della ditta. A quel punto la dipendente si era consultata con il suo commercialista. E qui la testimone ha riferito una circostanza inquietante: “Il mio commercialista – ha detto – mi aveva consigliato di non dire niente, perché Prisco e i suoi giravano armati”
L’appello Già nell’udienza di appello dell’aprile scorso era stato rilevato dallo stesso Procuratore del Fisco, Giorgia Ugolini, il decorso del termine di prescrizione per tre dei quattro capi di imputazione. Non così per la truffa aggravata che, infatti, è rimasta in piedi. Anche su questa l’avvocato difensore, Gianna Burgagni, aveva chiesto di valutare l’eventuale intervenuta prescrizione. Poi, oltre all’eccezione di indeterminatezza del capo di imputazione, l’avvocato aveva chiesto principalmente che il giudice dichiarasse l’assoluzione degli imputati, perché non sufficientemente provata la colpevolezza. Una lettura dei fatti e delle carte che evidentemente non ha trovato d’accordo il giudice delle appellazioni che ha confermato la condanna.