San Marino. Contratti di lavoro a tempo determinato, approvati in Commissione Finanze gli emendamenti di governo, maggioranza e Fabbri (Mis)

San Marino. Contratti di lavoro a tempo determinato, approvati in Commissione Finanze gli emendamenti di governo, maggioranza e Fabbri (Mis)

Ieri pomeriggio a Palazzo Pubblico la Commissione Finanze è andata avanti con l’esame del progetto di legge “Riforma delle norme relative all’occupazione”.

Lo fa sapere San Marino News Agency nel nuovo resoconto sui lavori della Commissione Finanze di San Marino, incentrati particolarmente sulla riforma del lavoro.

All’articolo 7 “Requisiti per l’iscrizione”, in riferimento alle liste di avviamento al lavoro, sono stati numerosi gli emendamenti presentati da governo, Repubblica futura e Libera. Quelli dell’esecutivo sono stati accolti senza intoppi; anche alcuni emendamenti dell’opposizione di natura formale sono stati ritenuti accoglibili, anche se per larga parte sono stati respinti.

All’articolo 8 “Lista speciale”, Libera ha presentato un emendamento per estendere l’iscrizione alla lista speciale anche ai lavoratori frontalieri che godano di ammortizzatori sociali erogati dall’istituzione previdenziale straniera.
Per il segretario di Stato per il Lavoro, Teodoro Lonfenini, l’emendamento non è accoglibile perché può creare turbativa con la convenzione in essere con l’Italia. L’emendamento, dunque, è stato respinto.

All’articolo 9 l’emendamento aggiuntivo “comma 3 bis” di Repubblica futura è stato respinto. La proposta del partito di opposizione mirava a mantenere l’iscrizione alle liste di avviamento al lavoro per chi non si dichiarava immediatamente disponibile.
Secondo Lonfernini, questa possibilità risulta già prevista nel sistema attuale.

All’articolo 10 “Divieto di indagini e accertamenti preliminari”, su proposta di Michela Pelliccioni (Domani-Motus Liberi), è stato inserito e approvato un emendamento comma 2 rafforzativo per specificare che la violazione viene considerata motivo di discriminazione ed è penalmente perseguibile.

All’articolo 11 “Procedure ordinarie per l’avvio al lavoro”, Libera ha presentato un emendamento aggiuntivo “comma 2” per rinviare la regolamentazione delle procedure per la comunicazione nominativa e la richiesta numerica per l’avvio di personale non residente a decreto delegato, con la  specifica “da emanarsi entro e non oltre il 31 Marzo 2023”.
A detta di Teodoro Lonfernini, la norma prevede una delega aperta: “Abbiamo un decreto che va a regolare questi aspetti, è in vigore e ha efficacia – ha spiegato -. Ci siamo tenuti la delega aperta perché non siamo scoperti”. L’emendamento di Libera, quindi, è stato respinto.

L’articolo 12 “Disposizioni speciali per l’assunzione di personale non iscritto e non iscrivibile alle liste di avviamento al lavoro” tutela il mercato del lavoro interno, introducendo la sospensione dell’assunzione nominativa dei lavoratori non iscritti alle liste “sulla base del tasso di disoccupazione interno in senso stretto e/o del rapporto tra gli iscritti alla specifiche liste di avviamento al lavoro e gli occupati appartenenti alla medesima area/profilo professionale”.
Repubblica futura ha presentato due emendamenti: il primo precisa la deroga della sospensione “limitatamente a nuove assunzioni di carattere stagionale”, mentre il secondo emendamento elimina la deroga “nei casi individuati da specifici accordi occupazionali stipulati con la segreteria di Stato per il Lavoro”.
Il segretario di Stato per il Lavoro ha ritenuto che il primo emendamento possa essere accolto.

All’articolo 15  “Passaggio di lavoratori subordinati tra operatori economici sammarinesi” sono stati accolti tre emendamenti di natura linguistico-formale di Libera.

Il dibattito della Commissione Finanze è entrato nel vivo all’articolo 17 “Contratto di lavoro a tempo determinato”, il primo dei tre articoli su cui il governo ha presentato emendamenti sostanzialmente modificativi-abrogativi dal testo presentato in prima lettura.
In particolare, negli emendamenti proposti dal governo è stata abrogata larga parte dell’articolo, tra cui quella che specifica la durata massima a 12 mesi del tempo determinato (lasciando di fatto gli attuali 18 mesi).
Si stabilisce poi che “le modalità e i limiti del contratto a tempo determinato, il diritto di precedenza e le condizioni ostative per l’avvio di nuovi lavoratori subordinati siano definiti da apposito decreto delegato da emettersi entro il 30 giugno 2023”.
Si prevede quindi nell’emendamento che il contenuto del decreto “sarà stabilito da accordo tripartito tra segreteria di Stato per il Lavoro, organizzazioni datoriali  e sindacali giuridicamente riconosciute”.
Infine, “qualora non si arrivi alla definizione dell’accordo istituzionale tripartito, il decreto potrà essere emesso anche in assenza di accordo”.
Oltre all’emendamento modificativo del governo, anche Libera ha presentato 4 emendamenti, Repubblica futura ne ha presentati due, ma si sono riservati di decidere o meno la presentazione a seconda se il governo mantenga la formulazione ripresentata nell’emendamento.

All’avvio del dibattito Rossano Fabbri (Movimento ideali socialisti) ha puntato il dito su un emendamento che giudica “giuridicamente inaccettabile” perché “inserisce  in una legge che i contenuti del decreto verranno concordati al di fuori da canali istituzionali”, ovvero al tavolo tripartito, “svilendo il ruolo del Parlamento”. Ha quindi suggerito di modificare l’emendamento specificando il ruolo consultivo del tavolo tripartito.

Matteo Ciacci (Libera) ha ricordato l’apprezzamento del suo gruppo per la posizione del segretario Lonfernini sul tempo determinato, puntato perciò il dito su quello che definisce un “dietrofront clamoroso”, per la scelta di “demandare le decisioni a un tavolo tripartito”. Al contrario, “la disciplina del contratto a tempo determinato deve essere appannaggio del Consiglio Grande e Generale”. Pollice verso sulla norma che “tra prima e seconda lettura è stata peggiorata”.

Dalla maggioranza è intervenuto Emanuele Santi (Rete): “I tre articoli tolti sono demandati  a decreto, ma la legge non è snaturata”. Santi ha però giudicato “pertinenti” le osservazioni avanzate da Fabbri: “Mettendo nella legge che si demanda al tavolo tripartito, che di fatto esautora il Consiglio, forse siamo andati oltre”.

Nicola Renzi (Repubblica futura) ha proposto piuttosto di redigere un ordine del giorno che impegni il governo a mantenere viva la concertazione con sindacati e categorie nonché giudicato l’intervento non una riforma ma “un aggiustamento complessivo delle norme esistenti”, per cui “il governo ha mancato gli obiettivi che si era dato”.

“Questa riforma – ha detto Luca Boschi (Libera)- viene svuotata dei suoi interventi cardine e la motivazione è del tutto politica”. Ovvero, “si manda allo sfascio il segretario Ciavatta che conferma la riforma previdenziale, ma nella riforma del segretario Lonfernini viene rimandato tutto a giugno per far esporre un altro movimento della maggioranza”.

All’opposto Stefano Giulianelli (Partito democratico cristiano sammarinese) ha difeso il provvedimento: “Questa riforma trova esplicitazione in diversi interventi normativi, poi successivamente ci appresteremo alla riforma degli ammortizzatori, dobbiamo parlare quindi di un percorso riformatore”.
In particolare, sugli argomenti trattati dagli articoli 17, 20 e 25, ha ammesso che non si sia raggiunta una condivisione con associazioni datoriali e con i sindacati: “Abbiamo detto che le riforme devono essere condivise e il lavoro di questa maggioranza non deve essere autoreferenziale, perciò non trovo un passo indietro bensì un passo in avanti nel percorso riformatore in cui diamo la possibilità di trovare una condivisione entro il 30 giugno”.

Pasquale Valentini (Partito democratico cristiano sammarinese) ha concordato con l’aver mantenuto aperto il confronto e il rinvio a un accordo, ma richiama i commissari sulla necessità che si abbia una “forma compatibile con lo strumento legislativo”. E suggerito di cambiare il testo in “il contenuto del decreto sarà definito dal segretario di Stato per il  Lavoro previo confronto al tavolo tripartito”.

Andrea Zafferani (Repubblica futura) ha evidenziato quella che è per lui “una clamorosa marcia indietro” della segreteria di Stato per il Lavoro e  anche della maggioranza: “A parte il lavoro dei pensionati e degli amministratori, in termini di novità in questa norma così c’è pochino: l’interinale non ci sarà più, questo non c’è più, i distacchi non ci saranno più e non si capisce cosa serva questa legge dopo questi interventi” .

William Casali (Partito democratico cristiano sammarinese) ha rimarcato piuttosto la sensibilità avuta nel portare avanti il provvedimento: “È un approccio di buon senso e una modalità che permette di mantenere il clima sociale in un momento complesso”. In definitiva, si è portato avanti il percorso riformatore “in un modo che non crea tensioni e, in questa fase delicata, se si possono evitare penso sia intelligente farlo, è una questione di responsabilità”.

Michela Pelliccioni (Domani-Motus Liberi) è dello stesso parere: ”È un momento storico in cui vanno evitate le tensioni sociali: voler procedere per step e coordinare le misure sugli effetti della vita reale non sono passi indietro ma responsabilità”.

Infine, “non devo continuare a rispondere a superficiali e banali strumentalizzazioni di natura politica – ha replicato Lonfernini -, non credo di essere in difetto di coraggio nella mia attività istituzionale”.
Quindi, il segretario di Stato per il Lavoro ha annunciato la proposta di una nuova formulazione dell’articolo 17 che “dia dignità anche alla parte prevalentemente legislativa, perché è corretto e giusto, senza distogliere la fiducia conquistata nel prendere tempo con la realtà datoriale e sindacale”.

Sono quindi stati ritirati tutti gli emendamenti proposti dal governo, da Libera e Repubblica futura e ne sono stati presentati  due nuovi, entrambi sottoscritti dalla segreteria di Stato per il Lavoro, dai gruppi di maggioranza e da Rossano Fabbri (Movimento ideali socialisti): il primo è abrogativo dell’articolo 17, mentre il secondo “aggiuntivo 17 bis” recita: “… fermo restando quanto previsto, al contratto subordinato può essere apposto un termine; le modalità e i limiti, il diritto di precedenza e le condizioni ostative sono definite da un decreto da emettersi entro il 30 giugno 2023, il contenuto sarò definito previo confronto delle associazioni datoriali e sindacali riconosciuti, avente l’obiettivo di trovare accordo sociale tripartito in materia. L’accordo dovrà prevedere l’utilizzo di tale contratto di lavoro, favorendo la stabilizzazione dello stesso”.

Rispetto alla nuova riformulazione, Fabbri (Movimento ideali socialisti) l’ha definita “ottima” perché “toglie questi aspetti che destavano perplessità a livello giuridico”, per cui ha annunciato voto favorevole.

Libera e Rf, invece, si sono ritenuti non pienamente soddisfatti dalla nuova formulazione. Per Ciacci (Libera), “è un articolo che non dice niente, pleonastico, il tempo determinato c’è già, si poteva anche non presentare”, mentre Nicola Renzi (Repubblica futura) ha ribadito che “l’indirizzo politico del governo per un confronto con sindacati e categorie, per la stesura del decreto, andava messo in un ordine del giorno”.

I due nuovi emendamenti di governo, maggioranza e Fabbri sono infine stati approvati. La seduta è stata sospesa e l’esame dell’articolato è proseguito in seduta notturna.

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy