San Marino. Coronavirus, 2 decessi, 33 nuovi casi

San Marino. Coronavirus, 2 decessi, 33 nuovi casi

Triste bollettino. 2 decessi, 33 nuovi casi, il numero dei contagi sale a 333

“Solo 7 risultano nuovi casi identificati con la sierologia. Gli altri sono tutti casi di parenti stretti di soggetti che erano positivi”

E’ un bollettino negativo quello comunicato ieri dal Dirigente dell’Authority sanitaria, Gabriele Rinaldi, membro del Gruppo di coordinamento sull’emergenza coronavirus. 

Un bilancio che parla di altri 2 decessi, che fa salire a 38 il numero delle persone decedute a causa del coronavirus a San Marino. 

I due deceduti sono due uomini, uno di 60 anni e uno di 86. Nell’esprimere cordoglio alle famiglie il direttore dell’Authority sanitaria evidenziato re il cordoglio alle famiglie il dottor Rinaldi ha espresso il significato e il peso di questi numeri che ci dicono come “ancora siamo in un contesto in cui l’infezione fa dei danni importanti e nonostante abbiamo garantito a questi concittadini tutte le cure possibili non siamo riusciti a portarli ad una guarigione, quindi il peso è molto importante. E non può valere sulla bilancia nello stesso modo il fatto di riferire oggi di 2 persone guarite che portano le guarigioni a 55. Ma, ripeto, non pesano allo stesso modo”. 

Poi i dato dei nuovi casi che sono 33. “Su questo c’è da fare una riflessione – ha detto Rinaldi – perché di questi solo 7 risultano nuovi casi identificati attraverso la sierologia. Gli altri sono tutti casi di parenti stretti di soggetti che erano positivi. Quindi il pensare a se i criteri di quarantena e di isolamento domiciliare siano stati rispettati, qualche dubbio viene. Però questo è il risultato della nuova modalità di indagine che allarga le verifiche anche ha chi ha pochi o assenti sintomi”. Quindi Rinaldi ragiona sul fatto che “potrebbe esserci la necessità di cambiare la modalità di trasmissione dei dati. Ciò non toglie che il numero dei positivi è quello di 33 nuovi casi di infezione”. Questi, dunque, complessivamente i numeri comunicati dal Gruppo di coordinamento per le emergenze sanitarie per l’aggiornamento dei dati sull’infezione da nuovo coronavirus COVID-19:

• n. 333 i casi positivi, di cui 45 ricoverati all’Ospedale di San Marino (15 in Rianimazione, 7 femmine e 8 maschi, 30 nelle degenze di isolamento, 13 maschi e 17 femmine) e 288 in isolamento a domicilio (femmine 156, maschi 132)

• n. 38 deceduti (+2) • n. 55 guariti (+2)

• n. 117 dimessi a domicilio per migliorate condizioni cliniche

• n. 611 quarantene domiciliari sui contatti stretti compresa la rete familiare, amicale e personale sanitario (540 laici, 63 sanitari, 8 Forze dell’Ordine)

• n. 902 quarantene terminate Totale quarantene attivate: 1513

Alla luce del contagio avvenuto nell’ambito di nuclei familiari di persone già contagiate, sono state individuate e c’è la possibilità di accedere a strutture per consentire un isolamento che possa essere al di fuori della cerchia domiciliare? Questa la domanda rivolta da Gianmarco Morosini di Rtv. “Vedete – ha detto il dott. Rinaldi – sulle strutture ad hoc, al di là della difficoltà o meno di trovare queste strutture, il problema è quello dei comportamenti delle persone. Questo è ciò che fa la differenza. Possiamo anche dire: utilizziamo delle strutture, purché, però, le persone all’interno tengano comportamenti corretti. Faccio un esempio stupido: se mettiamo dei pazienti nello stesso albergo e poi tutti si vedono ad un certo punto in sala da pranzo a fare un gioco di società, capiamo bene che non è la collocazione in una struttura isolata, ma la condivisione di comportamenti di sicurezza dei singoli. Allora il controllo, l’autocontrollo, l’autoisolamento, è ciò che fa la differenza. La convinzione che rispettare determinati comportamenti è fondamentale e il coinvolgimento in questo di tutta la società, sono la vera chiave di volta. Ora, la responsabilizzazione delle persone nel rimanere nel proprio domicilio, implicava un livello di fiducia reciproca molto alto. E’ evidentemente, visti i dati, che qualcosa non ha funzionato. Se accettiamo l’idea che questa malattia la si vince con la collaborazione di tutti, con il rispetto dei comportamenti che ci siamo dati, probabilmente ne usciremo in maniera più rapida. Diversamente con il mancato rispetto delle regole che ci siamo dati, possiamo fare tutti i tamponi che vogliamo e individuare tutti i contagiati, ma poi?”

E’ quindi intervenuta in conferenza stampa la dottoressa Ivonne Zoffoli, direttrice del Dipartimento ospedaliero, che ha ricostruito come sia cambiata l’organizzazione e la logistica dell’ospedale dal 25 febbraio scorso in poi. “Abbiamo trasformato l’ospedale, anche cambi di strategia e di organizzazione repentini, effettuati anche nel giro di poche ore”.

Ricostruiti i passaggi e l’intenso lavoro svolto: l’organizzazione dell’area rossa dell’ex casa di riposto; l’istituzione di aree grigie per pazienti in transito che hanno consentito di gestire i periodi di latenza nella fase in cui, con la collaborazione delle strutture esterne alla Repubblica, occorreva attendere la refertazione dei tamponi ed erano quindi necessarie delle aree, appunto, di latenza. Questo fino agli ultimi 15 giorni, quando si è aperta la possibilità di verificare e refertare tamponi ed analisi sierologiche direttamente presso l’Ospedale di Stato di San Marino.

Quindi il ‘processamento’ dei tamponi avviene oggi in autonomia nell’Ospedale. Tempo per l’esito: un’ora. A costo zero per chi ha Carta Azzurra, cioè il codice ISS. Nella tenda, montata dalla Protezione Civile nei pressi dell’ospedale il 6 marzo scorso, vengono effettuati i prelievi per i test sierologici. Il risultato di questa indagine (presenza o meno di anticorpi) indica se la persona deve sottoporsi anche al tampone. Ci sarebbero quindi ormai le condizioni per rilasciare la ‘patente di immunità’ indispensabile per riavviare le attività.

“Siamo stati bravi – ha detto la dottoressa Zoffoli – non abbiamo mandato pazienti al di fuori del territorio di San Marino, a parte il primo paziente. Ci siamo organizzati in ospedale e fatto di tutto perché i nostri pazienti non andassero a Rimini e, con l’evoluzione successiva della situazione, credo avremmo avuto dei problemi se avessimo dovuto mandare dei pazienti giù. I primi giorni ci chiedevamo, visto il numero dei malati che arrivava al pronto soccorso, se ce l’avremmo fatta. Sì, ce l’abbiamo fatta e credo che non avremo necessità nemmeno in futuro di inviare pazienti a Rimini”.

Loretta Casadei, coordinatrice delle professioni sanitarie non mediche, ovvero infermieri, tecnici e operatori sociosanitari, ringrazia tutti gli operatori. “A loro prima di tutto va il mio grazie. C’è stato un attimo in cui abbiamo chiamato queste persone a lavorare, prelevate dai loro servizi di appartenenza, per andare in altri reparti senza alcun preavviso. Tutti hanno dato la loro disponibilità e, nonostante la fatica, sono sempre stati comunque sorridenti, perché sapevano di essere l’unico punto di riferimento dei pazienti e dei malati che non potevano avere contatti con i loro familiari”.

Oggi diversi operatori, proprio per procedere allo screenig sul territorio, sono stati anche costituiti in squadre: “covid team”. Sono state organizzate 5 squadre che operano sul territorio nelle quali operano complessivamente 10 infermieri e 3 medici.

 

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy