San Marino: “Così muore la democrazia, prima che nel sangue nel ridicolo”- Alessandra Mularoni

San Marino: “Così muore la democrazia, prima che nel sangue nel ridicolo”- Alessandra Mularoni

“Così muore la democrazia, prima che nel sangue nel ridicolo” 

Il titolo che ho voluto dare a questa mia breve riflessione sulla democrazia e sugli strumenti che noi cittadini abbiamo a disposizione per esercitarla è ispirato da un passo di Platone (tratto da “La Repubblica” – Cap. VIII), siamo nell’Atene del 370 a.C., i distinguo rispetto alla nostra quotidianità sono purtroppo minimi.

“Quando la città retta a democrazia si ubriaca di libertà confondendola con la licenza, con l’aiuto di cattivi coppieri costretti a comprarsi l’immunità con massicce d’indulgenza verso ogni sorta di illegalità; Quando questa città si copre di fango accettando di farsi serva di uomini di fango per poter continuare a vivere e ad ingrassare nel fango;

Quando il cittadino accetta che, di dovunque venga, chiunque gli capiti in casa, possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e ci è nato, tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola e ordine.

C’è da meravigliarsi che l’arbitrio sia dappertutto e nasca l’anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle? In un ambiente siffatto, in cui il maestro teme ed adula gli scolari e gli scolari non tengono in alcun conto i maestri, in cui tutto si mescola e si confonde, in cui i rapporti tra chi comanda e chi è comandato sono retti soltanto dalle reciproche convenienze nelle reciproche tolleranze, in cui la demagogia dell’uguaglianza rende impraticabile qualsiasi selezione ed anzi misura il passo delle gambe su chi le ha più corte. In cui l’unico rimedio contro il favoritismo consiste nella molteplicità e moltiplicazione dei favori, in cui tutto è concesso a tutti in modo che tutti ne diventino complici….

In un ambiente siffatto, dico, pensi tu che il cittadino accorrerebbe a difendere la libertà, quella libertà, dal pericolo dell’autoritarismo?

Ecco, secondo me, come nascono le dittature. Esse hanno due madri. Una è l’oligarchia quando degenera, per le sue lotte interne, in satrapia. L’altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per l’inettitudine dei suoi capi, precipita nella corruzione e nella paralisi. Allora la gente si separa da coloro che hanno condotto la democrazia a tale disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza…. così la democrazia muore: per abuso di se stessa. E prima che nel sangue, nel ridicolo”. Come si evince da questo attualissimo passo di Platone l’esercizio della sovranità da parte del popolo, nelle forme della democrazia sia diretta che rappresentativa, presuppone un elevato grado di maturità culturale, sociale, politica e di “buon senso” raggiunta dal Popolo, dalla Comunità. Si rischia altrimenti che gli strumenti giuridici fruibili e a disposizione per il suo effettivo esercizio, vengano utilizzati in modo non opportuno e soprattutto al di fuori degli ambiti, delle questioni e degli interessi collettivi per i quali vennero ideati e pensati dai padri della democrazia nel corso dei secoli. La Democrazia come la Libertà richiede prima di tutto responsabilità, consapevolezza, capacità critica, attitudine al dialogo e all’ascolto delle posizioni altrui, mediazione per arrivare a una sintesi condivisa, trasparenza e onestà. La dialettica e il confronto sono infatti alla base dell’esercizio della libertà e sovranità. Un sistema giuridico ha bisogno per reggersi nel tempo di un consenso di fondo nella società in cui si sviluppa e alla lunga nessun sistema costituzionale potrebbe resistere indenne se venisse meno questo consenso, questo è ancora più vero in una piccola comunità come quella sammarinese. E’ importante quindi che i valori e i principi racchiusi nella nostra Dichiarazione dei Diritti e nelle tradizioni statutarie di libertà divengano il più possibile patrimonio comune e permanente della società. Tali principi e valori devono essere interiorizzati, devono diventare cultura diffusa anche attraverso una educazione costituzionale e storica che valga a trasmettere questo patrimonio di generazione in generazione. Solo così gli interessi o umori contingenti faziosità o intenti polemici pur utilizzando i delicati meccanismi di formazione del consenso elettorale non riusciranno a mettere a rischio i principi di cui la Carta Costituzionale stessa è espressione. E’ stato detto che “le Costituzioni sono lo strumento che i popoli si danno nel momento della saggezza, a valere per il momento della confusione”. E la confusione come l’insicurezza a San Marino oggi è più che mai diffusa. Legalità e costituzionalità sono i pilastri del sistema di garanzie dei diritti, voluto dalle costituzioni dalla seconda metà del ‘900. Questo è lo Stato di diritto cioè lo Stato in cui tutti i poteri, anche quelli supremi, sono soggetti all’osservanza del diritto, fondato anzitutto sulla legge.

E a questo punto vengo al nocciolo della mia riflessione: le Istanze d’Arengo. La Legge 72/1995 che regolamenta l’esercizio del diritto di petizione, mediante Istanza d’Arengo, all’art. 1 prevede che questo strumento secolare di democrazia diretta, richiamato dall’art. 2 della Dichiarazione dei Diritti, retaggio della tradizione giuridica statutaria, debba vertere su questioni di “interesse pubblico”. L’Istanza viene presentata da cittadini sammarinesi maggiorenni la domenica successiva alla data di insediamento dei Capitani Reggenti, secondo quanto disposto dalla normativa in vigore. Compete alla Reggenza, sentito l’Ufficio di Segreteria del Consiglio Grande e Generale, pronunciarsi sulla conformità dell’Istanza presentata per quanto attiene al presupposto dell’interesse pubblico. Nel caso di ammissibilità e conformità dell’Istanza d’Arengo la questione, oggetto della stessa, viene dibattuta entro sei mesi dalla presentazione e comunque nell’arco di tempo del mandato reggenziale, in cui è stata proposta. L’approvazione di una Istanza d’Arengo comporta successivamente, per il Congresso di Stato, l’impegno di realizzare la volontà espressa dal Consiglio Grande e Generale.

Questo è per sommi capi l’iter che occorre seguire per dare esecuzione alle richieste dei cittadini (petizioni). L’Istanza d’Arengo come i Referenda sono strumenti talmente delicati che qualsiasi forzatura o disguido, sopraggiunto in una delle fasi procedurali, ne può compromettere l’efficacia e la stessa ragion d’essere (ratio giuridica). Ritengo personalmente opportuna, da parte di tutti gli attori in gioco, una riflessione prima dell’esame delle Istanze n.37 e 38 poste all’ordine del giorno della prossima seduta consiliare del 17 luglio. Siamo sicuri che queste istanze manifestino, senza ombra di dubbio, il requisito dell’ “l’interesse pubblico”? A mio modesto parere non si ravvisa nessun interesse pubblico nel mettere alla gogna personaggi non più in vita di indubbia moralità e che si sono contraddistinti, nel loro agire, per il forte attaccamento al Paese in momenti difficili della sua storia. Non è forse un mettere a rischio la nostra democrazia e i suoi valori fondanti abusando di strumenti che invece la dovrebbero garantire e difendere? il parallelo con le dissertazioni di Platone non è certo fuori luogo. Altri sono i problemi che affliggono l’asfittica democrazia sammarinese, non certo quelli se erigere o no “lapidi a futura memoria”……

A questo punto della vicenda non mi resta che confidare nella saggezza e nel buon senso che i nostri rappresentanti in Consiglio sapranno esprimere attraverso i loro interventi in Aula e soprattutto con il loro voto, che auspico palese, in ragione di quella trasparenza spesso “sulla bocca di tanti”.

 

 

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