San Marino. Crisi nel prossimo Consiglio? I segnali nell’ordine del giorno, Antonio Fabbri

San Marino. Crisi nel prossimo Consiglio? I segnali nell’ordine del giorno, Antonio Fabbri

La crisi nel prossimo Consiglio? I segnali nell’ordine del giorno

Antonio Fabbri

Il tavolo istituzionale, almeno per una buona parte dell’opposizione, pare naufragare sotto la precondizione dello scioglimento del Consiglio. Prima la crisi, poi tutto il resto, insomma. In quel caso, cioè con la formalizzazione dello scioglimento del Consiglio, di tavolo istituzionale non si potrebbe parlare certo più, ma piuttosto sarebbe un incontro tra forze politiche per formare un cartello elettorale anche in funzione della nuova deformata legge. Resta da capire, se questa è l’intenzione, come la crisi si aprirà. 

E’ ovvio che dall’opposizione più che dire che vogliono le elezioni, non possono fare. L’iniziativa di porre termine alla legislatura deve dunque essere tutta interna alla maggioranza. A questo punto le opzioni potrebbero essere un paio.

La prima potrebbe essere quella del ritiro della delegazione di governo da parte di una forza politica di maggioranza. La seconda quella delle dimissioni dei consiglieri, almeno cinque, della maggiorana assieme e in accordo a tutti quelli dell’opposizione. Qui ci dovrebbe essere, dunque, una intesa diffusa e già preparata e predisposta.

Qualche indizio su questa strada, per la verità, potrebbe essere dato dalla lettura dell’Ordine del giorno del Consiglio.

Se è piazzata ai primi punti la modifica della legge elettorale, per la quale dovrebbe esserci un incontro anche oggi pomeriggio, sono indicate al punto 12, invece, le dimissioni di Valentina Bollini, di Civico10. Stranamente, perché di prassi la discussione delle dimissioni di un Consigliere – è avvenuto in questa legislatura per Davide Forcellini e Matteo Fiorini – è collocata ai primi punti all’ordine del giorno, sia per rispetto del dimissionario, sia per rispetto dell’assemblea parlamentare che così può venire ripristinata con il subentro del primo dei non eletti nel modo più celere possibile.

Non così in questo caso.

Si potrebbe quindi ipotizzare che, se ci dovesse essere la volontà di dimissioni in blocco, a quel punto dell’ordine del giorno non ci si arriverebbe neppure. Magari volutamente. Infatti, considerato che un membro del Consiglio è già dimissionario, servirebbe un consigliere di maggioranza in meno a rimet
tere  il mandato per fare sì che ci sia il numero di consiglieri dimissionari sufficienti a decretare lo scioglimento del Consiglio Grande e Generale.

Un altro dato singolare è che a dicembre dovrebbero esserci le elezioni delle Giunte di Castello. Il decreto Reggenziale che indice la consultazione dovrebbe essere emesso entro 90 giorni dalla data fissata per le elezioni. La data di fissazione di quella consultazione elettorale dei poteri locali impedirebbe di calendarizzare, prima di un determinato termine, delle elezioni politiche. Considerato anche che in alcune Giunte sono intervenute delle dimissioni, in diversi nei Castelli attendono la fissazione di questa consultazione e si chiedono come mai queste elezioni dei poteri locali non vengano convocate.

Anche questo indizio potrebbe essere motivato dal fatto che si cerca di capire come evolverà questa crisi che, tuttavia, ufficialmente ad oggi non è aperta. In questo bailamme dove anche il tavolo istituzionale, dalle posizioni scontate e già note prima di partire, appare più una mossa per fare digerire decisioni prese da pochi alla maggioranza degli organismi dei propri partiti, il Congresso di Stato non si pronuncia, almeno per ora, sulle questioni politiche.

In tutto questo, al di là delle strategie per ottenere un posto al sole alle prossime elezioni e restaurare un quadro di potere, di proposte concrete se ne vedono poche anche da parte delle stesse opposizioni che, a parte ripetere il mantra delle “elezioni subito”, appaiono già ora incapaci di proporre idee per andare a governare come aspirerebbero a fare.

 

 

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