E’ incredibile il disinteresse dei politici sammarinesi per il contenuto degli accordi in sospeso fra Repubblica di San Marino ed Italia. Di essi si invoca da anni la conclusione dell’iter, ma ormai lo si fa distrattamente come chi recita una giaculatoria, di cui più nemmeno conosce il significato.
Dal 25 giugno 2009 quando i testi degli accordi fra i due Stati sono stati parafati, nessuno fra i politici, di fatto, entra più nel merito.
Invano la stessa Anis, ad esempio, ha fatto ripetutamene presente che nell’accordo sulle doppie imposizioni manca la definizione puntuale di esterovestizione. Definizione che nel caso di una Paese come San Marino enclave di uno Stato come l’Italia, appartenente alla Unione Europea e senza barriere doganali ai confini fra i due Stati, non può essere esclusivamente basata sulla interpretazione di regolamentazioni più generali esistenti in altre realtà.
Ad esempio l’accordo di collaborazione finanziaria – firmato il 26 novembre 2009 – costituisce una capitolazione della Repubblica di San Marino di gran lunga più negativa della temuta monachizzazione, rientrante nel progetto – di fatto già attuato? – dell’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti.
Eppure i politici sammarinesi continuano a non occuparsene. Come se spettasse ad altri – a chissà chi – la responsabilità.
In quegli accordi vanno soppesate anche le virgole. Lì c’è il futuro di San Marino. Tutti sappiamo che cosa ha voluto dire rinunciare a metà Novecento, in un testo di poche righe, ad un casa da gioco oppure ad una emittente radiotelevisa.
Al tempo del fascismo, la sola rinuncia alla attivazione di una stazione radio e per un periodo di solo dieci anni è stata ripagata dall’Italia con la costruzione della ferrovia Rimini-San Marino.
DI …