San Marino. Elena Tonnini, testimonianza a favore di Gatti non supportate da fatti

San Marino. Elena Tonnini, testimonianza a favore di Gatti non supportate da fatti

Anche Elena Tonnini testimonia a favore di Gatti, tra congetture e illazioni 

Il percorso che ha portato Rete a riversare in atti giudiziari illazioni politiche, è evidente e, soprattutto, si basa sulla descrizione di fatti. 

Giova ricordare il percorso. Nel dicembre del 2018 Roberto Ciavatta, probabilmente irritato, lui o chi per lui, dalla pubblicazione dei verbali della Commissione Affari di Giustizia, si reca dal magistrato e, totalmente fuori contesto riferisce spontaneamente che 4 anni prima aveva ricevuto una e-mail da Antonio Fabbri con il documento relativo all’arresto di Gabriele Gatti. A inizio 2018 d’altra parte Gabriele Gatti aveva presentato una denuncia, tra le altre cose, per rivelazione di segreti d’ufficio e divieto di pubblicazione. Succede così che in funzione delle sue affermazioni fuori contesto in altro fascicolo, Ciavatta viene chiamato a testimoniare nel fascicolo della denuncia di Gatti che nel frattempo ha denunciato anche il giudice Buriani.

La testimonianza di Ciavatta fa così da puntello alla denuncia di Gatti, perché il leader di Rete riversa nella sua testimonianza illazioni e opinioni, non fatti. Opinioni che si traducono in insinuazioni non provate e in considerazioni perniciose. Anche la domanda dell’agente di Pg, tenente Stefano Bernacchia che chiede al testimone non di riferire fatti, ma un’opinione, non è proprio ortodossa. Chiede infatti Bernacchia: “Secondo lei (…) come può essere…” che il giornalista fosse in possesso dell’ordinanza? La risposta del Ciavatta è un capolavoro di insinuazione: “Penso che Antonio Fabbri, avesse ed abbia, un canale diretto con il Commissario della legge Alberto Buriani e che tramite la predetta autorità sia venuto in possesso dell’ordinanza in questione”.

Tra l’altro nella sua deposizione il Ciavatta dice anche “di essere certo che altre testate giornalistiche (cartacee o online) non abbiano pubblicato la notizia” dell’arresto di Gatti, tranne “L’informazione”, anche qui, alle opinioni si aggiunge una affermazione non vera, ma evidentemente utile per far passare che solo l’informazione avesse la notizia. Il problema è che Rtv e le testate on-line, i siti e facebook, diedero la notizia pressoché in tempo reale, e L’informazione, essendo un quotidiano cartaceo, il giorno dopo. Ma questa è una quisquilia a fronte delle numerose insinuazioni.

Viene fuori che per la deposizione di Ciavatta vengono chiamati a dare man forte, dallo stesso capo di Rete, anche altri esponenti del movimento, tra cui Elena Tonnini. Ciavatta infatti dice che gli esponenti retini nel 2015 avevano avuto “incontri” con il commissario Buriani. Poi nelle deposizioni si chiarirà che questi incontri erano richieste di incontro fatte dagli stessi esponenti di Rete per manifestare vicinanza al magistrato circa le indagini in corso. Vicinanza all’epoca, però. Perché adesso, a quattro anni di distanza, sembra necessario riversare in atti opinioni politiche, come poi è avvenuto, a sostegno della tesi di Rete che quel magistrato lo vuole fare fuori. Proprio come Gatti, guarda un po’.

Gatti che dice a suoi interlocutori che in tribunale occorre fare fuori Buriani “che si fa fuori da solo, e tutti quelli che gli stanno attorno e tutti quelli che lo hanno sostenuto”. E altre frasi in cui Gatti sostiene: “Buriani è morto… è morto”. Una finalità che Rete condivide, dato che ha messo il magistrato pure nel suo video propagandistico elettorale associandolo alla loro vulgata su quelli che, secondo loro, sarebbero le mele marce della Repubblica

Così anche la testimonianza di Elena Tonnini mette qua e là le insinuazioni che servono, senza che nessuno le chieda conto specifico se siano sue idee o se siano affermazioni supportate da fatti. È così che anche questa deposizione va a puntellare la denuncia di Gabriele Gatti. Perché? Elena Tonnini, chiamata in causa da Roberto Ciavatta, ripete nella sua testimonianza le congetture politiche costruite da Rete. D’altra parte lo fa inserendo nella sua testimonianza deduzioni, insinuazioni, intuizioni e addirittura dicendo che il magistrato avrebbe fatto loro intuire determinate cose. Tra le congetture riversate in atti a sostegno del teorema di Rete, coincidente con quello di Gatti, basti citarne un paio: Rete, dice la Tonnini, chiese al magistrato come mai nelle carte delle indagini non comparisse Grandoni. La Tonnini sostiene che la risposta sia stata evasiva e aggiunge – ed è qui l’insinuazione – “Con il senno di poi, adesso ho capito il motivo della sua risposta che sicuramente era quella di farci desistere da ogni nostra azione”. Anche qui nessuno della Pg chiede se l’impressione di oggi, su una frase di quattro anni fa definita evasiva, sia supportata da fatti.

Sempre la Tonnini, in un’altra risposta nella quale, a suo dire, il magistrato avrebbe detto come fosse importante avere gente nuova in parlamento, la Tonnini insinua “… facendoci intuire che era importante che noi ci coalizzassimo con il movimento Civico 10”. 

Ora, che valore abbia una testimonianza infarcita di elaborazioni e congetture postume e di evidente convenienza politica – non supportata da fatti, effettuata con “il senno di poi” e basata sull’interpretazione fatta oggi (precisamente il primo marzo 2019), di quello che l’interlocutore nel 2015 voleva secondo lei fare intuire – lo possono capire tutti.

Il grave è che le illazioni politiche pronunciate in Consiglio grande e generale e propalate pubblicamente, senza prove, sulla base di costrutti formati da una spruzzatina di vero, conditi di molto inventato e con moltissimo non vero, sono state riversate dagli esponenti di Rete in atti giudiziari e sono diventate, in questo caso, pure il puntello per la denuncia di Gabriele Gatti che poi, evidentemente, ha potuto a buon titolo affermare “…posso intervenire su qualcuno di Rete…”. Intervento diretto o indiretto, poco importa.

E d’altra parte è singolare, per non dire “strategico”, che fuori contesto in un altro fascicolo, si tiri fuori un episodio che nulla c’entra e riferito ad anni prima, che poi viene travasato in altro fascicolo nel quale si assumono testimonianze a favore di Gabriele Gatti, ma contro un giornalista e un magistrato ritenuti ostili. Giudicate voi che Paese è quello dove un movimento politico si comporta in questo modo spregiudicato, conducendo con ogni mezzo la propria crociata per annientare chi ritiene un ostacolo per la sua ascesa allo scranno.

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