San Marino. Esterovestizione del ballo, Antonio Fabbri

San Marino. Esterovestizione del ballo, Antonio Fabbri

L’editoriale di Antonio Fabbri

Esterovestizione del ballo

Antonio Fabbri

In attesa di tornare in procedura rafforzata per l’antiricilaggio, per la violazione dei principi dello Stato di diritto, per lo scempio dei diritti umani fondamentali di una democrazia, per le mani della politica sulla giustizia – e si può star certi che San Marino ci riuscirà continuando sulla insana strada che sta percorrendo di gran carriera – per non farci mancar niente siamo arrivati anche all’“esterovestizione del ballo”. Una sciocchezzuola da cordone sanitario dei quattro salti fuori porta, che pare diventato il problema principe di questa fine estate. Robetta, a confronto dello strame che si sta facendo dello Stato di diritto. Ma si sa, anche Al Capone venne arrestato per evasione fiscale, e chissà che il Titano non rischi di venir bloccato per una mazurka di troppo.

Così tra un valzer lento, un paso doble, una salsa e il bum bum dei dj con il vocalist che incita “su le mani”, purché opportunamente sanificate con la soluzione alcolica, il governo del Titano si è arrovellato per mandare una letterina aperta a “Le Iene” condita di una leggermente patetica ironia inframmezzata da richiami banalmente eruditi, proprio come farebbe il tipo che vuol far bella figura su facebook e cerca le citazioni googolando.

Meglio sarebbe stato far finta di niente, anche perché tra i banchi, tra le persone o tra gli Stati, mettere la mascherina significa avere cura della salute del vicino, dell’altro prima che della propria, significa condividere contro la pan-demia una coscienza pan-sanitaria. E se è vero che l’ultimo decreto riporta l’obbligo della mascherina, è altrettanto vero che il precedente aveva dichiarato l’emergenza finita e San Marino covid-free. D’altra parte qui sul Monte, si sa, l’aria e buona e le schifezze vengono tutte da fuori. 

Quindi si può sempre rispondere come fece quell’imprenditore sammarinese qualche anno fa, replicando all’inviato di Santoro che rilevava la distorsione del sistema San Marino a danno delle regole fiscali italiane: “Qui siamo un altro Stato, qui si può; facciamo come ci pare”. A quella trasmissione c’era anche un certo postino sammarinese che si stracciò le vesti a sentire quel modo di ragionare dei suoi concittadini. Però deve aver cambiato idea, tanto che oggi anche grazie a lui possiamo a buon titolo rispondere che “qui l’emergenza sanitaria è stata dichiarata finita”, giusto il tempo per le maccheronate e la polka in piazza Bertoldi… perché qui siamo un altro Stato e facciamo come ci pare. “Qui il ballo non è stato mai vietato”, con l’invidia dei gestori delle disco rivierasche… perché qui siamo un altro Stato, e facciamo come ci pare. “Qui si balla all’aperto col distanziamento” (see, stai a vedere)… perché qui siamo un altro Stato e facciamo come ci pare. Qui “l’esterovestizione del ballo” è legale… perché qui siamo un altro Stato, e facciamo come ci pare. “E zum pappa… zum pappa… zum pappa zum…” perché qui siamo un altro Stato, e facciamo come ci pare… “zan zan”.

E poiché siamo un altro Stato e facciamo come ci pare, i doveri per la salvaguardia della salute contano a modo nostro. E siccome siamo un altro Stato e facciamo come ci pare, men che meno contano i diritti, soprattutto se fondamentali, che stracciamo e rispettiamo a modo nostro… sempre come ci pare. Così ne vien fuori una alterazione psicofisica quasi collettiva, di una collettività silente di fronte alle peggiori nefandezze, che ingolla la purga di una falsa democrazia con annessa dittatura della maggioranza, azzeramento dell’opposizione, assoggettamento delle minoranze sottomesse con il terrore e pugno di ferro anche su chi ha capito che nell’urna ha sbagliato a fidarsi, ma oggi tace per paura.

Proprio roba da Sudamerica… “e i ballerini aspettan su una gamba, l’ultima carità di un’altra rumba

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