San Marino. La Madonna del Faggio illustrata da suor Maria Gloria Riva

San Marino. La Madonna del Faggio illustrata da suor Maria Gloria Riva

Diocesi di San Marino – Montefeltro
Ufficio Stampa e Comunicazioni Sociali
Via Seminario, 5
47864 Pennabilli (RN)  

Comunicato stampa

Il testo che segue di Suor Maria Gloria Riva, Superiora delle monache dell’Adorazione Eucaristica, illustra in modo esemplare la storia e i pregi della scultura della Madonna del Faggio la cui ricorrenza cade la terza domenica di Agosto. Come già annunciato, in questa occasione, migliaia di persone accorrono all’Eremo per partecipare alla solenne celebrazione presieduta dal Vescovo Andrea Turazzi. Nella notte fra il sabato e domenica e la prima mattinata della domenica partono in pellegrinaggio centinaia e centinaia di persone da ogni centro della Diocesi di San Marino-Montefeltro ed anche da alcune località del riminese per raggiungere, anche dopo molte ore di cammino i prati dell’Eremo. Nei pressi della grande Croce convergono tutti i gruppi e dopo il saluto di Mons. Turazzi ci possono ascoltare alcune testimonianze fatte da figure che si distinguono per il loro impegno e la loro dedizione verso i più poveri , gli ammalati i bambini. Dopo la Santa Messa che viene celebrata all’aperto, nel prato antistante la chiesetta dove la scultura lignea della Madonna è esposta, inizia la processione sui prati dell’Eremo che arriva alla Croce per poi far ritorno in Chiesa.

La statua lignea della Madonna del Faggio

La Madonna predilige le montagne. Forse perché le ricordano la sua Nazareth, perduta fra le montagne della Galilea? Forse perché il suo primo viaggio, dopo esser stata scelta come Madre del Salvatore, fu quello di arrampicarsi su per le montagne della Giudea? Non lo sappiamo, certo è che moltissimi fra i Santuari Mariani sono collocati fra i monti. Basterebbe citare Lourdes o la stessa Loreto o la madonna di Guadalupe (il cui nome – come quello di Medjugorie – significa in mezzo ai monti) per rendercene conto. Non solo la Vergine ama la Montagna, ma ama anche gli alberi. Sono infinite le località, divenute Santuari, sorte da statue o tavole dipinte appese agli alberi che, prese e portate nella chiesa più vicina, sono state poi ritrovate esattamente nel luogo originario, dove poi è stato edificato, appunto, il Santuario. Anche all’origine della Madonna del Faggio, c’è una storia analoga. Dopo una presunta apparizione di Maria ad alcuni pastorelli, probabilmente nel XIII secolo, viene trovata appesa tra le fonde di un faggio una statua lignea della Vergine. Trasportata dal popolo nella chiesa del paese più vicino fu ritrovata l’indomani nuovamente sotto il faggio. Si comprese allora che proprio lì la Madonna desiderava essere venerata.
Le prime tracce di una cella sul monte Carpegna, dedicata alla Madonna, risalgono al 1205 e precisamente a un atto notarile datato 15 aprile del medesimo anno in cui un certo Leo da Vivole vende la Chiesa di Santa Maria del Monte Carpegna per il prezzo di 20 denari. Più tardi, nel 1242, due rettori della cella, un certo Pellegrino sacerdote e un Blanco converso concessero alcuni appezzamenti di terreno in enfiteusi ai fratelli Gauzo per 35 soldi ravennati. Abbiamo anche la testimonianza di alcuni che, nel 1578, lamentavano il deterioramento della Statua della Madonna del Faggio, chiedendone il restauro. Tali accenni ci fanno comprendere come fin dal XIII secolo era vivo sul Monte Carpegna il culto alla Madonna del Faggio.
Mi piace pensare al parallelo fra la tradizione di questo Santuario e la Madonna di Fatima, di cui abbiamo appena celebrato il centenario. Anche a Fatima Maria appare sopra un albero a tre pastorelli e anche a Fatima la Madonna chiede in quel luogo un santuario a lei dedicato perché gli uomini possano trovare in esso salvezza e perdono.
Un altro suggestivo parallelo lo troviamo con la Madonna di Monserrat. La Statua lignea di questa vergine nera fu rinvenuta in un campo, trasportata a valle da alcuni uomini e ritrovata poi sempre, per ripetute volte, nel luogo originario, ove oggi sorge il Santuario di Monserrat. C’è anche una parentela iconografica fra la Madonna di Monserrat e la nostra Madonna del Faggio. Entrambe appartengono a un’iconografia mariana che ebbe vari sviluppi nei secoli: Vergini in trono che ostendono il divin Figlio. Si tratta del tipo della Maestà o della Sede Sapientiae. Talora, come la Madonna di Monserrat (o nella nostra diocesi, come la Vergine del Mutino e la Madonna di Montecerignone), il divino Infante è seduto e benedicente; altre volte, come nella Madonna del Faggio (o a Maiolo come la Madonna nella chiesa di sant’Apollinare e la Madonna di Andrea della Robbia, in Santa Maria in Antico), è ancora benedicente ma in piedi. Le statue più antiche presentano il Bambino rigorosamente vestito da un abito lungo, sacerdotale, per attestare il compimento delle antiche profezie. Il Messia atteso sarebbe stato re, profeta e sacerdote. Cristo, infatti, inaugura un sacerdozio differente, non alla maniera di Aronne, per discendenza, ma alla maniera di Melchidesech. Al sacerdozio di Cristo si accede per la fede e per un’esplicita volontà divina. Con sacerdozio s’intende non solamente il sacerdozio ministeriale ma quello comune, esteso a tutto il popolo cristiano. Così la nostra bella Madonna del Faggio dallo sguardo compassionevole guarda verso il basso, cioè verso i suoi fedeli, invitandoli ad entrare in quel mistero che è Cristo. Certo il Bambino che ora regge non è quello originale (e ci rammarichiamo della sua scomparsa). Proprio a motivo dell’inautenticità per lungo tempo era stato tolto dalle braccia della Madre, ora invece grazie alla solerzia del diacono Leonardo Errani, il bimbo è tornato al suo posto. Me ne rallegro perché, se dal punto di vista artistico la differente qualità delle due statue può rappresentare un di meno, dal punto di vista iconografico è un gran guadagno. Non si comprenderebbe, infatti, il senso e lo scopo di questo tipologia mariana senza il Figlio. È a Cristo che Maria vuole portarci, è alla sua autorità divina che Ella vuole consegnare ciascuno di noi, certa che in Lui solo è la salvezza. Il senso di questa statua è confermato dalla fede popolare che fin dal 1722 si recava in pellegrinaggio verso il monte partendo da diversi punti della Diocesi.
La leggera sproporzione del volto rispetto al corpo della Vergine dimostra che fu sempre collocata in alto, obbligando il fedele a guardare il cielo per rivolgersi a lei. In fondo la stessa postura che ogni pellegrino assume salendo, appunto in alto, verso il monte che simbolicamente, essendo più vicino al Cielo ci porta più vicini a Dio. Come la Vergine

Suor Maria Gloria Riva

 

 

 

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