San Marino. L’informazione: “Norma sul ricorso amministrativo contraria ai diritti fondamentali”

San Marino. L’informazione: “Norma sul ricorso amministrativo contraria ai diritti fondamentali”

Rassegna Stampa – La legge in vigore da 35 anni viola il diritto di difesa poiché fa ricadere eventuali ritardi delle poste nella consegna delle raccomandate su chi con questo strumento spedisce gli atti

ANTONIO FABBRI. Che quanto stabilito da una norma amministrativa fosse illogico ancor prima che incostituzionale, appariva evidente, eppure l’articolo di legge, relativo al procedimento amministrativo, ha resistito ben 35 anni prima che, in seguito ad una questione di incostituzionalità sollevata d’ufficio dal Giudice di Appello Laura di Bona, venisse dichiarato incostituzionale perché contrario ai diritti di difesa e quindi alla Dichiarazione dei diritti del 1974, di cui quest’anno ricorre tra l’altro il cinquantenario.

La decisione del Collegio garante di costituzionalità delle norme è recente, datata 11 luglio scorso, e dà ragione, oltre che alla Giudice di appello che ha sollevato la questione ritenendola “non manifestamente infondata”, anche all’avvocato Francesca Maria Bacciocchi che in quanto parte ha avallato le considerazioni del magistrato che aveva sollevato l’eccezione incidentalmente. A farne le spese, tra l’altro, sarebbe stato il ricorso presentato dallo stesso avvocato Bacciocchi tramite raccomandata con ricevuta di ritorno tramite posta. Ecco, il nodo è proprio questo. Che cosa era accaduto?

La legge prevede diverse modalità e un termine, di 60 giorni o di 30 a seconda che ci si trovi in primo grado o in appello amministrativo, per presentare ricorso: consegna brevi-manu alla cancelleria; utilizzo di T-Notice, la posta certificata sammarinese; la raccomandata postale A.R.

Ora, in quest’ultimo caso, come avviene in Italia, la data a fare fede dovrebbe essere quella in cui la raccomandata viene effettuata. E invece, stranamente, per la legge sammarinese la norma, Legge 68/1989, prevede all’articolo 14, che “La notifica si considera effettuata sotto la data di consegna del plico al domicilio del destinatario e, comunque, sotto la data della disposta giacenza da parte dell’ufficio postale”.

Sulla base di questo articolo di legge, l’Avvocatura dello Stato, controparte nel procedimento amministrativo, aveva sostenuto che la notifica del ricorso, effettuata tramite raccomandata nei termini ma giunta per motivi di tempi postali oltre il termine dei 30 giorni previsti, non poteva essere preso in considerazione.  Il punto sollevato però è che non può essere addossata alla parte una responsabilità – il recapito del ricorso da parte delle poste – di atti che non può determinare.

Ricostruiscono infatti i Garanti nella composizione collegiale che ha visto presidente il professor Glauco Giostra e i professori Giuseppe de Vergottini, vice presidente, e Maria Alessandra Sandulli relatrice: “il Giudice d’Appello rileva che il censurato art. 14 compromette l’esercizio del diritto di impugnazione della parte che si avvalga della notificazione a mezzo posta, poiché fa derivare un insanabile effetto di decadenza dal ritardato compimento di un’attività del tutto estranea alla sfera di disponibilità e di controllo del notificante, per quanto diligente, mentre è ragionevole che, nel (pur necessario) bilanciamento degli interessi, quello alla tutela giurisdizionale prevalga rispetto a quello alla speditezza del procedimento e alla tempestiva conoscenza dell’atto. (…)

Aggiunge da ultimo il Giudice a quo che la limitazione al diritto di difesa ridonda altresì in danno del pieno ed equo svolgimento della funzione giurisdizionale e dell’efficiente amministrazione della giustizia, nonché, in via mediata, del principio di legalità e imparzialità dell’azione amministrativa, di cui all’art.14, commi primo e secondo della Dichiarazione”, dei diritti. Insomma, non può essere responsabilità del ricorrente che ha spedito la raccomandata nei termini previsti per legge, foss’anche l’ultimo giorno utile, se per responsabilità delle poste il recapito è tardivo.

Una posizione sostenuta nell’udienza davanti ai Garanti dall’avvocato Francesca Maria Bacciocchi, osteggiata, invece, dall’Avvocatura dello Stato con gli avvocati Daniela Bizzocchi e Barbara Reffi che hanno evidenziato come l’incostituzionalità della norma dovesse essere rigettata poiché, oltre al recapito postale, esistono anche modalità di presentazione e notifica del ricorso. Posizione quest’ultima che il Collegio Garante tuttavia non condivide.

La norma della legge del 1989 “correlando un insanabile effetto di decadenza ai tempi della notificazione a mezzo posta, del tutto estranee alla diligenza del notificante, che abbia provveduto nei termini alla consegna dell’atto all’ufficio postale, si risolve in una lesione del diritto, fondamentale, di impugnazione della Parte che, nel legittimo utilizzo degli strumenti messile a disposizione dall’ordinamento, si avvalga di tale modalità di notificazione: diritto che non può essere ragionevolmente sacrificato – nel profilo concernente il pieno godimento dei tempi di predisposizione del- le difese – dalle caratteristiche operative del mezzo utilizzato”.

E in risposta alla posizione degli avvocati dello stato, il Collegio Garante di costituzionalità delle norme sottolinea che “è dunque inconferente il richiamo, opposto dall’Avvocatura dello Stato, alla possibilità di utilizzare strumenti alternativi di notificazione. Una volta che l’ordinamento consenta di utilizzare, indifferentemente, varie modalità di notificazione, la scelta dell’uno o dell’altro non può incidere, riducendoli, sui termini per l’esercizio del diritto di difesa”.

Così i garanti dichiarano “l’illegittimità costituzionale del secondo periodo del primo comma dell’art.14 della Legge 28 giugno 1989 n.68 (“Della giurisdizione amministrativa, del controllo di legittimità e delle sanzioni amministrative”), nella parte in cui dispone che “la notifica si considera effettuata sotto la data di consegna del plico al domicilio del destinatario e, comunque, sotto la data della disposta giacenza da parte dell’ufficiale postale” per contrasto con l’articolo 15, commi primo e secondo, della Legge 8 luglio 1974 n.59 e s.s.m”.

Toccherà ora al legislatore, cioè al Consiglio grande e generale, mettere a posto le cose e prevedere una norma che vada a correggere la parte dichiarata incostituzionale, statuendo in sostanza che, per stabilire se la presentazione del ricorso amministrativo sia avvenuta nei termini, faccia fede la data di consegna della raccomandata all’ufficio postale. Principio che poteva apparire scontato, ma che evidentemente per le norme, che a volte deragliano nell’insensatezza, così scontato non era se è stata necessaria una pronuncia dei Garanti per riportare le cose sul binario giusto.

Articolo tratto da L’informazione di San Marino pubblicato integralmente il giorno dopo

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