Accanto alla emigrazione vanga e badile, c’è stata sempre, essa pure abbondante da San Marino, quella della penna. Ha scritto Giuseppe Moracci qualche decennio prima della vicenda alberoniana: “se bene l’umile dominio, che la Repubblica di San Marino tiene, pare solamente ristretto frà balze, e dirupi, pure governa al pari d’ogn’altro Principe di gran lunga a lei maggiore, anzi con modo più riguardevole di tutti; perché essendo feconda nel corrente secolo di figli Letterati, non solo resta proveduta per sé, mà anche serve d’aiuto ad altri Regnanti nello spirituale, e nel temporale”.
All’occorrenza il Paese, specie nel disbrigo dei rapporti con altri Stati, si è sempre servito dei propri cittadini all’estero alla pari dei residenti, preferendo comunque sammarinesi ai forensi. Antonio Orafo, da Roma, nel Cinquecento, nel chiedere qualcuno che lo affiancasse nella trattativa coi papi, precisò: “Non potite mandare così tristo omo de San Marino che non sia mejo che le forestiere”.
Il Prof. Carlo Dall’Olmo, sammarinese di Detroit, fa sapere che fra gli emigrati sammarinesi ci sono “persone colte e indipendenti, che percorrono strade e inseguono le opportunità che i paesi in cui vivono offrono loro.
Ispirati dall’etica del lavoro dei propri genitori, questi giovani si stanno preparando nelle più esclusive università del mondo, come Harvard, il Massachussets insitute of technology (la prima università al mondo per lo studio dell’ingegneria), l’università del Michigan.
Quando si diplomeranno avranno in mani le capacità e le conoscenze per guidare il mondo di domani.
Questi nuovi ‘sammarinesi all’estero’ sono una risorsa incalcolabile per San Marino, che però non viene sfruttata”.
(Articolo di Marino Cecchetti pubblicato anche su L’Informazione di San Marino)
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