San Marino. Procedimento civile durato 16 anni. Il governo decide di pagare il danno

San Marino. Procedimento civile durato 16 anni. Il governo decide di pagare il danno

Due ricorsi a Strasburgo. Il Titano paga ed evita la scontata sentenza. Nel caso di specie dopo il primo grado, concluso nei tempi, i ricorrenti hanno atteso 9 anni per avere la decisione di secondo grado.

ANTONIO FABBRI. Processo troppo lungo, San Marino decide di pagare e chiude così il ricorso a Strasburgo (Applications n. 43390/22). La decisione è del 17 maggio, ma la sentenza è stata redatta, notificata e pubblicata l’8 giugno scorso. Il caso è uno dei tanti, diversi ancora pendenti, finiti davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’uomo che vedono lo Stato di San Marino dover rispondere dell’eccessiva durata del processo.

Il ricorso riguarda il caso di due coniugi, iniziato nel lontano 2006 in sede civile, relativo ad una procedura di messa in liquidazione della loro azienda, con giudiziale concorso dei creditori. Il fatto in primo grado vide la decisione, nel rispetto dei tempi, del giudice Gilberto Felici, che non ha preso parte alla decisione su tale caso del collegio giudicante di Strasburgo dove oggi presta il suo servizio. Una decisione, quella dell’epoca a San Marino, che non venne troppo gradita dall’interessato il quale irruppe nell’ufficio del magistrato, chiuse a chiave la porta e lo minacciò. Circostanza che costò all’uomo anche un procedimento penale e lo vide condannato in via definitiva. Ma questa è un’altra storia. Quella che è arrivata Strasburgo è invece la vicenda civile che, dopo la decisione di primo grado, vide il ricorso dei due coniugi. In sostanza, ricostruisce la Corte europea, i ricorrenti erano titolari di due società, di cui il marito era amministratore unico.

Le società fallirono e ne seguì una procedura di insolvenza, incluso il concorso tra i creditori iniziato nel 2006. Con ordinanza del 28 giugno 2013, accertato sulla base degli elementi disponibili che i coniugi non facevano distinzioni tra i propri beni e quelli delle società, il giudice di primo grado decise che i ricorrenti dovevano essere considerati congiuntamente responsabili con le società, ai fini del giudiziale concorso dei creditori. Contro tale decisione fecero ricorso l’11 settembre 2013. Calendarizzato per il giudizio il 28 settembre 2017. La decisione, però, arrivò, per uno circa due anni dopo, il 29 agosto 2019, e per l’altro addirittura cinque anni più tardi, il 30 marzo 2022, notificato il 4 maggio 2022. Di qui il ricorso a Strasburgo fatto ad ottobre 2022, lamentando l’eccessiva durata del procedimento per decidere la loro impugnazione e il relativo ricorso contro la decisione di condannarli in solido.

Dunque, a conti fatti, dalla apertura del giudiziale concorso dei creditori, fino alla decisione del ricorso sono trascorsi ben 16 anni. Di qui la decisione di rivolgersi a Strasburgo assistiti dall’avvocato Marino Federico Fattori, che ha presentato un ricorso per il marito e uno per la moglie. La Corte, trattandosi dei medesimi fatti, li ha esaminati insieme.

Data tuttavia l’evidente eccessiva durata del processo, “il Governo ha informato la Corte – rileva Strasburgo – di aver proposto una composizione unilaterale al fine di risolvere le questioni sollevate da queste doglianze”. Una ammissione e conseguente composizione e ristoro che farà dunque decadere i ricorsi. “Il Governo – prosegue la Corte – ha riconosciuto che la durata dei procedimenti nei presenti ricorsi non soddisface- va il requisito di “ragionevole” ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. Hanno offerto di pagare ai ricorrenti gli importi” di 3500 euro ciascuno “e hanno invitato la Corte a cancellare i ricorsi dal ruolo ai sensi dell’articolo 37 § 1 (c) della Convenzione. Gli importi devono essere pagati entro tre mesi dalla data di notifica della decisione della Corte”.

Il pagamento costituirà la risoluzione finale dei casi.

La Corte di Strasburgo ha dunque accolto la volontà unilaterale del governo di risarcire i ricorrenti per l’eccessiva – o, meglio, non ragionevole – durata dei processo e di cancellare dal ruolo i ricorsi pendenti, sottolineando che “qualora il Governo non rispetti i termini delle sue dichiarazioni unilaterali, i ricorsi possono essere reintegrati”.

Articolo tratto da L’informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 23

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