San Marino. Riciclaggio di 2,3 milioni di euro, in due a giudizio, Antonio Fabbri

San Marino. Riciclaggio di 2,3 milioni di euro, in due a giudizio, Antonio Fabbri

Riciclaggio di 2,3 milioni di euro, in due finiscono a giudizio

Antonio Fabbri

Riciclaggio attraverso fiduciarie, movimentazioni, con conti a San Marino e all’estero, in due finiscono davanti al giudice. Secondo l’accusa contenuta nel decreto di rinvio a giudizio, il denaro, circa 2,3 milioni di euro, sono frutto di fondi sottratti a società del gruppo imprenditoriale italiano “Martucci”.

Accusati di riciclaggio, che dovranno comparire oggi davanti al Giudice Roberto Battaglino, sono Giovanna D’Arpino, 60enne di Frosinone, e Umberto Guerini, 62enne di Bologna, quest’ultimo socio e presidente della società Sofisa s.a., poi diventata Sibi finanziaria S.p.a, oltre che socio e titolare di una omonima società del Regno Unito.

Secondo l’accusa i due avevano trasferito su mandati fiduciari presso la Sofisa e su conti ad essa collegati accesi presso la Euro Commercial Bank, una somma di 2.210.000 euro, frutto appunto di sottrazione alle società di un gruppo imprenditoriale italiano. Una parte di quella somma veniva poi posta a garanzia di un finanziamento acceso presso la Ecb, per poi essere trasferita su altri mandati fiduciari riferibili alla D’Arpino. Il problema su queste movimentazioni, però, è sorto quando i due hanno deciso per il rimpatrio giuridico di capitali mutuato dal cosiddetto “scudo fiscale ter”. Per poterne beneficiare, infatti, hanno dovuto usare uno stratagemma, secondo le ricostruzioni dell’accusa. Il denaro, infatti, non rientrava, per questioni legate al periodo in cui era stato versato, antecedente ai termini dettati dalla norma italiana e quindi non rientrava tra le somme che potevano essere regolarizzate.

Così, alla presenza di un notaio, i due, nel febbraio 2010, hanno proceduto all’apertura di due plichi sigillati e firmati ai lembi da D’Arpino e Guerini. All’atto dell’apertura venne dichiarato al notaio che quelle somme erano state depositate nel 2008 ed erano provenienti da una cassetta di sicurezza, alla cui apertura però il notaio non aveva partecipato. Nei plichi aperti davanti al notaio, comunque, c’erano 4.400 banconote in taglio da 500 euro per una somma complessiva di 2,2 milioni. Questi denari, assieme ad una somma di 10mila euro portata in contanti versati su un ulteriore mandato fiduciario, di cui la D’Arpino era titolare effettivo, intestato a “Fiduciaria Europea”, poi diventata “Europa Trust” con sede a Firenze. Il mandato era stato acceso, appunto, ai fini del rimpatrio giuridico delle somme utilizzando lo scudo fiscale ter.

Contestate anche altre operazioni di prelievo contante di ingenti somme, sempre in tagli da 500 euro e poi ancora trasferimenti su banche di Londra, o disposizioni attraverso una società di Madeira, poi somme, svincolate da valori mobiliari, sono finite su un conto in BancaCis. Le movimentazioioni sono terminate quando i denari, 2,3 milioni, sono stati posti sotto sequestro dall’autorità giudiziaria sul conto della “Fiduciaria Europea”, che agiva su mandato della D’Arpino. Insomma, tutte movimentazioni, secondo l’accusa, sono state funzionali al riciclaggio che viene contestato. Oggi si dovrebbe aprire il processo, quanto meno per le questioni preliminari, ma non è neppure escluso un rinvio.

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