Riforma delle pensioni a San Marino, la preoccupazione di avvocati e notai: “Intervento ingiustamente vessatorio”

Riforma delle pensioni a San Marino, la preoccupazione di avvocati e notai: “Intervento ingiustamente vessatorio”

Dopo l’Unione Donne sammarinesi ed i sindacati, anche l’Ordine degli Avvocati e dei Notai di San Marino esprime i propri dubbi a riguardo della riforma delle pensioni presentata dal Governo.

In una nota il Direttivo dell’Ordine degli Avvocati e Notai parla di “profonda preoccupazione per le disposizioni contenute nel Progetto di Legge “Riforma del sistema previdenziale” sottoposto in questi giorni all’esame della competente Commissione Consiliare ed in particolare per quelle riguardanti il settore libero professionale.

Non può in via generale sottacersi – scrivono i professionisti – come già un esame sommario dell’articolato evidenzi profonde criticità, idonee a rinfrangersi sia sulle legittime aspettative di una futura e prolungata sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale, sia e soprattutto sull’equilibrio dello stesso nel medio e lungo periodo. In particolare gli interventi prospettati, focalizzati sostanzialmente sul solo aumento indiscriminato della contribuzione a fronte di una concomitante riduzione generalizzata del trattamento pensionistico atteso, avranno come unica conseguenza che i pensionati del futuro molto difficilmente riusciranno a raggiungere il 60% del reddito goduto durante l’attività lavorativa (dipendente o autonoma).

L’aver totalmente soprasseduto dall’affrontare
– sia l’ineludibile passaggio dal sistema retributivo (in prospettiva sempre più insostenibile anche solo per le nostre dinamiche demografiche e comunque profondamente ingiusto per le correlate sperequazioni che necessariamente comporta) al sistema contributivo (i cittadini si vedrebbero calcolare la pensione in base ai contributi effettivamente versati);
– che la non più rinviabile separazione dell’assistenza (la cui copertura dovrebbe essere rimessa alla fiscalità generale) dalla previdenza (che si dovrebbe autofinanziare con i contributi obbligatori versati dagli iscritti), fanno ritenere fin da ora che l’intervento così come formulato risulterà del tutto inefficace e pertanto ingiustamente vessatorio per i cittadini laddove gli ingenti sacrifici richiesti appaiono ragionevolmente decorrelati da ben salde aspettative di risanamento.

Se l’impianto generale del progetto lascia dunque ampi dubbi di efficacia, particolarmente censurabili devono al contempo ritenersi le disposizioni riguardanti i liberi professionisti e le società di professionisti. Nel dicembre dell’anno 2020, il Consiglio Grande e Generale, con votazione plebiscitaria, approvava la legge n. 222/2020 che poneva rimedio ad una annosa discriminazione che vedeva interdetta per i soli lavoratori autonomi liberi professionisti, la possibilità di esercitare l’attività in forma societaria, così come concesso a tutti gli altri cittadini indipendentemente dall’attività economica esercitata: inspiegabili allora appaiono le ragioni per le quali l’odierno progetto di riforma (art. 24) di fatto ne abiuri tanto la ratio quanto le previsioni di natura contributiva, reintroducendo anacronistiche ed ingiuste differenze rispetto ad ogni altra tipologia societaria.

Tale posizione, oltre che censurabile per l’essere fonte di ingiuste sperequazioni rispetto a tutte le altre categorie di imprese, risulta ancor più inaccettabile laddove si consideri che contrariamente a quanto la disposizione potrebbe portare a ritenere, gli avvocati e notai, in particolare, e i liberi professionisti, in generale, sono stati e sono da sempre contributori attivi del fondo pensione (ovvero versano più di quanto ricevono), al contrario di tutti gli altri fondi che risultano da tempo in passivo (tanto è vero che ogni anno lo Stato deve intervenire per ripianarne il disavanzo).

Oscure risultano pertanto le ragioni che hanno portato, ancora una volta, a colpire la categoria con disposizioni ingiustamente vessatorie, mentre al contempo gli ambiti dei settori che continuano a creare disavanzo non sono destinatari di alcuna similare disposizione.

Al fine di resecare sul nascere ogni ulteriore ingiustificata pretesa, ribadito che la riforma varata nell’anno 2011, che ha sostanzialmente determinato un fondo unico lavoratori autonomi, è stata adottata col totale disaccordo degli interessati ed al solo fine di beneficiare dell’attivo accumulato dal nostro fondo, ribadiamo la richiesta di ritornare all’autonomia del proprio fondo, assumendosi così l’onere di garantirne la sostenibilità.

Con rammarico – conclude lo Oan – osserviamo altresì che il brevissimo tempo per analizzare il provvedimento non abbia consentito quel confronto che sarebbe stato necessario a formulare proposte di modifica articolate e sostenibili e quantomeno ad evitare provvedimenti ingiusti a carico della categoria, come già rilevato, non determinati da alcuna necessità o ragione tecnica”.

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