San Marino. Soldi sul Titano. In Italia aveva dichiarato reddito di 424 euro

San Marino. Soldi sul Titano. In Italia aveva dichiarato reddito di 424 euro

L’informazione di San Marino

Pluripregiudicato con soldi sul Titano, sequestri di case e denaro / Al fisco italiano aveva dichiarato un reddito di 424 euro.

Torna a fare parlare di sé un pluripregiudicato nato a Milano, ma residente a Rimini e, secondo le accuse mosse, con soldi sul Titano. L’uomo, 43 anni, è tornato nel mirino del  comando provinciale della Guardia di Finanza di Rimini che, al termine di complesse mirate attività ispettive, ha dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo – emesso dal Tribunale di Rimini – di beni e disponibilità finanziarie per oltre 200 mila euro nei confronti di Davide Roberto, soggetto pluripregiudicato 43enne, appunto. 

Più nel dettaglio, la Gdf ha ripercorso gli elementi raccolti nell’ambito di indagini di polizia economico-finanziaria ed il contributo fattivo di un’attività rogatoriale con le competenti Autorità Sammarinesi. Grazie alla collaborazione del tribunale del titano sono stati monitorati flussi finanziari individuati per oltre 500mila euro, fatti confluire da Davide Roberto sui conti correnti a lui riconducibili presso una banca della Repubblica di San Marino e intestati alla sorella, già per questo condannata per il reato di riciclaggio in primo grado a 4 anni dal tribunale del Titano. Il Nucleo di Polizia Tributaria di Rimini ha constatato l’ammontare sequestrato come proventi illeciti accumulati da Davide Roberto, più volte tratto in arresto per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti (nel 2012 è stato sorpreso con oltre 138 chili di hashish), somme comunque non dichiarate ai fini fiscali al fisco.

Nel contempo, essendosi concretizzato il superamento delle soglie di punibilità previste dalla normativa penal-tributaria, la Gdf ha denunciato alla Procura della Repubblica di Rimini Davide Roberto per il reato di infedele presentazione della dichiarazione dei redditi, avanzando la proposta di sequestro di beni e disponibilità a lui riconducibili sino all’ammontare delle imposte risultate evase (per l’anno d’imposta 2010 la dichiarazione dei redditi dell’indagato riporta solo un reddito di 424 euro). Insomma, i beni e le utilità di Roberto non essendo frutto di attività lecita, non erano stati ovviamente dichiarati al fisco da pluripregiudicato. Questo, tuttavia, ha fatto scattare la possibilità di richiedere la confisca per equivalente ed ha consentito alla guardia di finanza di procedere al sequestro dei beni previa autorizzazione del tribunale.

Infatti, in presenza di tributi dovuti per oltre 200 mila euro, la Procura della Repubblica di Rimini, condividendo la proposta delle Fiamme Gialle riminesi, ha avanzato richiesta di sequestro preventivo “per equivalente” – sino al valore dell’imposta evasa – su disponibilità e beni riconducibili all’indagato. Il Gip presso il Tribunale di Rimini, ha quindi emesso il provvedimento di sequestro eseguito nei giorni scorsi dai militari della Guardia di Finanza di Rimini sulle disponibilità finanziarie e i beni immobili (1’appartamento a Rimini ed 1 a Milano) riconducibili all’indagato, per un valore stimato pari all’ammontare di 210.000 euro.

L’inchiesta sammarinese L’inchiesta sammarinese per riciclaggio era scattata in seguito alla rogatoria del 2012. Peraltro l’indagine italiana prese le mosse da un fatto di sangue: l’omicidio di un tassista abusivo. Durante le perquisizioni in casa dell’omicida, Marco Zinnanti poi condannato a 30 anni, venne trovata della droga che gli inquirenti riuscirono a ricollegare a Davide Roberto. Su quest’ultimo scattò quindi l’indagine e si risalì ai suoi soldi che si trovavano a San Marino, in un conto presso Asset Banca.

Scattò la rogatoria e vennero poste subito sotto sequestro dalla magistratura sammarinese le somme e poi vennero attivate le autorità di vigilanza per ricostruire la movimentazione. Si risalì quindi alla sorella, Paola Roberto, condannata in primo grado dal giudice Gilberto Felici a 4 anni. Martedì scorso si è celebrata l’udienza di appello della donna. La sua difesa ha sostenuto che da tempo non vede il fratello e che non ci sia collegamento tra i denari dell’uomo e quelli contestati all’imputata. Non dello stesso avviso la Gdf, dunque, visti gli ultimi atti. Sta di fatto che, per quanto attiene al riciclaggio sul Titano l’ultima parola spetterà al giudice di appello, Brunelli.

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