San Marino, yacht ed aerei. Quei sigilli. Pier Roberto De Biagi, NQRimini San Marino

San Marino, yacht ed aerei. Quei sigilli. Pier Roberto De Biagi, NQRimini San Marino

Pier Roberto De Biagi di NQRimini San Marino:  Il caso.- I trattati sono rimasti lettera morta, ma il problema era già stato individuato: il rispetto del FiscoEcco il perché di sigilli a yacht e aerei E’ dal 2005 che l’Italia nelle bozze di accordo per la cooperazione  tenta di inserire uno scambio di informazioni in materia di nautica

San MarinoIl sequestro  dei quattro yacht nell’ambito  dell’operazione “Titan
Flags”
,  il sequestro di piccoli aerei e la  denuncia di 31 persone, tra  cui 4 sammarinesi nell’operazione “Tango Sette”, effettuati  dalle forze dell’ordine italiane,  sono stati solo in apparenza  una novità. Era già capitato  ad ultraleggeri, ad auto  di grossa cilindrata, persino a  un elicottero. Recidivi, quindi! 

Ma nessuno pare essersi  mai preoccupato più di tanto  e la bastonata che fa ancora  una volta cattiva notizia è inevitabilmente  arrivata. Che  peraltro gli accordi – quelli in  vigore e quelli non firmati – ci  diano torto sembra fuori discussione.  Così come non ci è  favorevole il codice doganale  europeo.

Nel “territorio doganale  della Comunità” San  Marino proprio non c’è, in  virtù di quell’accordo del  1991 che ha istituito un’unione  doganale con la Comunità  Europea e che, fra l’altro, ha  sottratto il Titano alla sua precedente  e impropria condizione  di “territorio doganale  comunitario”. La Repubblica  è perciò un Paese terzo rispetto  all’attuale Unione Europea.  E, accanto ai benefici –  quali, ad esempio, una fiscalità  indiretta più leggera concordata  nel 1972 con l’Italia –  ne sconta gli svantaggi. L’IVA  all’importazione è un’imposta comunitaria e se, come nel  caso degli yacht, o aerei, il bene  lo si acquista per esportarlo  a San Marino, mentre lo si  mette in consumo in Italia,  prende corpo, quanto meno,  il reato di evasione fiscale, essendo  invece in minor misura  spiegabile quello di contrabbando  ipotizzato dalla Guardia  di Finanza.

Non v’è dubbio,  comunque, che il tutto  prefiguri una sorta di embargo  commerciale o, ad essere  buoni, un altro deterrente per  eventuali temerari che volessero  ancora profittare delle  nostre ormai illusorie convenienze.  Come dire: piove sul  bagnato!

Che le cose stiano  più o meno in questi termini  lo lasciano intuire persino le  bozze di accordi di collaborazione  in materia economica  con l’Italia che diversi governi,  dal 2005 ad oggi, infruttuosamente  – ancorché per  ragioni differenti – hanno  tentato di firmare. Ed è lì che  si scopre che San Marino e l’Italia,  “con riferimento alla  nautica da diporto, convengono  sui reciproci vantaggi  conseguenti all’utilizzo delle  strutture portuali italiane, nel  rispetto delle norme, anche  italiane, in materia fiscale e  doganale, prevedendo l’obbligo  dello scambio reciproco  delle informazioni tra le amministrazioni  competenti”.

Ma la sola percezione del problema  non basta per risolverlo.  E nemmeno sono sufficienti  i buoni propositi, sapendo  che tali resteranno.  Quel che manca è forse uno  scatto serio e persuasivo di dignità  e di coraggio. Perché di  mantra sull’“abbiamo fatto  tutto” i sammarinesi sono  esausti, così come i nostri interlocutori  ne sono forse scettici  e un tantino contrariati.   

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