Segreteria Esteri sul caso Pietro Berti

Segreteria Esteri sul caso Pietro Berti

La Segreteria di Stato per gli Affari Esteri, in merito al caso dell’arresto del dott. Pietro Berti ed al clamore suscitato dal fatto sui media internazionali, dovuto soprattutto alla circostanza che il dott. Berti ha ricoperto, nel semestre ottobre-aprile 1999, la funzione di Capo di Stato, ritiene utile esprimere le seguenti precisazioni.

Il dottor Pietro Berti è stato posto in custodia cautelare per una indagine in corso che lo vede accusato di molestie sessuali nei confronti di alcune sue pazienti. Gli atti del tribunale sono coperti da segreto istruttorio e, pertanto, fino al termine del procedimento giudiziario, necessitano della dovuta riservatezza, così come il dottor Berti e la sua famiglia meritano il rispetto dovuto al principio di presunzione di innocenza che caratterizza tutti gli ordinamenti democratici.

Il fatto in se testimonia come la Repubblica di San Marino sia dotata di tutti gli strumenti legislativi necessari a prevenire e a reprimere ogni forma di violenza alla donna ed al contempo a garantire gli strumenti di difesa per chi è sottoposto a procedimenti giudiziali o amministrativi.

La circostanza che il dottor Berti abbia ricoperto in passato la carica di Capitano Reggente, ovvero di Capo di Stato è abbastanza comune a San Marino, se si considera l’originalità dell’Istituzione Reggenziale che prevede ben quattro Capi di Stato all’anno e che, pertanto, annovera fra i sammarinesi, molti ex Capitani Reggenti.

A San Marino, fatta eccezione per l’incarico di Membro di Governo che è a tempo pieno, tutti gli altri incarichi istituzionali, parlamentari e politici sono svolti contemporaneamente alle proprie occupazioni ordinarie e a titolo di servizio verso la Repubblica. Anche il Capitano Reggente, dopo aver svolto per sei mesi a tempo pieno l’incarico di Capo di Stato, torna a svolgere le sue normali occupazioni e ad essere un semplice cittadino.

Si ritiene improprio, quindi, legare alle Istituzioni sammarinesi una vicenda privata ed utilizzarla per diffondere un’immagine negativa della Repubblica.

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