Si salvi chi puo’. Antonio Fabbri, L’Informazione di San Marino

Si salvi chi puo’. Antonio Fabbri, L’Informazione di San Marino

Si salvi chi può

di Antonio Fabbri

Salvo errori e omissioni nella
gragnola estiva degli interventi
si dissimula l’obiettivo reale di
salvare il salvabile.
In mezzo si prova a metterci la
progettualità, ma prima dell’estate, è inutile raccontarla, si punta
a metterci una pezza. Inevitabili,
allora, le volute, consapevoli,
ridondanti, reiterate istanze di
salvezza.

Così viene fuori il
salvabanche, che però con affabulante
destrezza si preferisce chiamare salvarisparmi, senza contare che i risparmi
verranno piano piano erosi se per salvare le casse pubbliche
si inseriranno pesanti imposte.

Le stesse imposte
dalle quali, si dice con l’obiettivo di salvare il sistema,
qualcuno sarà sgravato. Cioè le banche messe al riparo
dallo stato.
Già un piccolo passo per salvare il buco di liquidità è
stato fatto con la patrimoniale, dalla quale però in molti
pensano di salvarsi semplicemente dandosi alla selva,
cioè alla macchia: non pagandola, insomma. Stavolta,
però, non è detto che si salvino come è accaduto in passato,
dove la salvezza per chi doveva versare migliaia
di euro di monofase è stata fregarsene. Una inerzia che
fino ad ora ha pagato e appagato chi pagare doveva.

In questa tornata di Consiglio c’è stato da salvarsi dalla
severità degli organismi internazionali. E allora sono
stati approvati i decreti urgenti e il pacchetto Moneyval.
In parecchi non hanno neanche capito che cosa hanno
votato. Roba da tecnici togati e principi del foro. Per
ora, però, dalle reprimende internazionali ci si salva.
Attuare quanto approvato sarà, però, un’altra storia.
Lo si è visto subito tanto che, ad esempio, si è provato
timidamente a salvarsi dall’esser politicamente esposti.
C’è stato chi discretamente ha tentato di farne rinviare
la ratifica, ma dalla tassatività degli organismi internazionali
e dalle loro verifiche non si scampa. Il decreto
è ratificato, tuttavia lo si verificherà e se ne preciserà
l’operatività. Una via di salvezza? Si vedrà.

Fossero finite qui le situazioni da salvare andrebbe ancora
bene, ma la questione si ingarbuglia quando da un
lato si deve mettere in salvo la possibilità di pagare gli
stipendi pubblici, dall’altro va salvato, anzi salvaguardato,
il consenso che quegli stipendi li aveva consentiti.
Occorre salvare i posti e allo stesso tempo evitare che,
chi taglia, pesti i piedi a chi gli aveva a suo tempo
garantito voti ed è capace di garantirne in futuro, siano
essi statali, costruttori, imprenditori, liberi professionisti,
commercianti, industriali. C’è anche da salvare il
consenso di tutti i lavoratori dipendenti. Consenso che
deve salvare la politica ma anche il sindacato, che per
serbare le conquiste di anni di lotte che han dato alle
parti sociali peso e anche un certo potere consentendo
di mantenere una imposizione per la verità un po’ bassina,
scende in piazza e annuncia che questa volta, in
caso di sciopero generale, non salverà il Palazzo da chi
voglia farvi irruzione.

In questo quadro, per salvarsi dalle responsabilità,
l’opposizione tutta e unanime si chiama fuori. Ma quel
che fa più strano è che fuori vorrebbe chiamarsi pure la
maggioranza. E allora senti i segretari Morganti e Mussoni,
giusto per citarne un paio ma il tenore diffuso era
questo, intervenire per dire che le tasse sono necessarie
se si vuole evitare il crac, salvo correttivi, investimenti,
un sempre chic piano Marshall per salvare il paese e per
fare senza soldi quello che ci vorrebbero tanti soldi per
fare.

“E’ verso questo che devono andare la maggioranza
e il governo”, è all’incirca il ritornello degli accalorati
interventi. Ma in maggioranza e al governo non ci
sono loro? Una sorta di “armiamoci e partite” che quasi
quasi butta la croce del balzello tutta addosso al solo segretario
Felici e alla sua arcata di provvedimenti portati
tutti in una volta. Una scelta per dare una visione complessiva,
ma dettata anche dall’opportunità di evitare la
seduta in un primo tempo ipotizzata ad agosto.

“Così
le ferie, almeno quelle, le salviamo”, deve essere stato
il pensiero diffuso in Ufficio di presidenza. In questo
scenario da “si salvi chi può”, insomma, si corre in
tante direzioni e non sempre in maniera composta. Il
rischio che salti tutto c’è. Poco male, l’importante per
molti sarà riuscire a salvare la faccia.

Antonio Fabbri

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