Status Symbol. Baldisserri Daniele

Status Symbol. Baldisserri Daniele

Alla vigilia del 1° ottobre, ripenso ad un anno fa, quando per la prima volta io e la mia famiglia ci recammo sul Pianello, in occasione della cerimonia d’insediamento dei Capitani Reggenti, una celebrazione, da parte nostra, vissuta all’insegna di una contestazione civile e senza nessuna maschera indosso perché reputavamo fosse venuto il momento di metterci la faccia. Così, mentre domandavo a Brunetta (non agli Eccellentissimi …) se avesse presentato il certificato antimafia, visto che proprio in quei giorni ne aveva proposto l’eliminazione, a mia moglie che issava un cartello recante la scritta, “come siamo ridotti” (anche per omaggiare l’oratore ufficiale, delle cui gesta nella storia d’Italia, ho paura, non rimarrà granché traccia), le forze dell’ordine richiesero i documenti d’identità. Penso che coloro i quali impartirono tale ordine, siano stati gli stessi che all’epoca decisero i nomi di chi dovesse rappresentare al massimo livello la Repubblica più antica del mondo. Sembra un secolo fa, eppure sono passati solo 365 giorni ed oggi parlar male di certi personaggi è un po’ come sparare sulla croce rossa: tornano alla mente le immagini del povero (si fa’ per dire) Craxi in fuga da una pioggia di monetine. E come in Italia, finalmente anche San Marino potrà fregiarsi della presenza nella propria pubblica amministrazione di funzionari pubblici solerti sì, ma nel richiedere la bustarella affinché chiudano gli occhi. Gli occhi, però, dobbiamo avere l’onestà intellettuale di riconoscerlo, li abbiamo chiusi tutti non domandandoci come mai nel nostro paese crescessero, al posto dei funghi, solo banche e finanziarie, il cui scopo principale, a quanto pare, era ripulire il denaro dal rosso del sangue frutto di attività illecite e criminali. Del resto, parafrasando Mao, non importa di che colore siano i gatti, l’importante è che prendano i topi, della serie non chiediamoci da dove provengano i trenta denari se comunque ci permettono di mantenere il nostro costoso tenore di vita, di acquistare i nostri suv, i nostri appartamenti al mare, i nostri sempre nuovi Apple, insomma le cose nostre. Ed ora che, come recita l’adagio popolare, non c’è più trippa per gatti, ripenso alla fortuna di aver incontrato nel mio cammino certi vecchietti che sono stati reggenti tanti anni fa (perché la storia è sempre, o meglio, dovrebbe essere sempre, magistrae vitae): sono entrato nelle loro MODESTE case dove la ricchezza è appesa alle pareti, rappresentata da onorificenze e foto in posa assieme ai grandi della terra. Mi domando se ora, nei loro stanchi occhi, non si possa leggervi una certa suadade, che Tabucchi definì la “nostalgia del futuro”. Tale è il sentimento che deriva dall’analisi del rapporto elaborato dalla Commissione antimafia: perché se il passato dei Majani, dei Marani, ha significato sviluppo (purtroppo senza progresso, Pasolini docet), il nostro presente induce a pensare che non possa esservi futuro. Infatti, anche se certi vizi sono duri a morire, sono come i gatti, di cui si dice, abbiano sette vite, perseverare nel votare politici e non statisti, per riprendere la celebre distinzione utilizzata da De Gasperi, significherebbe condannare in primo luogo il nostro destino, cioè i nostri figli. Certo non si tratta d’invocare un impossibile ritorno ad uno stile di vita francescano, basterebbe e non sarebbe poco, recuperare una politica di austerità che “deve avere come scopo (…) quello di instaurare giustizia, efficienza, ordine, e, aggiungo, una MORALITA’ nuova” (Berlinguer).   
Baldisserri Daniele
 

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