Sulla morte di Evaristo Fabrucci, operaio riminese a San Marino in nero

Sulla morte di Evaristo Fabrucci, operaio riminese a San Marino in nero

Perchè Evaristo Fabrucci, operaio in nero di un’azienda metalmeccanica sammarinese, è morto? La risposta a questa domanda sta nell’incapacità dello Stato di fare rispettare regole comuni, che hanno registrato anni di lotte da parte dei lavoratori e delle loro organizzazioni, ma che poi nella pratica evidenziano enormi lacune di controllo, di denuncia, di sanzione. Queste lacune non sono solo il frutto della burocrazia, ma di una vera e propria linea di pensiero assolutamente sbagliata: il pensiero per cui l’impresa lasciata libera di agire nei rapporti contrattuali, nelle condizioni operative, alla fine induca al bene comune. Questa è l’idea di fondo dell’ideologia della deregulation, una filosofia liberista che vorrebbe che lo Stato si ritirasse il più possibile dal suo controllo sull’economia in quanto frutto di inevitabili inefficenze. Ma lo Stato nella misura in cui è regolatore del bene comune, piuttosto che arretrare deve invece svolgere con determinazione la propria azione di indirizzo e di controllo. Sono due le voragini gravi che si aprono sulla morte di Fabrucci: quella più drammatica delle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro, ma quella non meno incidente sui rapporti sociali, del lavoro nero. In capo all’azienda ci sono ovviamente le responsabilità dirette, ma in capo allo Stato e alla sua organizzazione le responsabilità non sono da meno. Il Partito dei Socialisti e dei Democratici chiede che su questo ennesimo drammatico incidente sia fatta piena luce e possano essere definite tutte le responsabilità e le lacune giuridiche e amministrative, affinche in futuro la situazione possa migliorare impedendo che in Repubblica simili condizioni di lavoro debbano continuare ad esistere.

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