Solo con una trasparenza totale realmente operativa in qualsiasi settore dell’economia la Repubblica di San Marino può sperare di salvarsi, per cominciare a recuperare quella buona immagine che per secoli ha costituito la sua migliore protezione.
Lo hanno capito – e da tempo – gli industriali dell’Anis che – spinti dalla esasperazione – addirittura hanno provato da soli a impegnarsi contro i farabutti, andando a Rimini a ‘parlare’ direttamente con la Guardia di Finanza.
Ancor più decisi a sostenere la causa, gli imprenditori del Mics, che hanno fatto, della trasparenza, l’emblema della loro identità.
Lo hanno capito i lavoratori che urlano dai loro cartelli: Noi amiamo San Marino la politica no. Liberiamo il Paese dai truffatori. Segreto bancario e fiduciarie=scudo per mafiosi e truffatori.
Lo vanno sostenendo i commercialisti di San Marino come risulta da quanto detto in un loro convegno da Claudio Siciliotti, presidente dei commercialisti italiani.
Eppure i politici no. Basta vedere la larghissima maggioranza – quarantacinque voti circa – con cui in media sono stati approvati i due provvedimenti legislativi sulle società anonime. Il primo (anonimato trasparente) suscitò un coro di risate a Roma. Il secondo (salvaguardia dell’anonimato attraverso le fiduciarie, giugno 2010) ha fatto dire a Tremonti (settembre 2010): andate a prendere in giro qualcun altro.
Eppure i politici – salvo una recente presa di posizione, decisamente fuori dal coro, di Pasquale
Valentini, Segretario alla Finanze – non solo non ne parlano loro, ma vorrebbero che non ne parlassero nemmeno altri. Tanto meno che se parli su siti come libertas. Con tanto di denunce collettive e lettere di diffida.
Invece il momento richiede una scelta coraggiosa e improcrastinabile di trasparenza senza se e senza ma (Marino Cecchetti)