La Tribuna Sammarinese
Tassazione dei frontalieri e adeguamento dello scambio di informazioni: ecco
le
maggiori novità dell’accordo
Una firma impossibile se non si
fossero scoperchiati i dossier che stazionavano sul tavolo di Tremonti
Si resterà in black
list fino alla ratifica dell’accordo del 2002 e di quello che verrà
siglato il 13 giugno
Giuseppe Maria Morganti
Giugno 2009. Sulla Repubblica di San Marino si stava abbattendo la bufera che prosciugherà i conti e aprirà le porte delle carceri per soggetti posti al vertice delle gestioni di settori strategici dell’economia: finanza, edilizia, imprese industriali e commmerciali. In tre anni i nodi atavici del sistema San Marino, basato sull’anonimato societario e il segreto bancario sono venuti al pettine, scoperchiando quei dossier che Giulio Tremonti conservava gelosamente sul proprio tavolo e che impedivano di fatto un dialogo aperto fra i due Stati. Ma proprio alla dine di quel mese di giugno, il 29, i tecnici riuscirono comunque a licenziare un testo aggiuntivo all’accordo contro le doppie imposizioni e per prevenire le frodi fiscali. Ora occorreva una decisione politica che non poteva arrivare, fino a quando la bufera non si fosse consumata. L’accordo parafato determinava una condizione certa nella tassazione dei redditi dei lavoratori frontalieri, assogettando il loro reddito prodotto a San Marino ad una tassazione in Italia solo relativamente al 35% del reddito complessivo e fino al limite di 24mila euro, dall’altro veniva previsto l’adeguamento delle regole relative allo scambio di informazioni previsto dall’articolo 26, dell’accordo generale, “Ai processi in corso presso le competenti sedi internazionali, ed in particolare l’OCSE e l’Unione Europea”. Due dei punti più spinosi delle relazioni italo sammarinesi venivano quindi definiti sostanzialmente, ma il lavoro dei tecnici venne c ong e – lato alla luce delle vicende che h a n n o t ravol – to la Repubblica e probabilment e d i non pochi error i di valutazione in campo politico. Per ben due volte il Mef, che quasi mai interviene pubblicamente con comunicati ufficiali se non per annunciare l’emissione di buoni del tesoro, frenò tassativamente i facili entusiasmi che si ogni tanto prendevano forma a San Marino. Emblematiche le tre righe che l’11 maggio 2010 hanno decretato la difficoltà di percorso che attendeva San Marino: “Con riferimento alle notizie circolate sulla stampa, – scriveva ufficialmente il Mef – si precisa quanto segue: la Repubblica di San Marino resterà ad ogni effetto nella black list italiana fino a quando non saranno formalmente e sostanzialmente in vigore tutte le norme necessarie per integrare gli standards internazionali legali, fiscali, antiriciclaggio, eccetera”. Tremonti, infastidito da una politica degli annunci e nell’ottica di assicurare all’esercito composto dalla Guardia di Finanza, dai funzionari del ministero, dall’Agenzia delle Entrate e dalle Procure, la propria solidarietà nella lotta contro il ‘marcio’ che ogni giorno emergeva nei settori più importanti dell’economia sammarinese, ha delineato il percorso che ancor oggi determina le condizioni ricordate nella lettera di Mario Monti e che prevedono l’uscita dalla black list solo dopo che gli accordi saranno operativi. La firma del protocollo aggiuntivo prevista per il 13 giugno prossimo, si aggiunge a quella del 21 marzo 2002, che però non è stato mai portato nel Parlamento italiano per la ratifica. Si apre pertanto un periodo di ulteriore esame per San Marino che dovrà dimostrare di essere effettivamente cambiato e in grado di non ricadere negli errori che ne hanno caratterizzato uno sviluppo drogato da alcuni decenni a questa parte.