Consiglio Grande e Generale. Martedi’ 20 settembre 2016. Seduta del pomeriggio. SMNA

Consiglio Grande e Generale. Martedi’ 20 settembre 2016. Seduta del pomeriggio. SMNA

COMUNICATO
STAMPA

CONSIGLIO
GRANDE E GENERALE 19-21 SETTEMBRE

MARTEDI’
20 SETTEMBRE-Pomeriggio

Tre
istanze d’Arengo su cinque in favore della depenalizzazione
dell’aborto passano l’esame del Consiglio Grande e Generale. Dopo un
dibattito fiume, l
‘Aula
approva
infatti
l’istanza n 7
con 29 voti a favore e un astenuto “perché la pratica dell’aborto
sia depenalizzata e resa legale con riferimento ai casi di gravidanza
in cui sussistano gravi rischi di salute per la donna”. Con 28 sì
e 25 no viene accolta anche
l’Istanza
n. 8
che chiede
la depenalizzazione “con riferimento ai casi di gravidanza
riguardanti a donne vittima di violenza sessuale”. Infine, viene
promossa anche l’
Istanza
n. 10
relativa
a “casi di gravidanze in cui sussistano rischi di patologie gravi
o malformazioni per il feto”: 27 sono i voti favorevoli, 25 i
contrari e un astenuto. Viene
approvato
anche l’Ordine del giorno

presentato nel corso del dibattito dal Consigliere del Pdcs,
Manuel
Ciavatta,
che
impegna il governo, tra l’altro, “ad aggiornare la normativa per
tutelare la vita dal suo inizio” e a “modificare la normativa per
dare maggior sostengo alla madre in gravidanza corrispondendo una
assegno di mantenimento in assenza di mezzi economici”. L’Odg
ottiene 27 voti a favore e 25 contrari.
L’interruzione di
gravidanza resta dunque reato penale in tutti gli altri casi, inclusi
quelli previsti dalle due istanze respinte, quindi per i minori (la
n. 9) e per chi versa in condizioni di emarginazione o disagio
sociale (n. 11). Viene infine respinta a maggioranza con voto palese
anche l’ultima istanza d’Arengo esaminata, la n. 25, “perché sia
interdetta ai membri eletti del Consiglio Grande e Generale la
possibilità di cambiare schieramento politico di appartenenza nel
corso della legislatura”.

I
lavori consiliari si concludono infine con il Messaggio di Saluto
dell’Ecc.ma Reggenza in occasione dell’ultima sessione del proprio
mandato.

Di
seguito un estratto del dibattito del pomeriggio.

Comma 5 – Istanze
d’Arengo

Perché la pratica dell’aborto sia
depenalizzata e resa legale con riferimento ai casi di gravidanza in
cui sussistano gravi rischi di salute per la donna (
istanza
n.7
); perché la pratica dell’aborto sia depenalizzata e
resa legale con riferimento ai casi di gravidanza riguardanti donne
vittime di violenza sessuale (
istanza n.8);
perché la pratica dell’aborto sia depenalizzata e resa legale con
riferimento ai casi di gravidanze riguardanti donne minorenni
(
istanza n.9); perché la pratica dell’aborto
sia depenalizzata e resa legale con riferimento ai casi di gravidanze
in cui sussistano rischi di patologie gravi o malformazioni per il
feto (i
stanza n.10); perché la pratica
dell’aborto sia depenalizzata e resa legale con riferimento ai casi
di gravidanze riguardanti donne che versano in condizioni di
emarginazione o disagio sociale (
istanza n.11)

Approvate le Istanze:

– n. 7 con 29 favorevoli, 23
contrari, 1 astenuto

– n. 8 con 28 favorevoli, 25 contrari, 0 astenuti

– n. 10 con 27 voti favorevoli, 25 contrari, 1 astenuto.

Accolto anche l’Ordine del giorno presentato dal Consigliere
del Pdcs Manuel Ciavatta: 27 i voti favorevoli, 25 i contrari

Franco Santi, C10

L’argomento è complesso. Se non ci si dice che c’è un
problema, è inutile ragionare e impostare un confronto. Questa
posizione è incomprensibile dal mio punto di vista. Gli istanti,
dopo 2 anni, ripropongono questo tema, che non vede l’attenzione di
una politica che non è in grado di affrontare questi muri. Difendere
la vita vuol dire verificare quando le condizioni portano alcune
persone a prendere questo tipo di decisione. La soluzione adottata da
San Marino non tiene in conto le esigenze di tutti. Da parte della
classe politica ci deve essere un approccio diverso. Il problema è
complesso e va analizzato, soprattutto dal punto di vista sociale.

Maria Luisa Berti, Ns

Penso che nell’affrontare queste Istanze d’Arengo non si possa
prescindere da un punto di partenza: il diritto alla vita è
inviolabile o no? Tutti ci vantiamo di aver tolto dal sistema la pena
di morte. Quel rispetto della vita andrebbe portato, per onestà
intellettuale, anche quando si affrontano le tematiche dell’aborto.
Il mio approccio è cattolico. Invito a leggere la relazione del
1974. I giuristi hanno avuto la priorità della tutela al diritto
inviolabile alla vita. Non condivido l’abolizione del reato di
aborto, né la sua depenalizzazione. Direte che sono conservatrice e
bigotta. Rispetto chi lo pensa, come chiedo di essere rispettata per
le mie idee.

Francesca Michelotti, Su

Tutti noi aborriamo un atteggiamento superficiale nei confronti di
un argomento così doloroso, che ferisce la donna. Gli istanti
propongono 5 casi limite in cui l’autodeterminazione della donna è
forzata da spinte che non partono da lei: la salute, la violenza
sessuale, le minorenni, l’emarginazione e il disagio sociale.
Quest’ultimo è il caso più debole, qualcosa si può fare e si sta
facendo. La scelta è di coscienza, non la può decidere il codice
penale. E’ una scelta etica che presuppone un ragionamento
profondissimo. Noi ora stiamo scaricando l’onere etico della nostra
responsabilità su un altro Stato.

Enrico Carattoni, Psd

Non sono d’accordo con una considerazione della Dc. Rifiuto il
principio secondo il quale chi sostiene queste Istanze d’Arengo sia
contro la vita. Non lo accetto. Non possiamo banalizzare questo tema
in pre campagna elettorale dicendo che ci sono persone pro e contro
la vita. Questa è demagogia. Non è possibile delegare a due
articoli del codice penale una disciplina così importante. Chi
decide di fare questo tipo di percorso lo fa dopo grandi riflessioni
e sofferenza. Non è dignitoso per uno Stato che poi venga fatto
all’estero. Lo Stato deve garantire le scelte di tutti i cittadini.
Non si può dire: qui non si può fare, ma fuori sì. Perché abbiamo
paura delle prima Istanza d’Arengo, che dice che in caso di
malattia la donna possa esercitare il proprio diritto? Non si
vogliono imporre comportamenti, ma dare possibilità di scelta.

Gerardo Giovagnoli, Psd

Quando è che un conglomerato di cellule può essere considerato
persona e vita? Non è attraverso una legge che si è in grado di
limitare un fenomeno che tutti vogliono al massimo scongiurare.
Dobbiamo imprimere le migliori condizioni per far sì che le
condizioni di fare crescere un bambino siano le migliori possibili.
L’Istanza che parla di disagio sociale non posso comprenderla, mi
lascia perplesso. Altre Istanze, in particolare la prima e la
seconda, vanno a incidere su un tema, quello del ricadere nel reato
penale, che effettivamente non può essere scaricato sulla madre, che
già si ritrova in oggettiva difficoltà. Se ci sono gravi rischi di
salute o se la gravidanza è frutto di una violenza sessuale, penso
sia il caso di ragionare sul caso di non volere incolpare chi prende
una decisione di aborto. 

Manuel Ciavatta, Pdcs

Chi parla di ideologia non accetta il dato scientifico: dal
momento del concepimento c’è un processo di vita che non ha salti
di discontinuità. Affermare il contrario è ideologico. Non è il
diritto a dire quando è vita e quando non è vita. Può solo
accogliere il dato reale. Omicidio, infanticidio e aborto sono reati
contro la persona. Se investi una persona puoi avere conseguenze
penali. Perché non deve accadere se uccidi? C’era una profonda
intelligenza nei legislatori che hanno fatto il codice penale. Si è
detto che non vogliamo affrontare le tematiche. Ho fatto girare una
bozza di ordine del giorno che le affronta. La tutela della vita è
il primo atto di laicità dello Stato. In caso di stupro è
sufficiente mettersi vicino alle persone, questo è quello che
dobbiamo fare e forse non riusciamo a fare abbastanza. Leggo l’ordine
del giorno. “Il Consiglio Grande e Generale impegna il governo
ad aggiornare la normativa per tutelare la vita dal suo inizio,
tutelare il diritto alla salute e all’integrità della madre in
caso di intervento o terapia che causi la morte del concepito come
causa secondaria, valutare l’aggravamento delle sanzioni per chi
compie atti di violenza sulle donne, modificare la normativa per dare
maggior sostengo alla madre in gravidanza corrispondendo una assegno
di mantenimento in assenza di mezzi economici”.

Repliche.

Francesco Mussoni, Segretario di Stato alla Sanità

Il dibattito resta aperto, non si può concludere con la
votazione.

Roberto Ciavatta, Rete

L’ordine del giorno è inaccettabile, le premesse sono di tipo
catechistico. Questo Paese è indietro di 50 anni rispetto agli
altri.

Mimma Zavoli, C10

Passa il messaggio che chi si presta a questa pratica non è da
tutelare, ma da lasciare nella sua scelta. L’importante è che lo
faccia fuori da qui.

Guerrino Zanotti, Psd

In molti interventi ho letto molta ipocrisia. Quella di chi pensa
di vivere in un Paese in cui la donna non è lasciata da sola di
fronte a scelte drammatiche. La depenalizzazione dell’aborto in
alcuni Paesi ha dato risultati positivi, i casi sono diminuiti.
L’ordine del giorno dà risposta a domande non fatte. Il Consiglio
deve accogliere le Istanze.

Francesca Michelotti, Su

L’Istanza pone problemi che chiedono una soluzione.

Franco Santi, C10

Il diritto deve intervenire sulla realtà, se legiferiamo senza
tenere conto della realtà siamo dei folli. La nostra normativa è
inapplicata, è ipocrita, permette che il fenomeno avvenga altrove. 

Istanza d’Arengo perché sia interdetta ai membri eletti del
Consiglio Grande e Generale la possibilità di cambiare schieramento
politico di appartenenza nel corso della legislatura (
istanza
n.25
) / Respinta a maggioranza.

Giancarlo Venturini, Segretario di Stato agli Interni
Il
tema dovrebbe essere affrontato dal tavolo di confronto sul
regolamento consiliare. Si rimanda al Consiglio la decisione in
merito.

Augusto Casali,
Ps

I partiti sono
sempre meno punto di riferimento dei cittadini. C’è da chiedersi in
questi casi, chi è che tradisce l’elettorato, chi esce dal partito o
il partito che disattende la fiducia degli elettori?

Dal PS del 2002 sono
uscito perché noi come elettorato siamo stati traditi dalla
dirigenza del partito che difendeva interessi particolari e non del
Paese. Il male della politica non è in quei consiglieri che escono
dai partiti, sicuramente ci sono atti strumentali e personali, ma
chiediamoci fino a che punto le maggioranze rispettano le ragioni
sociali e fondanti degli stessi partiti. Sarebbe bene che qualche
cittadino facesse qualche istanza per difendere gli interessi
dell’elettorato

Ivan Foschi, Su

Trovo eccessivamente
limitativo impedire in toto la possibilità di cambiare schieramento,
o di creare soggetti nuovi. Non vado sul terreno squisitamente
istituzionale, sono valutazioni politiche che devono fare gli
elettori su chi poi cambia posizione. La legge può però
disincentivare o non consentire vantaggi per esempio di natura
economica a chi fa queste scelte. Una scelta di idealità non deve
passare attraverso vantaggi economici. L’istanza obiettivamente va al
di là e a limitare libertà di scelta del singolo.

Mimma Zavoli, C10

La domanda a va a
monte sul perché una persona decide di impegnarsi in politica attiva
scegliendo un gruppo. I cittadini hanno scelto quella persona in quel
contesto e i cittadini non possono conoscere certe dinamiche e giochi
di potere che hanno massacrato la buona politica. Nella dignità di
un rappresentante del popolo, quindi, si dovrebbe necessariamente
trovare una soluzione e la chiusura del cerchio, se si decide di
lasciare il proprio gruppo, è meglio presentare le dimissioni e
lasciare l’Aula.

L’individualità non
aiuta a consolidare la condivisione di un obiettivo, se non facciamo
sforzo come rappresentanti del popolo a rimanere in linea con il
nostro mandato non credo facciamo un buon servizio al Paese. Il
consigliere è parte di un gruppo e da questo deve cercare di
rispondere, se ciò non avviene la risposta migliore sarebbe uscire
dall’aula.

Massimo Cenci, Ns

L’istanza fa
riflettere su episodi sempre più frequenti. Ma il degrado della
politica non è a causa dell’uscita di un consigliere da uno
schieramento ma da ben altro. Può darsi sia un partito o movimento a
non tenere fede al mandato ricevuto. Qualche lustro fa, se qualche
consigliere in più avesse avuto il coraggio di uscire da qualche
situazione non sarebbe stato un fatto negativo. In definitiva, i
consiglieri giurano fedeltà alla propria Repubblica, questo è il
faro cui non bisogna mai togliere attenzione.

Denise Bronzetti,
Indipendente

Nella nostra
legislazione non è previsto il vincolo di mandato. Non è mai facile
per chi è uscito all’interno di un partito, rispettandone regole e
organizzazione, arrivare alla scelta di abbandonarlo. C’è però da
chiedersi quando e perché avvengono queste cose, le motivazioni
addotte- parlo per me- sono chiare. Non è che non ci si riconosce
più nel partito in cui si è eletti. Le uscite avvengono quando le
situazioni non sono più rispettate dalla maggior parte del partito,
è lì che viene tradita la volontà dell’elettore, non è il singolo
a tradirlo. A Zavoli dico, nel caso che mi riguarda, il partito
l’avrebbero dovuto lasciare i vari Stolfi e i vari Podeschi in altri
partiti. A loro si sarebbe dovuta togliere la carica da consigliere,
non ho nulla da recriminarmi. Quando si parla di dignità allora si
deve intendere anche la dignità che è stata schiacciata della
persona costretta a fare certe scelte. E’ vero il fenomeno è in
crescita. Quando la politica non è più politica con la P maiuscola
e si vive lo scollamento con i cittadini, i partiti in primis
dovrebbero interrogarsi. Non condivido l’istanza, non solo per la
scelta che ho fatto. Non esiste vincolo di mandato e le situazioni
sono tante e differenti, non è possibile essere così integerrimi su
decisioni che non sono né tutto bianco, né tutto nero.

Elena Tonnini,
Rete

Concordiamo come
movimento sul principio dell’istanza che pone una riflessione su
libero mandato e il vincolo di mandato. In democrazia non esistono
soluzioni perfette e credo sia questo il caso. Sia nel libero che nel
vincolo di mandato esistono pro e contro. Diventa quindi difficile
giudicare la scelta di uscire nel proprio gruppo quando il proprio
gruppo non porta avanti quanto è ritenuto il mandato dei propri
cittadini. Occorre valutare che l’istanza sia un po’ incompleta, il
mandato dovrebbe valutare anche strumenti all’interno del partito per
agire. Mettiamo il caso si sia impediti a lasciare il partito per non
lasciare il Consiglio: il rischio è quello di un’azione di
sabotaggio del proprio gruppo. Servono strumenti interni ai partiti
di alta partecipazione della cittadinanza perché vi sia un corretto
esercizio del mandato da parte del gruppo e del partito. Come gruppo
valuteremo a livello personale come votare l’istanza.

Filippo
Tamagnini, Pdcs

Lo Stato è fatto di
figure e denti istituzionali per entrare nei quali bisogna prestare
giuramento, vi si entra attraverso il sostegno popolare. Si giura il
bene del Paese, l’assenza del vincolo di mandato protegge nel caso in
cui io, consigliere del Pdcs, se ascolto una proposta di un altro
gruppo e la trovo utile al Paese, se la sostengo non devo essere
sottoposto a una sanzione del mio gruppo. Questo è il senso
dell’assenza del vincolo di mandato.

Marco Podeschi,
Upr

Faccio un po’ fatica
a capire l’Aula, quando si parla di finanziamenti ai partiti si fanno
certi discorsi, quando si parla di consiglieri indipendenti si è
tutti più flessibili. Dal 2013 ad oggi 14 consiglieri non sono più
nel gruppo consiliare in cui sono stati eletti, il 25% del Consiglio.
Invito ad ampliare la sala dell’uffico di presidenza perché non si
entra più. Oltretutto con i soldi del contributo ai partiti, uscendo
dal gruppo, si fa campagna elettorale da soli. Ora c’è il fenomeno
anche degli Indipendenti nelle liste. Se iniziamo a ragionare tutti
come singoli, presenteremo istanze ed emendamenti a non finire come
indipendenti, liste e sotto liste.

Gerardo
Giovagnoli, Psd

In senso generale
non mi sento di avvallare posizioni per quanto il mio partito abbia
subito defezioni. Se un consigliere venisse espulso dal partito non
gli si può forzatamente chiedere di uscire dal Consiglio, lo vedo
impraticabile. Almeno si può non favorire, in modo che uscendo da un
gruppo non si abbiano benefici economici e visibilità. Abbiamo fatto
leggi per impedire la frammentazione e non ce l’abbiamo fatta, chi
esce da un gruppo è in qualche modo favorito, non deve rispondere a
nessuno e riesce ad avere in qualche modo uno stipendio in più.
Sarebbe già un deterrente almeno non favorire questa deriva.. Se un
problema c’è rispetto l’eccessiva moltiplicazione del fenomeno,
forse bisogna guardare anche altrove, alla capacità della politica
di essere più coesa e rappresentantiva, la risposta giusta non è
mettere un impedimento che poi tale non sarebbe.

Luigi Mazza,
Pdcs
Anche per me con questo intervento termina il mio impegno
politico. Sono istanze che offrono molti elementi di valutazione che
non si concludono con l’approvazione o non. Chi giura in Aula giura
in proprio di portare avanti certe posizioni. Qualche tempo fa
abbiamo approvato una legge elettorale nuova che ci dice che se non
rispettiamo i patti di coalizione si torna di fronte elettorato
Allora non è facile dire quando mi conviene ‘stop’, ‘cambio la mia
motivazione’. Si va oltre l’impegno personale, non è facile gestire
un partito o un movimento ampio, su ogni decisione c’è sempre chi
non condivide, trovare unanimità è impossibile, ma se ogni volta
non c’è condivisione sulle scelte, c’è motivo di uscire e rompere.
In Aula questa mattina Roberto Ciavatta ha detto la Dc stava parlando
al suo elettorato, certo, noi abbiamo preso un impegno nei suoi
confronti. Negli anni abbiamo visto forze politiche spezzarsi e
uscire, mi pongo il problema cosa è venuto meno alla politica. Deve
nascere prima la forza per stare insieme e rappresentare qualcosa,
nel rispetto regole e della base. Dalla Dc sono uscite persone che
sono state segretari di Stato e di partito, ma il rapporto è con la
base con cui ci confrontiamo da sempre. Ci sarà un motivo per cui la
Dc è sempre qui, e si presenterà alle elezioni unita. Nel 1998 ho
lasciato l’impegno elettorale perché non condividevo l’azione del
mio partito di allora, ma ha lottato dentro il partito per cambiarlo,
la Dc ha avviato il rinnovamento molto molto prima. Nessuno può non
essere messo in discussione e non può essere chiamato a fare un
passo indietro o di lato. Se si riscopre il ruolo dei partiti e
movimenti ci saranno sempre meno rotture. Se infatti le rotture
avvengono per motivi politici è perché dentro i partiti c’è stato
un deficit di coordinamento e confronto. Al di là dell’istanza, se
uno assume un impegno e non si sente più di portarlo avanti nella
formazione in cui è stato eletto, dovrebbe dimettersi dal Consiglio
per continuare a fare la sua battaglia dentro il partito. In politica
non prevale chi ha ragione sulle singole scelte ma chi ha la
maggioranza. Troppo facile alla prima non condivisione dire ‘faccio
per conto mio’. Non credo che la preferenza unica migliori ril
apporto tra persona ed elettorato. Si rischia i avere 60 consiglieri
ognuno che risponderà a chi l’ha votato.

San
Marino, 20 SETTEMBRE 2016/02

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