Tra il dire e il fare…c’è di mezzo il PSD

Tra il dire e il fare…c’è di mezzo il PSD

Quante cose accadono in poco più di due settimane! È di appena 15 giorni fa infatti la nuova ordinanza di custodia cautelare del tribunale a carico di Claudio Podeschi, che chiama in causa nella tangentopoli sammarinese anche Stefano Macina e Claudio Felici, due degli uomini di punta del PSD.

Nel frattempo, si è tenuta una sessione del Consiglio Grande e Generale e il Congresso del PSD. In tutto questo lasso di tempo nessuno, né il direttivo e la base PSD né i partiti che sono al governo con esso hanno chiesto le dimissioni di Felici e Macina. Anzi, i due sono rimasti in aula a votare le leggi “per il bene del paese” come se niente fosse.

Eppure, Felici si è dimesso tempo fa da Segretario di Stato alle Finanze proprio a causa del conto Mazzini…e ancora non era indagato! Ora che lo è, insieme al suo capogruppo, è difficile capire con quale logica si ritenga opportuna la permanenza in Consiglio.

Il PSD però, durante il suo Congresso,  tiene a rimarcare che il partito non è nato con finalità criminali e rinnova la fiducia ai due consiglieri indagati (invitandoli “a non mollare”) e ribadisce la “validità della coalizione creata assieme alla Democrazia Cristiana, a Noi Sammarinesi e ad Alleanza Popolare che ha ottenuto il consenso di più̀ della metà dell’elettorato sammarinese”.

Forse, negli ultimi mesi, al PSD è sfuggito che le indagini della magistratura – che hanno portato in carcere e poi ai domiciliari anche Fiorenzo Stolfi – parlano di associazione per delinquere dedita al voto di scambio, alla corruzione e al clientelismo e finalizzata a nascondere la provenienza illecita di denaro derivante da reati contro la pubblica amministrazione. Fondi neri che venivano reinvestiti in attività finanziarie e immobili. Attraverso il condizionamento del libero esercizio di voto, l’associazione a delinquere aveva lo scopo di condizionare le istituzioni.

Sarebbe interessante che il PSD spiegasse come fa a considerare un punto di forza il fatto che la coalizione Bene Comune abbia ottenuto il consenso di più della metà dell’elettorato sammarinese quando il tribunale oggi rimarca – e tutto il paese sa bene – come alcuni politici ottenessero i voti e per quali finalità. Senza i pacchetti di voti incriminati, i partiti attualmente al governo sarebbero ugualmente al governo? Quali responsabilità hanno i colleghi di governo con cui hanno condiviso, per anni, la stanza dei bottoni?

Certo, la decisione finale spetta al tribunale, ma mantenere in carica persone la cui presunta condotta mina la credibilità delle istituzioni, di sicuro si scontra apertamente con il ruolo di “condottiero del movimento riformista” che il PSD si autoassegna, continuando a fare riferimento alla questione morale come qualcosa di esterno dal PSD stesso, di esterno dalla coalizione Bene Comune. Ma come si può pretendere di avanzare proposte per prevenire e contrastare la corruzione sistemica quando non si è capaci di affrontarla in casa propria?

Perché è così difficile prendere le distanze da comportamenti ritenuti scorretti? Eppure il codice etico del PSD, all’art. 1, sottolinea come gli aderenti al PSD non debbano abusare della loro autorità e rifiutino una gestione oligarchica e clientelare del paese! E allora perché ne sono tra i protagonisti? Sempre secondo il loro codice etico, qualora 1/5 dei membri della Direzione del partito ravvisi una violazione ai principi previsti dal codice stesso, può chiedere l’intervento del Comitato dei Garanti. E invece a nessuno, guarda un po’,  viene in mente di farlo.   

Fa sorridere poi il Presidente del PSD Francesco Morganti che lamenta: “Da fuori ci vogliono dire chi sono i buoni e i cattivi”, quasi come se Macina, Felici e Stolfi fossero stati beccati a rubare un pacchetto di caramelle.

E per fortuna che ve lo dicono da fuori, ci viene da dire!

Movimento R.E.T.E.

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