“La Repubblica che sta cambiando”
Cambiare occorre.
Patto per San Marino ha vinto l’anno scorso perché si è
proposto con un programma di cambiamento.
Era già atteso, il cambiamento, dopo le elezioni del
2006, quando la Dc finì all’opposizione. Si disse che, senza la Dc al
governo, finalmente si sarebbe potuto cambiare.
Ma di cambiamenti veri non si sono visti e in campo
internazionale dopo 2 anni San Marino è finito con l’Azerbaigian.
Si è partiti di lì, dal livello dell’Azerbaigian, con il
governo del Patto, nel dicembre scorso. Si è riusciti in meno di un anno
a tornare fra i paesi europei. Adesso bisogna impegnarsi per rimanerci.
Per rimanerci occorre che la trasparenza nei rapporti con
gli altri Stati su cui ci siamo impegnati con Ocse e Moneyval, sia
attuata anche all’interno.
Va attuata anche all’interno la trasparenza per non
continuare a trovarci in difficoltà con gli altri Stati, anche dopo i
successi di
Ocse e
Moneyval. Ed in particolare con l’Italia, il Paese
di cui siamo enclave.
Oggi il contrasto è forte con l’Italia, come si è sentito
da Tremonti, a Rimini.
Essere in contrasto con lo Stato che, geograficamente, ti
contiene, è pericoloso.
Non è la prima volta che il nostro Paese entra in
contrasto con lo Stato di cui è enclave. È successo altre volte.
E sempre in coincidenza con periodi di grave
degenerazione della vita interna della comunità sammarinese.
E si è vinto sull’esterno, tutte le volte, mettendo
anzitutto a posto le cose all’interno. E, al contempo, difendendo – fino
alla puntigliosità estrema, anche paradossale, perfino schizofrenica –
le prerogative della sovranità.
Nel 2009, mettere a posto le cose all’interno vuol dire
anzitutto liberarci dagli avvoltoi calati qui dopo la modifica al
codice penale, che ha stoppato le rogatorie. Quelli si sono messi in
testa di poterla fare franca con la giustizia di qualsiasi paese.
Quella sammarinese compresa.
Non c’è speranza di salvare il Paese, se non si mette
mano a questo stato delle cose.
Non si può garantire trasparenza verso gli altri, nei
rapporti con altri, se non ce l’abbiamo in casa nostra, la trasparenza.
Se non mettiamo a posto le cose all’interno non siamo
credibili verso l’esterno. Invece dobbiamo essere credibili verso
l’esterno, per salvare il Paese, non intaccandone la sovranità.
È sempre difficile per uno Stato piccolo rimediare una
lesione della sovranità verso uno Stato grande. Pressoché impossibile se
lo Stato grande circonda lo Stato piccolo da ogni lato.
Nel novembre 2005 il governo è stato lì lì per firmare
un accordo con l’Italia con cui San Marino si obbligava a recepire
sic et simpliciter le norme italiane, in materia finanziaria. Una
lesione gravissima alla sovranità. Paragonabile a quella del 1862,
quando l’Italia impose l’Amicizia
protettrice’. Non se ne fece niente
nel 2005 perché molti insorsero in
Consiglio. Fra questi Gabriele
Gatti. Gatti disse (parlando a braccio):
“credo che anche nello
scrivere certe cose ci sia una dignità con San Marino che debba essere
preservata; vedo una penna eccessivamente italiana nello scrivere queste
cose che sa un po’ di amicizia protettrice che a mio modo di vedere è
lontanissima nella nostra storia e non vogliamo riportarlo.”
E disse ancora Gatti, nell’occasione, rivolto ad un
membro di governo: “non facciamo oggi magari per la fretta, per la
anche giusta esigenza politica di andare ad una firma, di fare un
errore, di vincolarci in maniera definitiva …. Perché poi un accordo
bilaterale firmato non è una semplice lettera che tu invii ...”
Ripeto: un accordo bilaterale
firmato non è una semplice lettera che tu invii…
Perché questo richiamo. Perché si sente dire che nei
famosi accordi con l’Italia, ci sarebbe scritto che all’Italia è stato
concesso di ispezionare attraverso Bankitalia certi istituti di credito
in territorio sammarinese. Una lesione alla sovranità. Paragonabile a
quella del 1862 e a quella – sventata – del 2005.
Per far digerire il rospo, si è fatta balenare la
prospettiva della reciprocità. Banca Centrale potrebbe fare
altrettanto in Italia.
Sbagliato.
Non solo perché Banca Centrale non sarà mai in grado di
controllare ipotetici istituti finanziari sammarinesi collocati chissà
dove, visto che non è stata capace di vigilare su Banca del Titano, lì
sotto la punta del naso.
Il fatto è che l’Italia, che ci contiene (come Tremonti
non perde occasione di ricordare), ha già dimostrato come intende la
reciprocità in questi settori delicati dell’economia.
Nel 2005 la Banca Centrale ha autorizzato la Cassa di
Risparmio di Rimini ad acquistare il 100% del Credito Industriale
Sammarinese. Nessun problema in seguito.
Banca d’Italia non si è comportata allo stesso modo con
la Cassa di Risparmio di San Marino per Delta. Ha messo vincoli su
vincoli. Non solo. Il gruppo Delta dal 2004 è stato “oggetto
di 5 ispezioni della Banca d’Italia, 9 ispezioni della Guardia di
Finanza più qualche altra ispezione da parte di altri soggetti. In soli
5 anni. Tutte le ispezioni si erano concluse positivamente”.
Ebbene il 23 aprile 2009,
nonostante tutte quelle ispezioni, Banca d’Italia ci ripensa. E succede
quel che succede.
Conclusione. Non c’è reciprocità che tenga: sulla
sovranità non si può cedere nulla di nulla verso lo Stato di cui siamo
enclave.
E – aggiungo – lo Stato, di cui siamo enclave, non va
provocato.
Si è sentito dire che l’attuale sala Bingo da una
struttura di un migliaio di metri quadri passerà a oltre 6mila metri
quadri, con l’aggiunta di annessi e connessi. E con un direttore che
non viene certo dal circolo parrocchiale di Corpolò.
Non vorrei che qualcuno a Roma prendesse lo spunto per
farci lo scherzetto di chiuderci dentro come sessant’anni fa per
violazione di un accordo stipulato appunto sessant’anni fa ed ancora in
vigore.
Bisogna pensarci.
Lo dico qui al Patto, perché il Patto, solo il Patto è in
grado di farsi carico di queste cose.
Il Patto lo può fare. Ha i numeri e le capacità per
farlo, il cambiamento di cui il Paese ha bisogno.
Basta pensare agli uomini del Patto – cito per tutti (per
carità non si offendano gli altri), Pasquale Valentini e Mario
Venturini – che hanno saputo trasformare in un solo anno una
aggregazione di 8 forze politiche non use certo a lavorare assieme, in
un quasi partito.
Un quasi partito. Sì, come oggi si sta dimostrando
proprio con questo incontro.
È un vero motivo di speranza, l’incontro di oggi, per
questo Paese, in tempi in cui anche sperare è diventato difficile.
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