27/02/2006 La lezione della storia. Mai accettare condizioni che pregiudichino la sovranità

27/02/2006 La lezione della storia. Mai accettare condizioni che pregiudichino  la sovranità
La lezione della storia. Mai
accettare condizioni che pregiudichino  la sovranità
  

LIBERTAS  26/02/2006

L’INFORMAZIONE DI SAN MARINO 27/02/2006 (La lezione
della storia…. Fra storia e politica)

Il 21 aprile 1539 papa Paolo III impone a tutti i luoghi dello
Stato della Chiesa un sovrapprezzo sul sale. Un aumento enorme. Motivo del
bisogno di tanto danaro? Due fattori concomitanti: il crollo delle entrate
provenienti al papa come Sommo Pontefice dall’Europa del Centro Nord per il
dilagare del protestantesimo e la necessità urgentissima di risorse per
approntare le difese militari contro i Turchi arrivati ad affacciarsi sul
litorale di Ostia.

Ogni luogo dello Stato della Chiesa deve comprare sale per un
certo quantitativo prefissato ed al nuovo prezzo. Altrimenti rappresaglie.
Rappresaglia vuol dire che lo Stato ha ceduto il credito a una squadra di
soldati-banditi in cambio della licenza di saccheggiare il paese. Per San Marino
è stato prefissato un acquisto forzoso di 250 sacchi di sale all’anno.

I sammarinesi si precipitano a Roma. Bloccano l’ordine già
impartito della rappresaglia dicendosi disposti a pagare. Però vogliono esporre
le loro ragioni. In sostanza dicono che non dovrebbero pagare nulla perché San
Marino, pur essendo situato dentro lo Stato della Chiesa, tuttavia non ne fa
parte perché luogo libero. Insomma i sammarinesi non si ritengono sudditi del
papa. Non riconoscono il papa come re. Ma come Sommo Pontefice sì. I sammarinesi
sono buoni cristiani. Come buoni cristiani, per difendere la fede, si dicono
pronti, prontissimi (“libenti animo”) a versare il loro contributo in
danaro, che equivale all’esborso della somma del sovrapprezzo del sale per il
quantitativo loro assegnato (ridotto, poi, a 120 sacchi).

Dunque i sammarinesi pagano. Pagando stoppano l’ordine della
rappresaglia. Ma, soprattutto, non pregiudicano la sovranità. Sì perché la somma
che versano di fatto è un’elemosina, cioè una libera offerta e non il pagamento
di un tributo. Tanto che in prosieguo lo stesso papa Paolo III finirà per
riconoscere che San Marino, in ambito politico, non ha superiore. Cioè, in
parole moderne, è indipendente.

I governanti sammarinesi hanno sempre prestato la massima
attenzione alla salvaguardia delle prerogative della sovranità. Di fronte ad
ogni pericolo esterno hanno trattato, trattato e trattato ancora. Talvolta, per
evitare guai maggiori, sono stati costretti ad accettare imposizioni
gravosissime. A volte anche umilianti. Nel 1921 i sammarinesi, per difendersi da
incombenti sortite dalla Romagna, dovettero accettare di ‘ospitare’ un nucleo di
carabinieri italiani. Ma non firmarono nulla di compromettente. Da subito
cominciarono a ‘sammarinizzare’ quei carabinieri alla meglio con nastrini
bianco-azzurri e stemmi finchè, cambiate le circostanze, dopo 14 anni poterono
allontanarli.

Si dice che quando Giuliano Gozi – al vertice del fascismo e del
governo sammarinese – ha prospettato l’intenzione di San Marino di aprire una
stazione radio sul Titano, Benito Mussolini – al vertice del fascismo e del
governo italiano – sia corso subito ai ripari. San Marino ottenne la ferrovia.
Ma la riuncia sammarinese alla radio è rimasta – a quanto si sa – un impegno
d’onore personale di Giuliano Gozi. Di certo, insomma, non è stata tradotta in
un accordo scritto, formale e pubblico, fra i due Stati. Proprio per
salvaguardare le prerogative della sovranità sammarinese.

L’Accordo di Cooperazione che il Ministro degli Esteri italiano
Gianfranco Fini era stato invitato a firmare a San Marino nel novembre 2005, con
quell’art.1, non ha precedenti. È di una gravità assoluta. È un fatto del tutto
estraneo alla tradizione politica sammarinese guidata per secoli, nei rapporti
con l’esterno, da una classe dirigente preparata e colta, in grado di affrontare
e superare i pericoli che i tempi della storia di volta in volta hanno
presentato.

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