30/03/ 2005 1957: i fatti di Rovereta

30/03/ 2005 1957: i fatti di Rovereta

1957: i fatti di
Rovereta

 

 

Il
San Marino (Organo del PDCS) 30/03/2005(I fatti di Rovereta, conferenza della
Democrazia Cristiana
)

La Democrazia Cristiana ha organizzato sui fatti di Rovereta del
1957 una pubblica conferenza che ha avuto luogo mercoledì 1 dicembre 2004 a
Domagnano.

Negli ultimi tempi nel paese era sorto un dibattito, a volte dai
toni vivaci, a seguito di alcune iniziative in materia, nate sulla base di
motivazioni di contingenti supposte convenienze politiche  piuttosto che
culturali. La Democrazia Cristiana ha organizzato la conferenza anzitutto per
richiamare l’attenzione sui  fatti, lasciando i giudizi alla valutazione
personale. Era necessario. Il dibattito, fin dalla prime battute, era andato
appannandosi per la prevalenza che vi aveva assunto la riproposizione acritica
di vecchi luoghi comuni ormai del tutto privi di senso.

A distanza di quasi mezzo secolo non si vede perché non si possa
cominciare ad occuparsi della vicenda in tutta serenità, dopo averla
opportunamente inquadrata nel contesto (sammarinese, italiano e internazionale),
in cui si è svolta. Sul comportamento delle persone, la responsabilità dei
partiti e la legittimità di certi atti, il tempo trascorso e l’accresciuta
cultura del paese forniscono di per sé i mezzi per una valutazione anche a
livello personale più meditata e sufficientemente fondata. Che bisogno c’è di
alzare i toni, ricorrere alle offese, ribarricarsi dietro anacronistici
steccati? Basta pensare, ad esempio, alla questione delle famose lettere di
dimissioni dal Consiglio con la data in bianco firmate dai candidati dei partiti
di sinistra al momento dell’accettazione della candidatura nel 1955. Alcuni
socialisti, usciti dal partito, nel giugno del 1957 fecero presente che le
lettere di dimissioni da loro firmate con la data in bianco due anni prima
dovevano essere considerate nulle. Lo fecero presente nella forma più alta e
sicura: dichiarazione in Consiglio (registrata a verbale) e uno specifico
documento, debitamente firmato, consegnato direttamente ai Capitani Reggenti.
Ebbene il 19 settembre 1957 i Capitani Reggenti (gli stessi che le avevano
ricevute!) non tennero conto di tali ritrattazioni. Sulla validità delle lettere
di dimissioni firmate con la data in bianco e poi ritrattate si è consumato un
fiume d’inchiostro. Oggi la questione non avrebbe più senso, tanto è ovvia la
risposta. Risposta  che ciascuno è in grado di dare.

La Democrazia Cristiana non propone una sua verità assoluta sui
fatti di Rovereta. Tanto meno si associa a chi, per acquistare visibilità, a
distanza di mezzo secolo, non trova di meglio che tranciare giudizi sul
comportamento delle persone e dei partiti di allora, coraggiosamente con la
spada sguainata sapendo bene che il nemico non fa più paura perché è già morto
per conto suo.

La Democrazia Cristiana ha l’orgoglio, questo sì, di aver
fornito gli uomini che hanno svolto un ruolo di primo piano nella vicenda  e di
aver contribuito grandemente a tirare fuori il paese da una situazione che si
era fatta oggettivamente pericolosa. E lo ha fatto senza imboccare strade
pregiudizievoli per il futuro della Repubblica, come dimostra il progresso che
si è avuto in ogni campo nel  decennio successivo.

A Domagnano, il 1° dicembre scorso, dopo l’introduzione del
Segretario, Giovanni Lonfernini, e una breve ricostruzione dei fatti affidata a
Marino Cecchetti, la gente, che riempiva tutta la sala e gli spazi antistanti,
ha riconosciuto questo ruolo della Democrazia Cristiana applaudendo con una
inusitata partecipazione le testimonianze dei democristiani protagonisti della
vicenda: Gian Luigi Berti, Ferruccio Piva, Giovanni Zaccaria Savoretti e
Francesco Valli.

E non erano presenti, quella sera, soltanto iscritti della
Democrazia Cristiana o suoi simpatizzanti.

La conferenza di Domagnano
è stata anche l’occasione per proporre all’attenzione dei nostri giovani, due
personaggi a loro ignoti, quali Alvaro Casali e Federico Bigi, che quella sera
erano presenti non solo perché citati dagli intervenuti, ma perché quei fatti
del 1957 e le scelte allora operate, sono, nella nostra storia, un tutt’uno con
le loro persone.

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