Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: Grazie a certi illuminati pareri il Paese ha fatto un figurone sul panorama internazionale / Il dottor Romeo sostenitore dell’authority politica
Dopo due bocciature pesanti come quella del Commissario per i diritti umani Nils Muiznieks e quella del presidente dell’Ordine dei Giornalisti italiano, Enzo Iacopino, è difficile dire che il Direttore della San Marino Rtv, dottor Carlo Romeo, abbia dato dei buoni consigli per la preparazione della legge sull’editoria. Difficile dirlo perché il 2 settembre dello scorso anno, di fatto, faceva praticamente un plauso al controllo politico della stampa.
Controllo politico che – tra Iro Belluzzi, il direttore di Rtv nel suo asse con Asset banca che oggi annovera anche la prestigiosa collaborazione di Marco Severini – era praticamente quasi riuscito. L’apparato formato da una Consulta per l’informazione monopolizzata dalla Tv di Stato con le mani messe pure sull’Autorità garante dalla quale sono stati estromessi del tutto i giornalisti senza neppure chiedere il loro parere, era ormai formato. Certo, con le teste che hanno questi, è possibile che vada pure avanti. Magari si insedierà anche. Ma ormai è un organismo squalificato dalla sua origine. A meno che non si cambi registro. (….)
Infatti il disegno di controllo
e occupazione dei
media, era quasi andato
del tutto in porto con
truppe cammellate ben
piazzate nei posti decisionali.
Era già andato
in porto se non fosse
intervenuto quel dispettoso
del Commissario
per i diritti umani che ha
testualmente affermato:
“San Marino non deve
mettere a repentaglio la
libertà dei media”. E c’è
da scommetterci che lo
ribadirà pure nel report
che uscirà dopo l’estate.
Eppure quella composizione
politica al Direttore
della San Marino Rtv
– che evidentemente in
tema di diritti imprescindibili
così competente
non è – piaceva proprio
tanto.
Il dottor Romeo il 2
settembre 2014 si distanziava
dall’Usgi e diceva:
“Se l’organismo che giudica
i giornalisti è tuttointerno alla professione
allora si ha un ordine
che è una corporazione
fascista”. Vien da ribadire
oggi che forse è più
fascista non garantire un
diritto fondamentale.
Poi
aggiungeva: “Sarà da dimostrare
che l’authority
sia composta da persone
non all’altezza. Mi
riservo di essere critico
maggiore nel momento
in cui verranno fuori i
nomi”. Ben conscio che
uno l’avrebbe fatto lui,
senza chiedere niente
a nessuno. O meglio,
probabilmente a Palazzo
lo ha chiesto.
D’altra parte quella
volta, a dargli man forte,
c’era un altro profondo
conoscitore dei diritti
fondamentali, il Segretario
di Stato per la
Cultura, Giuseppe Maria
Morganti, che minimizzava
le criticità sollevate
e non vedeva negativamente
un organismo
esterno alla professione,
di emanazione politica,
che sanzionasse e
controllasse la deontologia
dei giornalisti: “Può
essere una sperimentazione”.
Con loro si sono
schierati tutti quei geni
di consiglieri, prevalentemente
di maggioranza,
che proprio quell’aspetto
della legge hanno sostenuto,
dicendo praticamente:
“Vabbé, è perfettibile.
Si cambierà”.
Certo che il dottor Romeo
e tutti gli altri, non
è che ci abbiano fatto
una bella figura. Da un
lato perché appalesano
falle sulla loro sbandierata
competenza,
dall’altro perché hanno
fatto rimediare una tirata
d’orecchi al Paese che
dice di stare cambiando,
ma poi procede verso la
restaurazione, partendo
dalla volontà subdola di
controllo dei media.
Meravigliarsi che
di fronte a questo il
Commissario dei diritti
umani e il presidente
dell’Ordine dei giornalisti
Enzo Iacopino, boccino
San Marino, è proprio
da bambini dell’asilo…
ma in malafede.