Commissione consiliare Finanze di San Marino, seduta pomeridiana di martedì 8 luglio

Commissione consiliare Finanze di San Marino, seduta pomeridiana di martedì 8 luglio

I lavori si aprono con il comma “comunicazioni”

Il report di AskaNews:

Emanuele Santi (Rete) ha espresso preoccupazione per la mancanza di aggiornamenti sulla situazione del sistema bancario sammarinese, nonostante un impegno formale a convocare Banca Centrale e Cassa di Risparmio. Ha evidenziato l’opacità che circonda la trattativa per la vendita di Banca di San Marino, sottolineando che l’acquirente sarebbe una società bulgara e che la Bulgaria è ancora nella grey list del Moneyval per carenze in materia di trasparenza e antiriciclaggio. Ha poi sollevato interrogativi sulla possibile vendita della banca croata Banka Kovanica, controllata da Cassa di Risparmio, chiedendo trasparenza sulle motivazioni, sui valori dell’operazione e sulle prospettive. Infine, ha criticato l’aumento delle spese correnti nell’assestamento di bilancio, nonostante un quadro già segnato da uscite elevate.

Nicola Renzi (RF) ha condiviso le preoccupazioni espresse da Emanuele Santi sul sistema bancario, sottolineando l’assenza totale di comunicazione da parte del Governo, della Banca Centrale e di Cassa di Risparmio verso il Consiglio. Ha evidenziato come le richieste dell’opposizione per avere aggiornamenti siano rimaste inascoltate. Rispetto all’accordo di associazione l’UE, Renzi ha evidenziato che il nodo della vigilanza bancaria non sia mai stato affrontato adeguatamente dal Governo, nonostante le sue sollecitazioni in passato.

Gaetano Troina (D-ML) è tornato sul tema della vendita di Banca di San Marino: l’assenza di informazioni, secondo il commissario, ha generato confusione e danni d’immagine all’istituto, e si critica l’impostazione adottata dal Governo. Si è quindi soffermato sulla riforma dell’IGR, definita inaccettabile in assenza dell’ICEE, lo strumento di accertamento economico. Il commissario ha contestato l’intenzione di procedere alla riforma fiscale senza aver prima verificato la reale situazione patrimoniale di famiglie e imprese.

Gian Nicola Berti (AR) ha parzialmente dissentito dalle critiche precedenti, sostenendo che ICEE e riforma dell’IGR sono strumenti distinti e non sovrapponibili. Ha smentito l’ipotesi che la riforma fiscale penalizzi i pensionati, affermando che per le pensioni sotto i 23.000 euro l’imposizione fiscale diminuirà, grazie al nuovo sistema di deduzioni. Ha poi criticato il ripetersi delle accuse dell’opposizione, ribadendo che le operazioni relative a Cassa di Risparmio e Banca di San Marino sono già state più volte spiegate e hanno lo scopo di rafforzare il sistema bancario, attrarre liquidità e ridurre il debito pubblico.

Luca Boschi (Libera) ha riconosciuto alcune preoccupazioni dell’opposizione ma ha ricordato che le stesse domande sul sistema bancario se le pone anche la maggioranza da mesi. Ha difeso il ruolo limitato del Segretario Gatti nella trattativa su Banca di San Marino, trattandosi di un’operazione privata, mentre ha definito utile e legittima la cessione di Banka Kovanica. Sull’Accordo con l’UE ha precisato che l’impostazione politica è cambiata, con un ordine del giorno che apre alla collaborazione in materia di vigilanza con paesi terzi. Riguardo alla riforma dell’IGR, ha ricordato l’esistenza di un disavanzo strutturale da colmare e l’importanza di mantenere un buon rating per accedere ai mercati finanziari.

Il Segretario di Stato Marco Gatti ha ribadito che la Bulgaria è membro dell’UE, quindi non può essere discriminata in quanto tale. Ha confermato che la verifica sull’idoneità dell’acquirente spetta a Banca Centrale, non alla politica. Ha difeso la cessione dell’asset di Cassa di Risparmio, che sarà valutata dagli organismi di vigilanza croati, ricordando che la Croazia era in grey list ma ciò non ha mai impedito la trasparenza dell’operazione. Ha chiarito che l’audizione di Cassa è in fase di organizzazione. Sull’accordo di associazione ha ricostruito il percorso negoziale: rifiuto del “modello Monaco”, proposta BCE respinta, e adozione del modello ESA come unica opzione valida e eurocompatibile. Infine, ha spiegato che ICEE non è uno strumento fiscale ma serve a valutare la capacità economica dei cittadini per accedere a prestazioni. “Per quanto mi riguarda, mi sono sempre ben guardato dal dire che la vigilanza è mia, come è stato riferito da qualcuno. Mai detto. Al contrario, ho sempre lavorato affinché il modello di vigilanza fosse sammarinese, e non prevedesse la cessione della giurisdizione a un altro Stato” ha aggiunto il Segretario.

Il comma 2 – Prosecuzione dibattito in seguito all’Audizione di Banca Centrale della Repubblica di San Marino sulle operazioni di cartolarizzazione – si svolge in seduta segreta.

I lavori proseguono con il comma 3: “Esame in sede referente del progetto di legge “Modifiche all’articolo 10 della Legge 29 giugno 2005 n.96 e successive modifiche – Statuto della Banca Centrale della Repubblica di San Marino”.

Di seguito una sintesi dei lavori

Comma 1 – comunicazioni

Emanuele Santi (Rete): Noi, se non ricordo male, abbiamo sottoscritto un ordine del giorno e c’è un impegno per convocare sia Cassa di Risparmio che Banca Centrale per capire quale sia lo stato delle cose sul sistema bancario e finanziario sammarinese.  Dopo ormai tre mesi, ad oggi la cittadinanza ci chiede come stiano le cose nel sistema bancario e finanziario. Allora, sappiamo da una parte che c’è una trattativa in essere per la vendita di Banca di San Marino. Banca di San Marino, come un po’ tutte le banche in questo sistema, ha necessità di risorse fresche, di ricapitalizzazione. Però oggi questa vendita… non si sa niente, al di là di quello che a spot compare sui giornali.  Quello che sappiamo è che questa società bulgara ha fatto un’offerta e che Banca Centrale sta valutando se dare il benestare o meno. Io quello che rilevo — non più tardi di qualche settimana fa — è che il nostro membro presso il Moneyval, il dottor Muccioli, ha rilasciato un’intervista riferendo che il Moneyval da una parte ha portato sulla white list la Croazia — e questo per noi, siccome deteniamo Banka Kovanica, è una notizia buona — dall’altra ha evidenziato due stati ancora in grey list, in cui, insomma, per scarsa trasparenza dei titolari effettivi delle società, per scarsa comunicazione fiscale, ancora oggi due stati — ovvero il Principato di Monaco e la Bulgaria — sono ancora oggi inseriti nella grey list del Moneyval.  Ecco, adesso l’interrogativo è: noi abbiamo una trattativa in essere e in questo momento Banca di San Marino potrebbe essere acquistata da una società bulgara, e la Bulgaria è inserita nella grey list. E io mi chiedo se questo non può comportare risvolti negativi per il nostro Paese. Abbiamo oggi una trattativa per la cessione di una delle banche di sistema a una società che, fra l’altro, ha manifestato — dalle notizie sui giornali — anche criticità per i suoi trascorsi, proprio in tema di antiriciclaggio, per traffici con l’Iran e con la Russia.  Ecco, noi oggi veniamo a sapere che la trattativa è con un soggetto bulgaro che rappresenta, insomma, uno Stato oggi non compliant su quello che riguarda l’antiriciclaggio. Però politicamente, permettetemi, questa è una questione seria. Ci sono solo due Stati in Europa nella grey list. Uno dei due è la Bulgaria. Ed è il soggetto che sta trattando l’acquisto di Banca di San Marino. Dall’altra parte c’è la questione Cassa di Risparmio. Ci auguriamo che a breve Cassa di Risparmio venga a riferire. Noi abbiamo chiesto se è vero che è stata venduta, o si sta vendendo, Banka Kovanica. Anche questo può essere una scelta tecnica, ma prima di dismettere beni dello Stato io mi auguro che qualcuno ci venga a dire il perché, a quali valori, e come mai oggi viene venduta la banca croata di Cassa di Risparmio.  La cosa che mi fa un po’ rabbrividire è che le nostre banche in questo momento, seppure abbiano bisogno di capitali freschi, una volta entrati in Europa potrebbero anche aumentare di valore. Chiedo al Segretario Gatti, se è vero che c’è anche una trattativa per vendere anche Cassa di Risparmio.  Insomma, in questo momento mi sembra che un po’ di chiarezza in quest’aula vada fatta. Perché, insomma, non si scherza su queste cose. Quindi noi chiediamo che Cassa di Risparmio venga audita, che ci venga detto con chiarezza come stanno le cose. Oppure, se ce lo vuol dire lei, Segretario, visto che è qua. Il prossimo Consiglio ci troveremo a discutere della riforma IGR, che abbiamo avuto modo di vedere e che, da quello che abbiamo capito, colpirà i redditi certi, ma non andrà a toccare né il sommerso né chi fa ancora oggi il furbetto. Quindi andrà a toccare personale, dipendenti privati e pubblici. E dall’altra parte, un assestamento di bilancio che, ad oggi, prevede — nonostante un bilancio di previsione che già contiene spese molto più alte di qualche anno fa — 600.000 euro in più di spese correnti.  Quindi da una parte si vanno a chiedere soldi ai contribuenti, e dall’altra non si sta facendo nulla per contenere le troppe spese.  Un segnale forte sarebbe stato necessario, anche alla luce del bilancio di previsione presentato nel 2024, che conteneva già 6–7 milioni di euro di spese in più. Ora ci ritroviamo con un assestamento che prevede altri 600.000 euro di spese correnti. E uno dirà: “vabbè, sono spese normali”… ma se andate a vedere nella tabella che ci ha mandato il Segretario, sono spese correnti: consulenze, cene, pranzi, eventi, trasporti, eccetera. Spese che, sinceramente, lasciano il tempo che trovano.  È ora che si dia un segnale in quest’aula. Non si può continuare a spendere come se non ci fosse un domani.

Nicola Renzi (RF): Ha ragione il consigliere Santi quando ricorda che, come opposizione, abbiamo chiesto a più riprese la possibilità di avere un riferimento generale da parte del Governo, della Banca Centrale e di Cassa di Risparmio sull’andamento del sistema bancario e su quelle che sono le sue prospettive.  C’è un ordine del giorno pendente in Consiglio Grande Generale. Devo dire la verità: c’è stata una disponibilità da parte del Presidente Cecchetti a calendarizzarlo, e spero che venga fatto anche a prescindere dall’ordine del giorno. Comunque auspico che nel prossimo Consiglio venga approvato.  Resto però molto stupito dal fatto che il Segretario Gatti non utilizzi le comunicazioni per aggiornarci su questi temi. Per quanto ci riguarda, le comunicazioni tra Governo e Consiglio, in merito ai temi economico-finanziari, sono completamente interrotte. Anzi, sono inesistenti. Non sappiamo nulla.  L’ultima prova è data dal fatto che abbiamo inviato una lettera al Segretario Gatti e al Congresso di Stato per chiedere la nomina di un membro all’interno del CDA di Cassa di Risparmio. Sapete qual è stata la risposta? Nessuna. Neppure un riscontro di ricezione della missiva. Siamo arrivati a questo punto nei rapporti. Definire questa situazione un “muro contro muro” non è più sufficiente. Siamo ben oltre.  Il Governo vuole fare tutto da solo. Il Segretario Gatti prosegue da solo. Secondo me, finirà per schiantarsi contro un muro. Purtroppo, a pagarne le conseguenze sarà il Paese.  Non è dato sapere nulla sulla questione della vendita di Banca di San Marino. È vero, si tratta di un soggetto privato, ma è evidente a tutti che ha importanti ripercussioni pubbliche. Non si sa nulla nemmeno sulla vendita di Banka Kovanica, né su quanto riguarda il CDA di Cassa di Risparmio. Ho visto nomi circolare, poi sparire, poi essere sostituiti da altri. A un certo punto viene da ridere. Questo è l’atteggiamento totalmente autoreferenziale con cui il Governo sta gestendo tutto. E siamo molto preoccupati.  Ci tengo però a dire una cosa: noi non facciamo solo battaglie contro, facciamo anche battaglie per. In questi giorni ho sentito posizioni allucinanti sull’Unione Europea. Ho sentito tutto e il contrario di tutto. E siamo a un passo dall’Accordo di Associazione, dopo oltre dieci anni dall’avvio del percorso.  Mi sembra incredibile che ci sia ancora chi si interroga se sia il caso di completare questo percorso oppure no. Rimango scioccato. E sapete qual è la cosa che mi dà più fastidio? Il fatto che non si giochi apertamente la partita.  Credo che tutti sappiano che io sono favorevole alla firma dell’Accordo di Associazione. Spero che chi è contrario lo dica apertamente. Che si palesi in maniera chiara. Anche fra le forze politiche. E che queste forze si assumano la responsabilità di spiegare se è possibile presentare una lista nella quale c’è chi è favorevole e chi è contrario all’accordo. Perché questo non è un tema etico: è un tema di prospettiva.  C’è un altro grande punto interrogativo, che mi dispiace molto. Per sei anni, il tema della vigilanza bancaria — che era il nodo cruciale dell’Accordo di Associazione, come andavo dicendo da quando ero Segretario di Stato — è stato taciuto e non affrontato come avrebbe meritato.  Andavo dal Segretario Gatti, chiedendogli, anche in ginocchio, la massima attenzione su questo tema. Gli spiegavo che la proposta di affidarsi al sistema ESA non avrebbe soddisfatto nessuna parte contraente nei negoziati. Gli raccontavo che a me era stato proposto invece il modello del “paese partner”.  La risposta che ricevetti dal Segretario Gatti, circa cinque anni fa, fu: «A te propongono il modello del paese partner perché non sai negoziare. La vigilanza è mia e me la tengo io». Questo fu il tenore della risposta.  Caro Segretario Gatti, queste parole le ha dette lei, in un dialogo con me. Io sono sempre stato presente e coerente, anche oggi. E forse sarebbe stato opportuno che lei dicesse qualcosa in merito durante le comunicazioni, visto che questo è un argomento suo e del quale deve rendere conto.  Qui ce l’hanno tutti con Beccari, ma a me sembra di sognare. Sembra quasi che debba essere io a difendere Beccari. Ma nell’Accordo di Associazione è mancata una cosa fondamentale: la tenuta del negoziato sul sistema bancario e finanziario, in particolare sulla vigilanza bancaria.  Scoprire che esiste un memorandum e che è necessaria un’integrazione senza che la nostra Banca Centrale ne abbia informato l’aula, è davvero una cosa incredibile. Lo volete capire o no?  E ve lo dice uno che, per l’Accordo di Associazione, farebbe qualunque cosa. Compreso — come ho già ripetuto — portare le valigie a Beccari fino a Bruxelles, se fosse necessario. Perché è quello che serve al nostro Paese.  Ma non tollero che si vogliano difendere i vizi del passato. E in questo caso mi riferisco alla Banca Centrale, che non si è mai posta la domanda fondamentale: quale sarebbe stato il modello di vigilanza necessario?

Gaetano Troina (D-ML): La cosa che più dispiace alle forze di opposizione – e credo di aver iniziato a dirlo fin dall’inizio della legislatura, senza purtroppo vedere un cambio di approccio – è la totale mancanza di confronto, su ogni questione. Questo vale in particolar modo per i temi estremamente rilevanti come quelli che stiamo discutendo oggi in questa Commissione, ma in realtà si ripete da tempo in ogni sede istituzionale.  Abbiamo chiesto più volte la possibilità di organizzare incontri, di confrontarci sui provvedimenti prima che venissero portati in aula, e ciò che abbiamo ricevuto – in generale, non mi riferisco solo al Segretario Gatti – è stato o una mancata risposta o, al massimo, l’invio di documentazione asciutta, priva di possibilità di approfondimento o di proposta.  In Commissione ci troviamo sistematicamente a dover recepire meramente ciò che ci viene proposto. Talvolta ci viene concesso un piccolo “contentino”, giusto per dare l’impressione che qualcosa dell’opposizione venga accolto, ma la realtà è una sola: assenza totale di confronto su tutto.  E francamente, non si capisce come si possa pensare di costruire sinergie, di fare sistema, di collaborare su riforme fondamentali per l’ordinamento del nostro Paese, senza il minimo confronto con le forze di opposizione. I colleghi hanno toccato vari temi rilevanti – che, tra l’altro, sono in fase più o meno avanzata – e che non hanno mai visto un vero coinvolgimento delle forze di opposizione.  È stato menzionato l’Accordo di Associazione, è stato menzionato il sistema bancario e la questione di Banca di San Marino. Su questo punto, l’ho già detto più volte: è vero che si tratta di un’operazione privata, ma è altrettanto vero che i passaggi fatti in quest’Aula per agevolare o velocizzare, o comunque imprimere un’accelerazione a quell’operazione, non sono mai stati veramente spiegati, quantomeno formalmente, alle forze di opposizione.  E il dato oggettivo, che ribadisco, è la totale mancanza di informazioni. E se non è il Governo a darle, chi altri dovrebbe farlo? Se non il Governo, almeno la maggioranza, almeno chi è coinvolto direttamente nell’operazione. Perché è doveroso che i cittadini, che leggono e ascoltano le notizie, abbiano la possibilità di capire cosa stia realmente succedendo.  La mancanza di informazioni e la confusione generata attorno a questa operazione hanno fatto solo del male a quell’istituto, ed è evidente, sotto gli occhi di tutti. E dispiace constatare che, per qualche ragione, si sia scelta proprio questa impostazione. Un’impostazione che sembra costruita male e a danno dell’istituto stesso.  Vorrei poi soffermarmi con più attenzione sul tema della riforma IGR. Fin dall’inizio ne ho parlato, e anche nelle ultime sedute di questa Commissione ho ribadito un concetto molto chiaro: non si può pensare di fare una riforma dell’IGR in assenza dell’ICEE.  E invece si sta forzando la mano, accelerando sull’IGR senza nemmeno aver portato l’ICEE in questa Commissione. Come si può pensare di far partire la riforma dell’IGR senza aver prima accertato la reale situazione economica delle famiglie e delle imprese?  Così facendo, si finirà solo per colpire chi ha sempre pagato onestamente le tasse. Chi invece ha sempre aggirato i controlli, proprio perché non esiste uno strumento di accertamento come l’ICEE, continuerà indisturbato a farlo.  Oggi il costo della vita è già elevato: aumentano i prezzi dei beni di consumo, aumentano le bollette, aumentano i costi in generale. E si vogliono anche aumentare le tasse, senza nemmeno avere uno stato di fatto reale ed effettivo della situazione patrimoniale dei cittadini.  Questo è molto grave. E, obiettivamente, non c’è una giustificazione plausibile sul perché si stia portando avanti questa impostazione.  La sensazione è che si voglia semplicemente lasciare le cose esattamente come sono, che si voglia mantenere intatto un sistema che permette ancora troppe zone d’ombra.  Perché l’ICEE è sul tavolo da anni, e ancora oggi non è partito? Non c’è una spiegazione logica. E nessuno l’ha mai fornita.  Ecco, io questa spiegazione la voglio. Perché in assenza di una risposta concreta, continuerò a ribadire che questa riforma dell’IGR, così come viene proposta, porterà soltanto dei danni.

Gian Nicola Berti (AR): Condivido solo in parte il ragionamento precedente, nel senso che ICEE e interventi in materia di IGR purtroppo non si incrociano. Sono due campi che non si sovrappongono neppure per un istante. L’approfondimento che abbiamo fatto in maggioranza – e che forse anche voi avete avuto modo di fare, magari attraverso i sindacati – ci ha portato a concludere che sono due strumenti separati. ICEE è destinato principalmente ai soggetti economici sammarinesi, mentre gli interventi sull’IGR riguardano i soggetti che producono reddito al di fuori del territorio della Repubblica di San Marino.  Credo che, nell’ambito della propria sovranità impositiva, San Marino faccia bene a portare avanti questi interventi, che vanno nella direzione di applicare il principio – valido in tutta Europa – secondo cui le tasse si pagano nel luogo in cui il reddito viene prodotto. È un concetto sacrosanto in Italia e dovrebbe esserlo anche nella Repubblica di San Marino.  Dispiace, però, sentire dal consigliere Santi che gli interventi sull’IGR colpirebbero i pensionati. Su questo punto devo chiedergli di essere preciso, perché ho guardato e riguardato tutte le modifiche previste e non ho trovato nulla che vada in quella direzione. L’unico elemento che potrebbe riguardare i pensionati è legato alle deduzioni: per le pensioni sotto i 23.000 euro, le tasse diminuiranno rispetto ad oggi. Quindi, soprattutto per i redditi più bassi, l’intervento sarà positivo.  Purtroppo, però, continuiamo a sentire le stesse litanie. Il consigliere Santi torna anche sul tema della Cassa di Risparmio e della Banca di San Marino, dicendo che non è stato detto nulla. Eppure, credo che sia la terza o la quarta volta che ne parliamo e che viene spiegato il perché di certe operazioni. L’intervento su Cassa di Risparmio è stato fatto perché utile, perché porta nuova liquidità, crea reddito e consente allo Stato di ridurre il proprio debito irredimibile. È un’operazione utile.  Poi si parla del tema della trasparenza e del fatto che la Bulgaria sia in grey list. È un dato oggettivo, ma c’è un punto: anche se un cittadino bulgaro, attraverso una persona giuridica europea, acquista qualcosa, questo non significa automaticamente mancanza di trasparenza. Anzi, potrebbe significare l’esatto contrario, se i fondi sono in un contesto europeo regolato. Quindi attenzione a non dare giudizi affrettati.  Vorrei tornare su un punto fondamentale: la trasparenza, l’autonomia e l’indipendenza di Banca Centrale. Su questo ci siamo battuti e continueremo a farlo. Ma proprio per rispettare quell’indipendenza, certe decisioni – come la valutazione di queste operazioni – non spettano al Segretario di Stato alle Finanze. Sono competenze della divisione vigilanza di Banca Centrale, che oggi è una struttura al di sopra di ogni sospetto. Possiamo e dobbiamo avere fiducia che farà il proprio dovere.  Lo dico per rispondere, pur senza sapere se poi lo farà anche il Segretario di Stato: se continuiamo a perderci nelle speculazioni, diventa difficile che questa Commissione Finanze possa svolgere un ruolo utile, concreto e collaborativo.

Luca Boschi (Libera): Anch’io vorrei rispondere ad alcune osservazioni mosse dalle opposizioni, delle quali posso condividere alcune preoccupazioni. Tuttavia, come osservava anche il consigliere Berti, le domande che il commissario Santi ha posto in relazione al sistema bancario-finanziario non sono affatto nuove: sono le stesse che tutti, maggioranza compresa, ci poniamo ormai da circa tre mesi. Ma bisogna anche chiedersi se l’interlocutore al quale si rivolgono sia quello corretto. Sulla trattativa relativa a Banca di San Marino, ad esempio, siamo stati tutti informati informalmente, fuori da Palazzo, attraverso i rapporti personali che ciascuno di noi ha con l’Ente Cassa. È vero che si tratta di una trattativa privata, ma con implicazioni sistemiche importanti, quindi è evidente che la politica deve tenerne conto.  Tuttavia, è realistico pensare che il segretario Gatti possa essere stato eventualmente informato soltanto in sede di CCR, perché non vedo altre modalità attraverso cui il segretario delle Finanze possa essere messo a conoscenza di certe dinamiche riservate. Per questo motivo, più che chiedere interventi diretti della politica, mi preoccuperei se proprio il segretario Gatti o qualsiasi altro membro del governo dovesse intercedere in una trattativa che deve mantenere una dimensione privata e autonoma. Diverso il discorso che riguarda Banca Kovanica, perché in quel caso si parla di una cessione da parte dello Stato. Pertanto non c’è un problema di vigilanza per noi, ma sarà piuttosto la Croazia a dover valutare il soggetto acquirente. E anche su questo punto, come ha detto il commissario Berti, ritengo si tratti di un’operazione potenzialmente utile e vantaggiosa.  Riguardo al tema dell’Unione Europea, il commissario Renzi ha sollevato un’accusa importante, indicando anche la Banca Centrale come soggetto destinatario e riferendo dichiarazioni attribuite al segretario Gatti. Non so se quel dialogo si sia effettivamente verificato, ma posso dire che nei fatti quelle parole sono comunque smentite da quanto il Consiglio Grande Generale ha approvato. È stato infatti adottato un ordine del giorno, su iniziativa della maggioranza e condiviso con il Congresso di Stato, che prevede la possibilità di valutare forme di collaborazione in materia di vigilanza bancaria anche con paesi terzi, e non esclusivamente con l’Italia. Quindi, anche se quelle espressioni fossero state effettivamente pronunciate, l’impostazione politica assunta va in un’altra direzione.  Sul tema dell’IGR, in questi giorni abbiamo letto interpretazioni e cronache piuttosto fantasiose di quanto accade all’interno della maggioranza. In realtà non c’è nulla di strano: esiste la consapevolezza condivisa della necessità di intervenire su quel sistema. C’è un disavanzo strutturale nel bilancio dello Stato di circa 20 milioni, che non ha bisogno di spiegazioni: serve a coprire le spese esistenti. È evidente, però, che accanto a un intervento fiscale debbano esserci anche altri strumenti, in particolare quelli rivolti alla revisione e al contenimento della spesa. Siamo d’accordo sul fatto che la gestione e l’impiego delle risorse siano un punto altrettanto cruciale. In questo senso, anche all’interno della maggioranza sono stati avanzati rilievi e osservazioni sul testo della riforma IGR che verrà presentato in prima lettura. Il testo è stato depositato la settimana scorsa e continuerà a essere migliorato, perché tutti i provvedimenti sono perfettibili.  Una delle ragioni per cui l’intervento sull’IGR è considerato prioritario riguarda anche la valutazione dei nostri indicatori da parte delle agenzie e degli osservatori internazionali. Si tratta di un aspetto fondamentale, perché influenza direttamente le condizioni con cui potremo accedere in futuro ai mercati finanziari, ad esempio con nuove emissioni di debito pubblico. Quando si lavora con i mercati internazionali, è noto che un buon rating consente condizioni migliori, e questo vale anche nel momento in cui si dovesse procedere a operazioni di rollover. Su questo, come già dichiarato in aula, intendiamo agire con strumenti diversificati, utilizzando diversi tipi di emissione e soggetti gestori. Infine, vorrei dire qualcosa sul tema dell’ICEE, che sappiamo tutti essere uno strumento al quale teniamo molto. Di solito, nei sistemi più evoluti, l’ICEE si basa sull’IGR, non sull’imposta generale sui redditi. Non è uno strumento di controllo fiscale, ma serve a misurare la capacità economica delle persone per l’accesso a servizi aggiuntivi, come le provvidenze. È chiaro che ICEE e IGR si possono integrare, ma vanno considerati per quello che sono. L’ICEE che vorremmo introdurre, e che siamo pronti a discutere anche domani, inizialmente avrà un carattere sperimentale, con una fase di uno o due anni, e rimandarlo ulteriormente significherebbe spostare ancora una riforma che tutte le forze politiche, anche Rete nella scorsa legislatura, dichiaravano necessaria.

Sara Conti (RF): Vorrei solo fare alcune considerazioni che mi erano venute in mente e che sono state anche un po’ rafforzate da quanto detto prima di me dal commissario Troina, in particolare sul preoccupante emergere di quelle che potremmo definire nuove povertà, o comunque sulla presenza crescente di famiglie in difficoltà all’interno del territorio sammarinese. Una situazione alla quale, fino a due o tre anni fa, non eravamo realmente abituati. Si tratta di un’emergenza testimoniata anche dalla Caritas, alla quale è stato dedicato un articolo che mi è capitato di leggere proprio qualche settimana fa, in cui si parlava delle nuove povertà e si ricostruiva una situazione piuttosto preoccupante, riferendo di 51 famiglie residenti, per un totale di 132 persone, che mensilmente usufruiscono dei servizi della Caritas.  Le problematiche sono legate principalmente all’inflazione, che ha determinato un’erosione della capacità di spesa delle famiglie. A questo si è aggiunta la difficoltà nel trovare casa e il mantenimento di prezzi molto alti. Su questo tema si è discusso a lungo, anche in Consiglio, con diversi interventi in comma comunicazioni, e persino con un progetto di legge annunciato da un segretario di Stato, che avrebbe dovuto risolvere l’emergenza abitativa. È vero che non è passato molto tempo da allora, quindi forse è presto per trarre delle conclusioni definitive sugli effetti di quel provvedimento, ma a noi pare che, per ora, la situazione non sia cambiata. Le difficoltà a trovare appartamenti persistono, i prezzi restano alti, e i proprietari continuano – legittimamente – a preferire i residenti atipici. Invece di proseguire con queste politiche che sono poco più che slogan pubblicitari, portate avanti da certi segretari senza ottenere risultati concreti, forse sarebbe più utile cambiare approccio.  Dall’altra parte, c’è anche una politica economica che ci riguarda da vicino, soprattutto in questa sede della Commissione Finanze. Una politica che abbiamo definito preoccupante, perché ci sembra fortemente autoreferenziale, nella quale i poteri si concentrano sempre più in capo all’esecutivo. Lo vedremo, ad esempio, nel progetto di legge per l’emissione dei titoli di Stato, dove si prevede che il Congresso di Stato possa decidere, con un semplice regolamento, le caratteristiche delle emissioni di debito. Ci pare una direzione pericolosa, che ci preoccupa molto. Speriamo che anche tra i consiglieri e i commissari di maggioranza vi sia maggiore attenzione nei confronti del progetto di legge che ci apprestiamo a esaminare e votare, così come rispetto all’operato del Congresso di Stato. Questo metodo, che si perpetua nel tempo, si unisce anche a una certa disinvoltura nella spesa pubblica: assistiamo a un continuo susseguirsi di delibere che autorizzano spese per le più svariate iniziative e consulenze. Da un lato, quindi, siamo preoccupati perché la situazione del Paese richiederebbe un atteggiamento più prudente e oculato; dall’altro, il cittadino che guarda il TG San Marino o legge i giornali può essere indotto a pensare che tutto vada bene, perché il segretario afferma costantemente che l’economia è florida, i rating sono positivi e quindi vi sarebbe margine per spendere con tranquillità.  Noi sappiamo bene che non è così. E la dimostrazione di ciò non ha tardato ad arrivare, con il deposito della bozza di legge sulla riforma dell’IGR. Non siamo contrari in linea di principio alla riforma dell’IGR, anzi sappiamo bene che è da tempo richiesta anche dagli organismi internazionali e che occorre portarla avanti. Tuttavia, la riforma così come ci è stata presentata è problematica: detta in termini semplici, mette le mani nelle tasche dei cittadini. Questo è l’effetto concreto della proposta, alla quale non possiamo dirci soddisfatti. Inoltre, siamo stati messi a conoscenza della bozza solo una volta depositata. Se questo è il metodo di condivisione su cui si vogliono affrontare tematiche così importanti, allora non può funzionare.

Segretario di Stato Marco Gatti: Una breve replica. Intanto, su Banca di San Marino condivido quanto già affermato negli interventi della maggioranza, ma voglio aggiungere anche un altro elemento su cui porre attenzione. Fino a prova contraria – e potrei anche sbagliarmi – la Bulgaria è un Paese membro dell’Unione Europea e fa parte dell’Eurosistema. Non mi risulta che sia stato escluso. Quindi, prima ancora di aver aderito al mercato unico, rischiamo paradossalmente una procedura di infrazione per discriminazione sulla base della nazionalità, perché qualcuno si permette di dire che i bulgari non li vogliamo. Ma i bulgari sono cittadini europei. Condivido quindi l’affermazione di chi sostiene che spetti alla Banca Centrale effettuare le dovute verifiche: se mancano trasparenza negli assetti societari o nella provenienza dei fondi, allora è giusto negare l’operazione. Ma questa è un’attività che non compete alla Segreteria di Stato. E condivido anche che la Segreteria di Stato non debba intervenire per stabilire se una determinata operazione si debba fare o meno. In questo caso, infatti, non stiamo parlando di un Paese per il quale la comunità internazionale – o l’Europa stessa – chiede attenzione o impone restrizioni. Si tratta, invece, di un Paese membro della Comunità Europea. Quindi, chiedo maggiore attenzione e rispetto nei confronti degli investitori: se questi non saranno idonei, sono certo che le nostre autorità non concederanno l’autorizzazione.  Per quanto riguarda Cassa di Risparmio, sappiamo che è in corso una trattativa per la vendita di un asset. Credo che questa trattativa sia in fase definitoria, le condizioni sono state contrattate, e adesso saranno oggetto di valutazione da parte degli organismi di vigilanza, probabilmente non sammarinesi, ma sicuramente croati. E vorrei anche ricordare che la Croazia è stata nella grey list fino a poco tempo fa, e ciò non ci ha impedito di detenere una partecipazione in una banca operante in quel territorio. Una banca che ha lavorato in modo trasparente, anche se il Paese in cui si trovava presentava alcune criticità. Perché non è affatto detto che le criticità di un Paese si traducano automaticamente in problematiche per gli operatori economici che vi operano. Dipende da come questi si pongono.  Per quanto riguarda l’audizione su Cassa di Risparmio, mi risulta che il presidente si sia attivato per trovare una data utile, in concomitanza con la disponibilità delle aule consiliari. In quell’occasione, ci sarà modo di rivolgere tutte le domande direttamente ai vertici dell’istituto, cioè a coloro che hanno preso la decisione di cedere un asset alle condizioni definite.  Passando all’accordo di associazione, e in particolare al protocollo finanziario, ricordo che siamo partiti nel 2020 da una proposta lasciata dal precedente governo, che era il cosiddetto “modello Monaco”, cioè la cessione della giurisdizione. Noi abbiamo rigettato quel modello, perché riteniamo che i nostri organismi siano perfettamente in grado di vigilare e di operare con le stesse garanzie degli altri. Abbiamo quindi presentato alla Commissione Europea una proposta per entrare nel Meccanismo Unico di Vigilanza gestito dalla BCE. Ma la Commissione ha respinto questa possibilità, dicendo che un Paese terzo, anche se associato, non può entrare in quel meccanismo. Di conseguenza, la Commissione ci ha proposto il modello delle ESA. Quindi, o accettavamo quel modello, oppure non si sarebbe potuto concludere alcun accordo. Il modello delle ESA resta, infatti, il riferimento; il “clarify addendum” non lo ha superato. Il modello resta quello e l’addendum non può contraddire l’allegato al protocollo finanziario dell’accordo di associazione, altrimenti sarebbe invalido. È la Commissione Europea a svolgere il ruolo di arbitro in ogni accordo, anche in quelli tra San Marino e l’Italia, oppure tra autorità sammarinesi. L’accordo e i modelli applicati devono restare pienamente eurocompatibili.  Per quanto mi riguarda, mi sono sempre ben guardato dal dire che la vigilanza è “mia”, come è stato riferito da qualcuno. Mai detto. Al contrario, ho sempre lavorato affinché il modello di vigilanza fosse sammarinese, e non prevedesse la cessione della giurisdizione a un altro Stato. Per me è un’assurdità che una banca che ha sede a San Marino debba rispondere a un’autorità di vigilanza diversa da quella sammarinese, anche se allineata e compatibile. È questo il principio per cui abbiamo lavorato ed è questo ciò che abbiamo portato a casa.  Infine, sul discorso dell’ICEE, è stato detto correttamente che non si tratta di uno strumento di controllo fiscale. L’ICEE esprime un indice di capacità del soggetto, che è una combinazione tra reddito e patrimonio, e serve a stabilire il diritto o meno a determinate prestazioni. Non ha finalità fiscali: non è che dall’ICEE scaturiscono controlli. Semmai, una dichiarazione falsa in sede ICEE può eventualmente generare dei controlli fiscali, ma non è questo il suo scopo. ICEE e IGR sono strumenti diversi, ma complementari. Possono aiutarsi a vicenda, possono essere portati avanti insieme o anche separatamente, ma l’uno non è condizione necessaria per l’altro. Hanno finalità e ambiti differenti, entrambi importanti per il nostro sistema.

Nicola Renzi (RF): So che nelle comunicazioni non sono previste repliche, quindi mi limito a una semplice risposta.  La prima è una precisazione. Quando ho detto che il Segretario mi aveva trasmesso il messaggio “la vigilanza è mia, me la gestisco io”, non intendevo certo alludere al fatto che Gatti svolgesse direttamente la vigilanza. Intendevo piuttosto sottolineare che la sua impostazione politica fosse orientata a mantenere integralmente la vigilanza nelle mani sammarinesi, senza alcun rapporto contrattuale ulteriore con altre realtà. Tengo a chiarire questo punto.  In secondo luogo, mi dispiace che il Segretario di Stato affermi che il modello da noi sostenuto fosse quello di Monaco, perché non è vero. Il cosiddetto “modello paese partner” non corrisponde affatto, in modo semplice e diretto, al modello Monaco. Esistono relazioni molto articolate – e questa volta è il caso di citarle – redatte all’epoca da funzionari della Banca Centrale, che analizzavano il sistema del “paese partner” non certo con riferimento esclusivo a Monaco. Anzi, si faceva esplicito riferimento a molti altri sistemi adottabili. Il sistema delle ESA, invece, non poteva essere soddisfacente. Ma, detto ciò, nessuno – in buona fede – avrebbe potuto pensare che alla Repubblica di San Marino, in qualità di Stato associato, potessero essere concessi gradi di vigilanza inferiori rispetto a quelli previsti per istituti di credito appartenenti a Paesi membri dell’Unione Europea. È evidente per chiunque che quegli istituti non sono vigilati solo dalle ESA, ma – nel caso delle banche significative – sono vigilati direttamente dalla Banca Centrale Europea, e poi, a cascata, anche dalle autorità nazionali di vigilanza. Questo era chiarissimo fin dall’inizio. Era banale comprenderlo. Abbiamo perso sei anni – non sei mesi – inseguendo un’impostazione che si è rivelata, appunto, non realistica.  Se poi la Commissione Europea ha cercato una via d’uscita più semplice, capace di accomodare tutti, io ci posso anche credere. Ma ciò che continuo sinceramente a non comprendere è come sia possibile che il Ministero delle Finanze italiano, nei confronti della Segreteria delle Finanze sammarinese, e la Banca d’Italia, nei confronti della Banca Centrale di San Marino, pur intrattenendo – come dichiarato – rapporti di confronto quotidiano, non abbiano comunicato preventivamente le loro perplessità sulla parte dell’accordo di associazione riguardante il settore bancario e finanziario.  Mi chiedo come sia possibile che, in uno spirito che avrebbe dovuto essere di amicizia, buona fede e collaborazione, queste autorità non abbiano informato i propri interlocutori sammarinesi del fatto che avrebbero sollevato rilievi davanti alla Commissione Europea. Tanto più se, come si è poi visto, erano già pronte a proporre una soluzione alternativa. Questo, francamente, io non riesco a spiegarmelo, nemmeno da un punto di vista diplomatico.

Emanuele Santi (Rete): Vorrei, visto che mi è stato risposto su Banca Kovanica, ribadire un concetto molto semplice: Cassa di Risparmio detiene Banca Kovanica. E Cassa di Risparmio, lo sappiamo tutti, è pubblica, è dello Stato. Quindi, di riflesso, anche Banca Kovanica è pubblica.  Allora, io non voglio entrare nel merito della convenienza o meno di venderla. Non è quello il punto oggi. Il punto è un altro: è accettabile che possiamo venire a sapere dai giornali che è stato venduto un bene dello Stato? Che un asset così importante viene dismesso, e qui, in quest’aula, a noi non viene detto nulla? Ma è possibile questo? È normale?  Io chiedo ai consiglieri di maggioranza: sapete quanto è stata venduta questa banca? Lo sapete? Sapete quanto utile fa ogni anno? Sapete quanto ha messo Cassa di Risparmio in questa banca in tutti questi anni? Avete questi numeri? O devo venire qui io a darveli?  Allora, visto che stiamo facendo questo “giochino”, vi ricordo che la Commissione d’inchiesta del 2021 ha scritto nero su bianco nella sua relazione cosa è successo con Banca Kovanica. Lo volete sapere? Ve lo dico io.  Banca Kovanica è stata acquistata nel 2007. Lo Stato – attraverso Cassa di Risparmio – ha messo, nel corso degli anni, 84 milioni di euro. 84 milioni. E sapete quanto è stata svalutata? Per 63 milioni. Oggi ha un capitale sociale di 20 milioni.  Quindi la domanda è: a quanto è stata venduta? A 20? A 25? Chi recupera i 60 o 70 milioni che ci abbiamo messo dentro? Come giustifichiamo una vendita del genere, quando questa banca anche quest’anno ha chiuso con 5 milioni di utile? È forse l’unica azienda pubblica che fa utili. L’unica. E noi cosa facciamo? La vendiamo.  Poi sento dire che la Croazia è entrata in white list. Benissimo. Ma se l’accordo con l’Unione Europea non si fa, com’è la situazione adesso – e mi pare che si stia un po’ impantanando – Banca Kovanica potrebbe diventare strategica. Perché? Perché è già in Europa, è in un paese in white list. Se le cose vanno bene, sia Cassa di Risparmio che Banca Kovanica possono aumentare di valore. E invece il pensiero più forte che avete è quello di vendere. Di vendere i beni dello Stato.  Ma di cosa stiamo parlando? Ma davvero, di cosa stiamo parlando? E intanto continuiamo a venire a sapere certe cose dai giornali. È una presa in giro. È una presa in giro.

Gian Nicola Berti (AR): Consigliere Santi, vede… c’è uno strumento che si chiama azione di responsabilità nei confronti degli amministratori. E questo perché le decisioni di cui stiamo parlando non competono al socio, ma competono agli amministratori. Sono loro a prenderle, nell’ambito dei poteri che la legge gli assegna, e con tutte le responsabilità che ne derivano.  Esiste un organismo, il collegio sindacale, che ha poteri di vigilanza e controllo sugli amministratori. E oltre a questo, per quanto riguarda la verifica degli equilibri di bilancio e dei conti della società, esiste anche una società di revisione.  Le posso assicurare, consigliere Santi, che io stesso ho appreso da lei della cessione di Banca Kovanica, quando lei ha sollevato il tema in Consiglio. È stato in quell’occasione che ci sono stati forniti i primi riferimenti e riscontri. Fino a quel momento, personalmente non sentivo la necessità di sapere cosa compra o vende Cassa di Risparmio.  Naturalmente, se viene posta una domanda, una risposta deve essere data. Ma bisogna anche stare attenti: queste sono scelte che spettano agli amministratori, non al socio. Perché se il socio interviene direttamente su queste decisioni, si toglie agli amministratori la responsabilità. E a quel punto, questi potrebbero iniziare a compiere scelte anche contro l’interesse della banca, e perfino contro i propri stessi interessi – visto che oggi gli amministratori rispondono, sia per ciò che fanno sia per ciò che non fanno.  Nel sistema bancario le cose vanno fatte, e vanno fatte bene. E chi le fa ne risponde, punto. Per questo dico che gli amministratori di Cassa di Risparmio devono essere chiamati a rispondere, se davvero hanno compiuto una vendita contraria all’interesse della banca. Ma se invece la vendita è stata nell’interesse di Cassa, allora bisogna anche riconoscerne il merito.  Diversamente, se si tratta di una scelta dannosa, allora sì, è giusto avviare un’azione di responsabilità. Questo spetta al socio. Ma, come sa bene anche lei, esistono molti altri strumenti di tutela, anche per i creditori. E le responsabilità possono essere anche di natura penale, quindi non è che manchino le leve per intervenire.  E questo, consigliere Santi, vale anche per lei: se ritiene che sia stato violato l’interesse pubblico, ha tutti gli strumenti per agire. Ma io continuo a credere che la vera tutela dell’interesse pubblico passi prima di tutto da una cosa: la tutela dell’indipendenza degli amministratori.

Gaetano Troina (D-ML): Rispondendo anche al commissario Berti, che è appena intervenuto, pur condividendone la sostanza dell’intervento, ritengo doveroso sottolineare che è comunque diritto del socio – e quindi della Commissione Finanze – sapere come stanno le cose. Perché se non si conosce la situazione, diventa difficile anche valutare se esistano o meno i presupposti per un’azione di responsabilità. È evidente, quindi, che sapere come stanno le cose è un passaggio preliminare. Ritengo, pertanto, che la richiesta del commissario Santi sia più che legittima.  Volevo poi aggiungere qualcosa riguardo ad alcuni interventi dei consiglieri di maggioranza che sono intervenuti prima di me in risposta al mio intervento sul tema IGR–ICEE, argomento su cui anche il Segretario si è espresso.  È vero che i due strumenti possono procedere su binari paralleli, ma insisto con forza sul tema ICEE perché ritengo che quello strumento – incrociando i dati già in possesso della pubblica amministrazione – possa far emergere situazioni che oggi non sono del tutto chiare né trasparenti.  Soltanto quando si ha consapevolezza della reale consistenza patrimoniale di un singolo o di una famiglia si può legittimamente imporre una tassa calcolata in maniera proporzionata e adeguata. Questo è il mio punto di vista: io pago le tasse perché rientro in una determinata classe reddituale, e le pago in base a quella collocazione. Ma se non è chiara la mia classe reddituale, allora non pagherò le imposte nella misura corretta.  Dunque, prima di tutto deve emergere in modo chiaro in quale classe reddituale ricade il mio nucleo familiare, e io come singolo. Solo successivamente mi può essere imposta una tassa sulla base della fascia di reddito alla quale appartengo.  L’ICEE, dal mio punto di vista, dovrebbe servire proprio a questo: a definire in modo oggettivo la situazione patrimoniale dei singoli e delle famiglie. In assenza di questo strumento, si continuerà a utilizzare i criteri finora adottati, e quindi non ci sarà quella equità che invece è fondamentale, soprattutto nel momento in cui si affronta una riforma come questa.

Comma 3 – Esame in sede referente del progetto di legge “Modifiche all’articolo 10 della Legge 29 giugno 2005 n.96 e successive modifiche – Statuto della Banca Centrale della Repubblica di San Marino” (presentato dalla Segreteria di Stato per le Finanze e il Bilancio).

Segretario di Stato Marco Gatti: Abbiamo lavorato, come Segreteria alle Finanze, per portare una serie di interventi di modifica dello Statuto di Banca Centrale che sono perlopiù legati ad un riallineamento normativo, e poi per regolare meglio quello che è il segreto d’ufficio anche alla luce dei confronti che Banca Centrale ha avuto con l’EBA.  Uno degli allineamenti più importanti è proprio quello del segreto d’ufficio, perché deve essere assolutamente conforme e speculare a quelli che sono, gli indirizzi, i regolamenti comunitari, perché diversamente le Banche Centrali degli altri paesi e della Comunità Europea non sottoscriverebbero degli accordi di scambio di informazioni.  Non è che il regolamento era completamente disallineato, però in alcuni casi era, diciamo, da accompagnare, da interpretare. Quindi a seguito di questi, diciamo, confronti, Banca Centrale ha elaborato tutta una serie di modifiche che sono quelle che poi vengono sottoposte oggi alla Commissione. Durante il Consiglio di gennaio avevo già distribuito una tabella comparativa di quelle che potevano essere le proposte di modifica dello Statuto di Banca Centrale.

Nicola Renzi (RF): Questo progetto nasce in un periodo estremamente complicato, nel quale — se non ricordo male — fu anche commissionato un parere a uno studio legale italiano, costato tra i 20mila e i 30mila euro. Tanto per gradire, visto che pagano i sammarinesi, e quindi è sempre bene fare anche questo tipo di operazioni.  Il progetto di legge fu depositato in perfetto stile Segretario Gatti, cioè senza alcuna informazione, senza che nessuno ne sapesse nulla. Noi di RF avevamo già detto dalla scorsa legislatura una cosa molto semplice: il Consiglio Direttivo, così come era stato configurato, era illegittimo per un motivo preciso.  C’erano diversi vizi. Il primo: il nostro Paese, quando trova dei “salvatori della patria”, tende a rinominarli prima della scadenza, come se fosse ormai diventata un’abitudine. Ma in quel caso specifico era successo qualcosa di ancora più chiaro: il Consiglio Grande e Generale aveva effettuato due nomine, entrambe di cittadini italiani non residenti a San Marino. Secondo noi, doveva entrare in carica il primo nominato. E invece, al primo nominato venne inviata una lettera per dirgli di restare a casa, e rimase l’attuale Presidentessa Tomasetti.  Questo fu un procedimento che noi non riuscimmo in nessun modo a scalfire, ma era chiarissimo: la presidente sarebbe dovuta rimanere in carica fino alla scadenza del suo mandato. A quel punto, scaduto il mandato, il Consiglio aveva nominato due persone. Era evidente che dovesse entrare quella nominata per prima, e tra l’altro anche con più voti. Il che la dice lunga: perché quando bisogna parlare sui giornali, si dice che è bravissima, unica, irripetibile, ma poi in Consiglio prende una manciata di voti. Segno che i consiglieri, nel segreto dell’urna, dicono davvero quello che pensano. Quella fu la grande vexata quaestio che aprì la prima questione sulla legittimità del Consiglio Direttivo. Poi si andò avanti, ci furono nuove nomine in questa legislatura, alcuni passi falsi, e via dicendo. Oggi abbiamo un Consiglio Direttivo che rispetta i parametri previsti per legge. Ma la prima cosa che il governo pensò di fare fu di cambiare la legge.  Faccio un paragone: c’è una legge di rango costituzionale che prevede determinate scadenze e obblighi. Chi è stato nominato dirigente esterno del Tribunale può stare in carica solo per un certo periodo. Qual è la soluzione? Semplice: si porta in Consiglio un testo con i due terzi, si cambia la legge costituzionale e si fa come si vuole. Le leggi costituzionali sono trattate così. Per Banca Centrale è lo stesso. Ci si accorge di aver nominato un non sammarinese di troppo? Si cambia la legge, magari anche retroattivamente, per sanare situazioni passate.  Una cosa, a mio avviso, inconcepibile. Il legislatore aveva previsto le maggioranze qualificate proprio per favorire una mediazione, una condivisione delle regole di base. Le maggioranze dei due terzi servono solo a quello: ad essere divisi su tutto, ma a contarsi quando c’è da fare “la cosona grossa”. È stato così per la passata maggioranza, ed è così per l’attuale. Francamente, questa maggioranza lo fa con meno decoro, più sfacciatamente. Ma è una scelta politica, che giudicheranno i cittadini elettori quando saranno chiamati a farlo.  Questa è la cornice. Ma la cosa più incredibile è che questo progetto di legge — che aveva un unico articolo, un testo ad hoc minimale — è stato lì mesi a “covare”. Ringraziamo la Presidente che, in un afflato di generosità verso l’opposizione, ci ha inviato sabato o domenica gli emendamenti. Possiamo solo ringraziarla: io, prima di oggi, non avevo mai visto che fosse il Presidente della Commissione a inviarli. Di solito è il Governo che li manda. Ma il Governo, niente: non risponde nemmeno alle lettere. Per il Governo, l’opposizione non esiste.  Il Segretario Gatti ragiona così: fa quello che gli pare. Noi siamo qui a ricordargli che ci siamo e che abbiamo letto quegli emendamenti. E siamo rimasti stupiti: perché un testo depositato in prima lettura, che diceva “dobbiamo cambiare la composizione del Consiglio Direttivo perché così non va bene”, oggi torna sostanzialmente com’era prima. E in più ci vengono consegnati altri 15 emendamenti che cambiano radicalmente lo statuto della Banca Centrale.  È assurdo, completamente assurdo. E sono pratiche inaccettabili. Per un consigliere, non dovrebbe essere accettabile questo modo di procedere. Ci vuole poco per far funzionare le cose. Bastava che un mese fa il Segretario Gatti ci avesse convocati per dirci: “Signori, vogliamo mantenere quel testo com’era perché avevate ragione voi”. Avremmo ringraziato. E se ci avesse detto anche: “Cambiamo altri 15 articoli”, forse avremmo potuto dire qualcosa nel merito e dare il nostro apporto.  Invece, noi come forza politica abbiamo deciso di non presentare emendamenti. Ne avremmo voluti fare, ma ci siamo rifiutati. Ci arrivano gli emendamenti il sabato, a sorpresa, e ci si aspetta che reagiamo con serietà. Allora abbiamo deciso di commentare man mano, a partire da ora.  Nella scorsa legislatura c’erano consiglieri ai quali dobbiamo riconoscenza. Volevano capire fino in fondo, e ci proposero una battaglia comune, perché lo statuto della Banca Centrale è troppo delicato per essere riscritto come vuole uno, magari direttamente da Banca Centrale. Già questa è una follia: la Banca Centrale scrive il proprio statuto, lo manda al Consiglio, e il Consiglio lo approva a scatola chiusa?  Quei consiglieri riuscirono a far approvare un ordine del giorno che prevedeva che lo statuto venisse riscritto insieme. È ancora valido, ma Gatti se n’è completamente fregato. Oggi ci porta 15 emendamenti, nuovi nuovi, probabilmente provenienti dalla stessa Banca Centrale. Questo è quanto è accaduto. E chi dice che non è vero, mente. Il confronto è stato pari a zero.  Il Governo arriva con il pacchetto già confezionato, pretende il silenzio, e si va avanti. Continuerete con questa arroganza, ma poi vi si ammassano i problemi. E i nodi verranno al pettine. I sammarinesi se lo ricorderanno, statene certi. Sta già succedendo.  Per quanto riguarda la Banca Centrale, vogliamo dire due o tre cose. Vorremmo che fossero chiare le possibilità di azioni di responsabilità nei confronti dei membri del Direttivo. Vorremmo che fossero definiti con chiarezza i doveri e i compiti degli organi di vigilanza. Perché l’autonomia si bilancia con l’obbligo di rendere conto.  Avremmo preferito mandati più brevi, ad esempio tre anni, rinnovabili al massimo una o due volte. Avremmo voluto che il Presidente della Banca Centrale fosse un sammarinese. In un’audizione — segreta — un rappresentante ha definito questa proposta “provinciale”. Ma come si permette? Il rappresentante di un’istituzione come la Banca Centrale deve condividere il progetto di vita del Paese. È troppo facile altrimenti.  Il passato ci ha insegnato molto. Quando abbiamo dovuto mandare via certe persone, l’abbiamo fatto tardi, perché certe regole lo consentivano. Ma ora si blindano sempre di più: per mandare via qualcuno ci vuole l’unanimità. Come se certe figure fossero intoccabili.  E invece in questo Paese ci sono consiglieri che fanno politica per servire la Repubblica, senza tutele, senza garanzie, senza stipendi, esposti ogni giorno al pubblico ludibrio. E poi ci sono altri che prendono centinaia di migliaia di euro, e a loro facciamo le leggi per farli stare tranquilli. Questo è un sistema che tende a svuotare il ruolo della politica e del Consiglio Grande e Generale.

Sandra Stacchini (PDCS):  Faccio anch’io mea culpa, perché faccio parte di quei consiglieri che non avevano visto questa tabella, sebbene — giustamente — sia stata pubblicata il 13 gennaio dalla Segreteria istituzionale, e in effetti il Segretario ce l’aveva consegnata. Per cui, mea culpa: non l’avevo vista.  Possiamo migliorare nella comunicazione? Forse sì.  Però ho avuto l’opportunità di leggerla nel dettaglio, e devo dire che le modifiche apportate non sono frutto di un capriccio del Segretario, ma sono il risultato di un confronto con l’EBA, per rendersi conformi alla normativa europea.  Non ho trovato elementi negativi, anzi: mi sono sembrati tutti condivisibili. E non ho individuato temi che possano destare allarme.  Analizzeremo comunque articolo per articolo, ma ritengo che le modifiche abbiano una loro ragione di essere.

Emanuele Santi (Rete): Io parto dalle considerazioni prettamente politiche. Eravamo venuti qui per discutere di questo provvedimento di modifica di un articolo dello statuto di Banca Centrale, e ci ritroviamo con un primo emendamento che, incredibilmente, ripristina la situazione com’è oggi. La cosa che non va è che poi il Governo ha depositato tutta una serie di emendamenti che modificano in modo sostanziale lo statuto di Banca Centrale.  Su questo punto, devo dire che considero questo progetto di legge, di fatto, un cavallo di Troia. Prima si deposita per cambiare un singolo aspetto, poi si torna indietro su quello, ma intanto si modifica tutto il resto. Sono molto critico, perché indipendentemente da ciò che il Segretario Gatti aveva depositato a gennaio — questa sorta di tabella — io rilevo che, nella scorsa legislatura, ero presente quando si parlò dello statuto di Banca Centrale, e fu approvato un ordine del giorno sottoscritto da tutti, ma soprattutto voluto dall’allora partito di maggioranza relativa, la Democrazia Cristiana.  Proprio perché la materia “Banca Centrale”, e in particolare il suo statuto, è una materia estremamente delicata, già allora si erano avviate delle riflessioni per apportare alcune modifiche. E si era stabilito che, prima di intervenire, sarebbe stato necessario un ampio confronto comune.  Di fatto, questo confronto non c’è stato. Ci è stato semplicemente consegnato un foglio. Non ci sono stati incontri singoli. Per non sbagliare, non hanno chiamato nessuno.  E su una materia così delicata, procedere in questo modo rappresenta, a mio avviso, una vera e propria mancanza di rispetto istituzionale. Una mancanza totale di confronto. Non pretendiamo certo di incidere sulle dinamiche o sui contenuti del testo, ma almeno una forma di dialogo preventivo, alla luce di quell’ordine del giorno, sarebbe stata doverosa. Perché, su temi così delicati, procedere in modo così autoritario non rende un buon servizio alle istituzioni.  E ciò che davvero mi stupisce è questo appiattimento della maggioranza sulle decisioni prese fuori da quest’Aula. Perché diciamocelo: l’altra anomalia è che le leggi dovremmo scriverle noi, qui dentro. Invece ci arriva un foglietto preconfezionato, già scritto — probabilmente dalla stessa Banca Centrale — che contiene le modifiche desiderate. E voi lo voterete.  Capite bene, quando parliamo del ruolo del consigliere, del ruolo del Parlamento, che se dobbiamo ritenerci meri ratificatori, allora diciamolo chiaramente. Prendetevi la responsabilità e dichiarate: “Le leggi le facciamo scrivere fuori, ci portano il testo, a noi va bene e noi ci mettiamo la firma.”  Però, scusatemi, questo non va bene. Anche quando si parla di conflitti di interesse. L’ho detto tante volte: in quest’Aula arrivano provvedimenti piccolini, ad personam, su richiesta di una categoria, di un ordine, di un soggetto. Vengono qui, e voi — senza batter ciglio — votate e ratificate. Questo non è accettabile.  Vi assumete una responsabilità ben più grande di quella che pensate. Perché la democrazia, così, non funziona. Non gira.  Che dire? Voterete queste modifiche così come vi sono giunte. Vi prenderete la responsabilità. Sul merito della questione, il giudizio è pienamente negativo, sia rispetto alle modalità con cui vi siete approcciati, sia rispetto al contenuto che state portando e che state per votare.  Vorrei ora fare una ricostruzione storica dei fatti, perché — come ricordava il collega — c’è stato un episodio che ha coinvolto direttamente il mio gruppo. All’epoca si verificò la dimissione di un membro sammarinese del Consiglio Direttivo. Non si tenne conto della suddivisione prevista dalla legge e noi proponemmo al Consiglio un nominativo che ritenevamo adeguato: il dottor Boni, persona capace, che però non era residente, né cittadino.  Ricordo bene quella seduta. Presentammo il nominativo di Boni, e contemporaneamente il Governo, la maggioranza, decise di unificare i commi e procedere anche alla rinomina del Presidente in scadenza — una scadenza che sarebbe comunque sopraggiunta solo a settembre. Si colse l’occasione per procedere a una rinomina per altri cinque anni.  Solo dopo le nomine ci si accorse che non era stato rispettato il requisito secondo cui, nel Direttivo — composto da cinque membri più il Presidente, quindi sei in tutto — la maggioranza avrebbe dovuto essere costituita da cittadini o residenti sammarinesi. Su questo stendo un velo pietoso anche rispetto agli atti successivi del Collegio Sindacale. È importante chiarire: fu votato prima Boni, nostro membro, con anche molti voti favorevoli, e successivamente fu rivotata la Presidente della Banca Centrale. La motivazione utilizzata fu che si trattava di una “riconferma”, una formula che non trova alcun fondamento nello statuto, dove è previsto che solo il Direttore possa essere riconfermato. Per il Presidente, invece, è prevista una vera e propria rinomina. E allora il problema reale, alla luce della cronologia degli eventi, fu che Boni entrò come secondo membro non sammarinese, ma il vero “membro in più” fu il Presidente, che era stato rivotato. Eppure, si diede per scontato che fosse Boni quello “in eccesso”. Non si vogliono attaccare le persone, ma è oggettivo: si è voluto mantenere la Presidente a tutti i costi, indipendentemente dalla correttezza procedurale, e si è attribuito l’irregolarità a Boni.  Ma lo ripeto: lo statuto è chiaro. Solo il Direttore può essere riconfermato. Il Presidente deve essere rinominato.  Al di là di questo episodio, voglio essere chiaro su un altro aspetto. Quando fu istituita per legge la Banca Centrale, fu commesso a mio avviso un errore importante. Lo statuto prevede un Consiglio Direttivo di cinque membri, più il Presidente, con ruoli e mandato distinti. Il fatto che il requisito della “sammarinesità” venga calcolato sulla somma dei 5+1 — quindi 6 — è stata, secondo me, una svista.  Lo dico chiaramente: lì abbiamo commesso un errore. Avremmo dovuto portare una visione differente, e magari — come ha fatto ora il Segretario Gatti — proporre alcune modifiche anche da parte nostra. Quello che continuiamo a sostenere da tempo è che, in questo momento, manca un’azione strutturale su Banca Centrale.  Veniamo da un’esperienza drammatica, soprattutto nel periodo 2016–2019, in cui Banca Centrale — per legge, perché le leggi gliele abbiamo date noi — ha potuto fare tutto ciò che voleva, senza che nessuno potesse dire nulla. Tutti quei pesi e squilibri si sono manifestati chiaramente, soprattutto nel periodo Grais-Savorelli. Lo vogliamo ricordare, quel periodo, no?  E anche se oggi — con la Presidente Tomasetti — le dinamiche sono differenti, le leggi di allora sono ancora in vigore.

Gaetano Troina (D-ML): Ci sono delle cose che, secondo me, si potevano fare molto meglio.  Rilevo ancora una volta che si va a maneggiare un tema delicato senza alcun confronto. Voterete ciò che sarà, questo cambiamento dello statuto. E sono abbastanza sorpreso — anzi, direi proprio stupito, non mi viene un’altra parola — nel constatare che oggi non solo si modifica il titolo del progetto di legge, ma si cambia la sostanza del progetto stesso nella sua interezza.  Sono convinto che, se questo fosse avvenuto su qualunque altro tema, o fosse stato portato avanti da un altro Segretario, sarebbe scoppiata l’apocalisse. E non me ne voglia il Segretario Gatti: se si sdogana questo metodo per portare avanti l’iter normativo, allora domani ci potrebbe essere presentato un progetto di legge che modifica un singolo articolo della legge 166 del 2013, e poi, in Commissione, ci troveremmo emendamenti che vanno a modificare tutt’altro. Che toccano ambiti che non hanno nulla a che fare con il testo approvato in prima lettura.  Dal mio punto di vista — e vedo anche altri colleghi concordi — questo non è accettabile. Perché, in questo modo, si svuota completamente di significato il passaggio della prima lettura. Di fatto, è solo in Commissione — con molti meno consiglieri presenti e con tempi di intervento più limitati — che si va a definire un testo completamente diverso da quello depositato in precedenza.  Questo principio non può passare. Altrimenti si svilisce del tutto l’iter normativo previsto dal nostro regolamento consiliare. A maggior ragione, come è stato già sottolineato da altri, se si considera che il progetto originario conteneva solo due articoli, e ora ci troviamo davanti a emendamenti che ripristinano pari pari la formulazione precedente di uno di quegli articoli, rendendo così il progetto iniziale privo di significato. È stato completamente svuotato. Oggi si presenta, di fatto, un progetto nuovo.  L’iter corretto, secondo me, sarebbe stato quello di ritirare il progetto di legge iniziale e depositarne uno nuovo. C’era tutto il tempo per farlo, soprattutto considerando che già da gennaio si era deciso di procedere in questo senso. Nulla vi impediva di farlo: i tempi c’erano tutti.  Per questo non capisco — se non con l’intento di svuotare di significato la prima lettura — il senso di questa modalità operativa.  Mi dispiace. Continuo a vedere forzature che non penso porteranno a nulla di buono, soprattutto su temi importanti come le comunicazioni istituzionali e la riforma dello statuto della Banca Centrale.  Tra l’altro, il dibattito sulle modifiche allo statuto era già iniziato all’inizio della scorsa legislatura. Lo ricordo bene. Più volte si era detto che ci saremmo incontrati per valutare quali variazioni si fossero rese necessarie con l’applicazione concreta delle norme.  Non mi risulta che quegli incontri ci siano mai stati. E mi piacerebbe sapere dai commissari di maggioranza se anche loro si sono trovati davanti a questo testo senza condivisione, oppure no. Perché, obiettivamente, parliamo di modifiche che toccano in maniera piuttosto sostanziale lo statuto vigente.  Io non conosco, perché non ho esperienza diretta, le dinamiche interne al Consiglio Direttivo di Banca Centrale. Quindi non sono nemmeno in grado di valutare oggi — anche perché gli emendamenti ci sono stati trasmessi solo ieri — quali siano gli effetti concreti che queste modifiche potranno avere. Alcune conseguenze, però, sono già evidenti in termini di funzionamento della Banca Centrale.  Di certo, alcune cose mi lasciano perplesso. Interverrò nel merito durante l’esame dei singoli emendamenti. Ma, ripeto: non è questo, secondo me, il modo corretto di collaborare, né di condividere interventi così importanti per il Paese. Presentare le cose in questo modo non è rispettoso.  Capisco che ci sia la necessità di andare avanti, di fare le cose. Ma concedere un incontro alle forze di opposizione — anche solo per spiegare di cosa si tratta, quali sono gli intenti — sarebbe stato il minimo. Avrebbe permesso di arrivare qui preparati, senza dover affrontare un dibattito che forse si poteva tranquillamente evitare, o quantomeno anticipare in fase di confronto.  Ripeto: non capisco il senso di questo modo di procedere. Prendo atto, ma mi dispiace molto. Perché con questo muro contro muro, io non penso che si andrà lontano. Non capisco davvero. E mi dispiace.

Luca Gasperoni (PDCS):   Io volevo fare solo un intervento di merito, perché credo sia giusto anche dire un po’ le cose come stanno.  Nel senso che, anche come Commissione, come Aula — passatemi il termine — non siamo mai contenti. Quando si fanno i decreti delegati, non va bene, perché non c’è il passaggio in Commissione, non se ne discute, e quindi si critica.  Ora invece portiamo un progetto di legge. E ci troviamo qui, nella sede corretta, la Commissione competente, proprio per fare la verifica dell’articolato e discuterne insieme. Eppure anche in questo caso non va bene.  Allora bisogna che troviamo, assieme, forse un metodo ulteriore. Ma, sinceramente, in questo momento non lo vedo. Quello in cui ci troviamo ora è l’ambito corretto per discutere di queste tematiche. Siamo qui, all’interno della Commissione, per questo.  Quindi, francamente, tutta questa problematica io non la vedo.

Sara Conti (RF): C’è un precedente importante: un ordine del giorno approvato all’unanimità dall’Aula parlamentare. L’ho recuperato perché già prima, con alcuni colleghi, ne avevamo parlato. Porta la data del 17 gennaio 2023 e impegna il Governo, per il tramite del Segretario di Stato alle Finanze — che tra l’altro è sempre lo stesso dalla scorsa legislatura a oggi — a presentare, entro il mese di giugno 2023, alla Commissione Finanze, Bilancio e Programmazione, un progetto di legge di modifica dello statuto della Banca Centrale della Repubblica di San Marino.  Per arrivare a questo obiettivo, si erano previste anche delle fasi intermedie: una prima discussione nella commissione consiliare entro il mese di marzo, un secondo momento di confronto entro aprile e, infine, la discussione conclusiva entro giugno. L’ordine del giorno era stato condiviso da tutte le forze presenti in Aula, a partire dalla Democrazia Cristiana fino a Libera, passando per Rete, NPR, Domani Motus Liberi, Repubblica Futura, Gruppo Misto.  Se quindi hanno un valore gli atti che approviamo in Aula — e mi auguro di sì — allora non si può semplicemente dire che va sempre tutto bene o che non va mai bene niente. Noi ci basiamo su quello che è stato fatto e deciso, e su ciò che in quest’Aula è stato votato. Quella discussione, lo ricordo bene, aveva avuto origine molto tempo fa, quando si era ravvisata la necessità di verificare se lo statuto di Banca Centrale fosse ancora adeguato o se fosse necessario modificarlo. Era emersa una necessità reale, tanto che il dibattito fu acceso, profondo. Alla fine, Repubblica Futura e Libera — che allora erano in opposizione — presentarono un ordine del giorno. Siccome si trovò una larga condivisione, decidemmo tutti insieme di modificarlo e approvarlo in una forma condivisa.  Sono passati due anni. È vero, lo scorso anno c’erano le elezioni, e non possiamo certo considerare quella fase come operativa. Ma oggi, con lo stesso Segretario alle Finanze di allora, ci saremmo aspettati almeno un confronto, una condivisione sulle modifiche ritenute opportune: che cosa pensava il Segretario, cosa pensava il Congresso di Stato, cosa pensava Banca Centrale, cosa pensava la maggioranza. Sarebbe stato legittimo aspettarsi questo. Invece ci ritroviamo qui, a luglio 2025, con una modifica allo statuto che ci è arrivata due giorni fa, peraltro completamente diversa da quella che avevamo visto in prima lettura e che nessuno aveva mai visionato prima.  È questo il motivo per cui arriviamo in Aula con il dente avvelenato. Perché, sinceramente, non ci si può venire a dire che il metodo è stato quello più opportuno. Non è questo il metodo giusto per costruire un percorso che porti ad un confronto vero. Ci ricordiamo bene la pessima figura che si è fatta nei confronti del signor Boni, nominato nel Consiglio Direttivo e poi escluso perché, nel frattempo, era stata rinominata la Presidente. E quindi non poteva più essere convocato. Non si poteva fare un calcolo prima? L’intenzione di rinominare la Presidente era ben chiara da subito.  Poi, nel frattempo, sono arrivate le dimissioni di Volpinari e poi quelle di Mularoni. E ci siamo trovati con un Consiglio Direttivo sulla cui legittimità ad operare esistono, ancora oggi, dubbi pesanti. Quel Consiglio, per mesi, ha continuato a deliberare pur avendo — secondo lo statuto — una composizione potenzialmente illegittima. Non è una nostra invenzione, non sono le solite esagerazioni di Repubblica Futura nei comunicati: è ciò che è accaduto. È la realtà dei fatti.  Le motivazioni, non lo sappiamo, ce le dovrete dire voi. Ma bastava fare due conti, letteralmente. E allora viene da pensare che qui si facciano le cose prima, e si pensi poi. E quando si pensa, lo si fa solo per trovare delle pezze. Ma quelle pezze, come abbiamo già visto molte volte, vengono sempre peggio del buco. Ed è così che ci ritroviamo davanti a questi mostri normativi.

Nicola Renzi (RF): Adesso il Segretario non ha neanche una replica per spiegarci come siamo arrivati a questo punto. È davvero incredibile. Ne ricordo davvero pochi, tra i Segretari di Stato, che si siano comportati così nei confronti dei membri del Consiglio Grande e Generale. Si vede che non ci meritiamo neppure una risposta. Dopo tutto quello che abbiamo chiesto, si va avanti così.  Ma io non credo che si possa procedere in questo modo, Segretario. Le dico la verità. Se questi sono i prodromi del modo in cui intende affrontare anche la riforma dell’IGR, allora credo che ci sarà, prima o poi, qualcuno che la costringerà a dare delle risposte. Ne sono quasi certo.  Per il momento prendiamo atto: non siamo degni neanche di un’interlocuzione. E quindi stiamo zitti. Cerchiamo di parlare, come sempre, direttamente con i sammarinesi — cosa che abbiamo sempre cercato di fare — e i sammarinesi, state sicuri, se ne rendono conto. Perché noi siamo subissati di domande: sul settore della scuola, sulla sanità, sull’IGR, su cosa succederà. Le persone ci chiedono continuamente che cosa sta succedendo in questo Paese.  E queste sono le cose che forse si vedono meno. Quindi va bene, Segretario. Noi registriamo la sua volontà di precludere ogni confronto. Registriamo che, addirittura, non meritiamo neanche una spiegazione su come mai abbia deciso, nel giro di sei mesi o un anno, di rimangiarsi il progetto di legge che lei stesso aveva presentato. In Parlamento, il progetto di legge è iniziato in un modo e finito in un altro. E sì, siamo anche contenti, in parte, di come è finita, perché noi avremmo inserito l’esclusività della residenza per il Presidente della Banca Centrale. Però, purtroppo, su tutti gli altri emendamenti — su quei quindici, diciassette emendamenti — vista anche la storia di quell’ordine del giorno che era stato voluto proprio da consiglieri della sua maggioranza, consiglieri che probabilmente fanno ancora parte del suo stesso partito, io credo che sarebbe stato almeno rispettoso, se non verso di noi, almeno verso di loro, avviare un confronto.  Se a noi non vuole portare rispetto, lo può fare. Ci dispiace, ma lo può fare. Però, forse, è un po’ più inopportuno farlo nei confronti dei membri del suo stesso partito. Poi saranno loro a chiederle conto. Non certo noi.

Emanuele Santi (Rete): Ma io, segretario, al di là delle battute e del clima, voglio rimarcare una cosa molto seria: sono veramente preoccupata delle modalità con cui si sta procedendo. Perché, con questo progetto di legge, di fatto si svuota il nostro ruolo. È un progetto che viene scritto altrove, in altri luoghi, e non qui dentro. E questa, francamente, non è una bella cosa.  Noi finiamo per diventare dei meri ratificatori. È questa la verità. E questo, da solo, già basterebbe.  Ma quello che voglio davvero sottolineare è che con lo statuto di Banca Centrale si sarebbe potuto — e dovuto — intervenire su una serie di effetti distorsivi che ancora oggi, a mio avviso, esistono. Si poteva finalmente mettere mano ad alcune criticità che restano irrisolte. Parlo dello strapotere che Banca Centrale ha in diversi ambiti, della mancanza di pesi e contrappesi, del fatto che ancora oggi questo organismo risponde poco alla politica. E sì, so benissimo che deve essere un organismo indipendente. Ma l’indipendenza non significa assenza di controllo.  Non si parla mai di conflitti di interesse. Ma anche in Banca Centrale, in passato, qualche conflitto di interesse c’è stato. Lo sappiamo tutti.  E io oggi lo ripeto con forza: lo statuto di Banca Centrale è ancora quello del 2017, identico. È lo stesso statuto che permise, all’epoca, a Grais e Savorelli di fare quello che volevano. E se domani dovessero arrivare nuovi personaggi con lo stesso approccio, avrebbero in mano le stesse leve, le stesse possibilità operative. Niente è cambiato.  Vogliamo cominciare a parlare davvero di questi aspetti? Non è una questione di dare colpe o puntare il dito. Il problema è che il lavoro vero, quello che sarebbe servito, non è stato fatto. E tutti, nel tempo, ne abbiamo parlato, ci siamo confrontati anche informalmente tra colleghi, abbiamo discusso con membri del Consiglio Direttivo. Perfino Banca Centrale, in certi momenti, ha riconosciuto che alcune disfunzioni esistono.  Ma nonostante tutto questo, non si è voluto mettere mano a quegli aspetti. Non si è intervenuti. E questo è gravissimo.  Perché se manteniamo in piedi esattamente lo stesso impianto normativo del 2017, e se la gestione della Banca Centrale finisce nelle mani sbagliate, potremmo ritrovarci a vivere le stesse dinamiche. Né più né meno.  Questo, Segretario Gatti, lo sa benissimo anche lei. Lei c’era, nel 2017, nel 2018, nel 2019. Eravamo insieme all’opposizione in quegli anni. Ma se oggi non si interviene, se oggi non si correggono le storture, allora basta una nomina sbagliata per ripiombare esattamente in quelle logiche.  Questa è la mia vera preoccupazione. Al di là delle divergenze politiche — ci sta, potremo essere d’accordo su certe cose e in disaccordo su altre — ma qui era davvero il momento giusto per aprire un confronto serio.  Conflitti di interesse, strapotere, assenza di contrappesi, distorsioni: questi sono problemi reali. E, purtroppo, sono ancora presenti nella struttura attuale di Banca Centrale.

Iro Belluzzi (Libera): Siamo ben lontani dalla possibilità che si ripeta ciò che è stata, in passato, una vera e propria tempesta perfetta. Una tempesta perfetta, o forse ben organizzata, che si verificò non molto tempo fa.  Ricordo a tutti la vicenda triste che colpì il Direttore di Banca Centrale, il quale fu addirittura indagato, e poi per nulla. Un episodio che non va dimenticato.  Per questo motivo, rivolgo un appello anche ai colleghi della minoranza: serve un po’ di fiducia, e serve che si spinga tutti insieme, uniti, verso un obiettivo comune.  Questo è un impegno che deve riguardare il Governo tutto, in modo congiunto, da Palazzo Begni. Dobbiamo fare in modo che l’Accordo di Associazione e il relativo addendum in materia finanziaria possano essere firmati il prima possibile.  Se ciò non dovesse avvenire, potrebbero sorgere seri problemi. Ma io credo — e voglio credere — che questa eventualità non si verificherà.

Gaetano Troina (D-ML): Vorremmo sapere perché non si è fatta la scelta — visto che l’esigenza che aveva motivato il deposito del progetto di legge originario è di fatto venuta meno — di ritirare quel progetto e depositarne uno nuovo. Sarebbe stato, senza dubbio, l’iter più corretto, più lineare, anche in coerenza con alcune delle considerazioni che ha appena espresso il collega Belluzzi.  A questo punto vorrei porre anche un’altra domanda. Visto che, con l’addendum di cui si parla, verrà previsto un ulteriore intervento sul tema della vigilanza bancaria a San Marino, era davvero opportuno fare adesso questo intervento sullo statuto della Banca Centrale?  Considerando che, probabilmente, a breve — anche alla luce di quello che sarà l’accordo con l’Italia — dovremo definire nuovi interventi per garantire la compliance rispetto alle richieste che ci vengono fatte, forse sarebbe stato più logico attendere. Altrimenti, ci troveremo nel giro di poco tempo a intervenire nuovamente sullo statuto, con modifiche che avrebbero potuto essere valutate fin da ora.  Sicuramente, ci sarebbe stato tutto il tempo per fare un confronto ampio, per sviscerare bene quali saranno gli impatti dell’Accordo di Associazione anche su questo fronte. E si sarebbe potuto arrivare a un intervento complessivo, ponderato, condiviso, una volta che — come si suol dire — “le bocce si sono fermate”.  Invece, con questo approccio, rischiamo di fare una pezza oggi per sistemare qualche esigenza immediata, e poi trovarci presto a doverci rimettere mano, magari anche in maniera profonda, in base a quanto ci verrà richiesto.  Lo trovo, onestamente, poco sensato. Anche perché è da molto che se ne parla, e si poteva fare un lavoro migliore.  Lo prenda, Segretario, come un suggerimento, in generale, sul metodo di lavoro. Perché laddove si condivide, si lavora meglio.

Segretario di Stato Marco Gatti: Nel frattempo è cambiata una maggioranza. Quindi, nonostante io fossi già Segretario di Stato alle Finanze nella scorsa legislatura e lo sia ancora oggi, va considerato che oggi c’è una maggioranza diversa, con priorità diverse e una visione diversa. E penso che se l’attuale maggioranza decidesse di fare esattamente le stesse cose che si facevano prima, probabilmente qualcuno direbbe: “Ma per quale ragione?” I Segretari di Stato hanno un mandato dalla maggioranza, e devono portare avanti le priorità che la maggioranza individua.  Oggi, tra le priorità, ci sono due aspetti fondamentali: da una parte, iniziare concretamente l’allineamento normativo; dall’altra, dare le risposte che anche voi stessi chiedete. Abbiamo aperti alcuni temi importanti. C’è un interesse crescente nel settore bancario, e la Banca Centrale ha bisogno — per poter lavorare — di poter effettuare scambi di informazioni.  Se non abbiamo una normativa sul segreto d’ufficio perfettamente allineata, il rischio è che le altre Banche Centrali non vogliano più effettuare con noi quello scambio di informazioni che, per il nostro sistema, è vitale. Questo aspetto è stato chiaramente richiesto.  Avevamo già questo progetto di legge aperto, e abbiamo scelto di non inserirlo negli assestamenti di bilancio, perché vogliamo che questi restino strumenti tecnici. Gli interventi normativi specifici, invece, li affrontiamo in Commissione. E così abbiamo fatto. Per trasparenza — visto che rispetto alla prima lettura abbiamo cambiato alcune cose, che comunque non sono modifiche sostanziali — già a gennaio avevo depositato in Consiglio Grande e Generale e consegnato a tutti voi una traccia del provvedimento di oggi, con tanto di motivazioni.  Quindi il tempo per leggere, valutare, analizzare, c’è stato. E c’è stato anche il tempo per i commissari di formulare osservazioni, in modo da poter sviluppare un dibattito costruttivo nella Prima Commissione Finanze utile. Purtroppo, i lavori consiliari sono molto intensi, le commissioni si riuniscono continuamente, e quella che avrebbe dovuto essere una seduta da tenersi entro marzo è arrivata a luglio. Anche questo è un problema.  Oggi, dunque, ci troviamo ad affrontare un progetto di legge che prevede alcune modifiche allo statuto. È probabile che ne verranno fuori altre, ma è importante chiarire che chi dovrà verificare la conformità non è la Banca d’Italia, ma l’EBA. L’addendum non prevede modifiche normative in relazione alla Banca d’Italia, ma riguarda il rapporto con l’EBA. Ed è con l’EBA che la nostra Banca Centrale sta interloquendo, guardando a norme e regolamenti europei che richiedono allineamento.  Le modifiche che stiamo facendo oggi sono quelle ritenute più urgenti, proprio per continuare a intensificare quel rapporto che stiamo costruendo con le banche centrali europee. Gli altri aspetti riguardano normative secondarie, emesse dalla Banca Centrale, che stanno per uscire. È già uscito qualcosa sugli intermediari finanziari, e dovrà uscire qualcosa anche per le banche. In certi casi, le nostre norme sono più blande rispetto a quelle europee; in altri casi, sono più rigide. Si sta cercando di uniformare tutto per tematiche, rispondendo prima alle esigenze più urgenti.  La Segreteria è chiaramente in stretto contatto con la Banca Centrale, perché ciò che vogliamo fare deve essere pienamente conforme. Non abbiamo messo mano all’intero statuto perché sarebbe stato un lavoro enorme, che avrebbe richiesto tempo e risorse significative. Procedere per fasi ci permette almeno di dare subito le risposte necessarie e, nel tempo, di arrivare ad avere uno statuto completamente allineato.  Questo è l’orientamento. Se poi la maggioranza vorrà cambiarlo, è nelle sue facoltà. Ma ci sembra un orientamento fattivo e concreto.

Inizia quindi l’esame degli emendamenti.

Emendamento del Governo modificativo del titolo del progetto di legge.

Approvato con 9 voti a favore e 3 contrari.

Alle 19.30 i lavori vengono sospesi. Riprenderanno alle 21.00

 

 

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy