Francesco Barone – Ringhio: «Lo studio? E’ il mio rammarico» /
Lezione all’Università di Rino Gattuso: «Io non ero Maradona. Senza fatica non si va da nessuna parte» /
Aula piena per il campione del mondo a Germania 2006: «Bisogna mettersi in gioco per seguire i sogni»
RIMINI. Si è presentato in orario. Anzi, con qualche minuto d’anticipo. Perché a lui non è mai piaciuto fare la star. E lo dice subito agli studenti di Scienze Motorie dell’università riminese «non aspettatevi oggi chissà quali discorsi, io sono un tipo terra terra». E giù un’ovazione che Rino Gattuso incassa facendo intravedere tra la barba incolta un po’ di rossore. Giacca blu, maglioncino nero, camicia bianca, jeans e un paio di mocassini, il campione del mondo a Germania 2006 è accompagnato dall’ inseparabile Luigi Riccio. Sul palco insieme a loro, Paco D’Onofrio, docente di Istituzioni e mercato nelle Attività motorie e sportive organizzatore dell’ incontro. E da quel palco Ringhio non si è tirato indietro, rispondendo a tutte le domande possibili e inimmaginabili di un’aula magna straboccante di studenti, ma anche di semplici persone corse per fargli una foto. A rompere il ghiaccio ci pensa lui, partendo da come è arrivato ad essere Gattuso.
«Sono nato in un paesino della Calabria di 12mila anime e lì ho iniziato a tirare i primi calci. Quando avevo 12 anni feci un provino per il Bologna che andò bene, purtroppo pochi mesi dopo il Bologna fallì. Così mi portarono a Perugia dove l’allora Direttore sportivo era Walter Sabatini che oggi è alla Roma. Dopo cinque minuti disse che mi dovevo fermare. All’inizio non capii, tanto che lo presi a male parole: ma come, gli dissi, mi fai fare 500 chilometri e gioco solo cinque minuti? In realtà gli erano bastati e così iniziò la mia avventura a Perugia. Poi, a 17 anni e mezzo, dopo aver già giocato due gare in serie A, mi chiamano dalla società e mi dicono che mi vogliono i Glasgow Rangers. Dissi subito di no, poi mi fecero vedere quanto mi avrebbero dato, una barca di soldi. Io a Perugia prendevo 800mila lire di rimborsi. Tornai a casa raccontai tutto a mio padre che mi spinse ad accettare, fu la scelta migliore che potessi fare».
L’arrivo in Scozia è un mezzo disastro, ma è proprio tra le nebbie di Glasgow che Gattuso capisce l’importanza del lavoro quotidiano. (…)