San Marino, approvato il progetto di legge sui Titoli del debito pubblico: confronto acceso in Commissione Finanze

San Marino, approvato il progetto di legge sui Titoli del debito pubblico: confronto acceso in Commissione Finanze

Nel pomeriggio del 10 luglio, la Commissione Consiliare Permanente Finanze ha concluso l’esame degli articoli del progetto di legge sulle “Disposizioni in materia di emissioni di Titoli del debito pubblico”, approvando il testo con 9 voti favorevoli e 4 contrari. La discussione si è sviluppata attorno a diversi nodi sensibili, con un confronto serrato tra maggioranza e opposizione.

L’articolo 10, che disciplina le modalità di collocamento dei titoli di Stato, è stato approvato con un emendamento proposto dalla maggioranza che specifica la possibilità di emissione nei mercati dell’Unione Europea, del Regno Unito e della Repubblica di San Marino. Tuttavia, l’opposizione ha espresso forti perplessità sulla formulazione relativa ai “determinati investitori”, ritenuta ambigua e potenzialmente foriera di eccessiva discrezionalità da parte del Congresso di Stato.

All’articolo 11, dedicato al riacquisto dei titoli da parte dello Stato, l’opposizione ha sollevato il rischio che, senza un tempestivo riacquisto, possano sovrapporsi più emissioni, aumentando il peso degli interessi da pagare. La maggioranza ha chiarito che si tratta di una facoltà, non di un obbligo, e che ogni operazione sarà regolata caso per caso.

Il confronto più acceso si è avuto sull’articolo 12, relativo alla destinazione delle risorse raccolte tramite debito pubblico. L’opposizione ha insistito per vietarne l’uso a copertura della spesa corrente, sottolineando la necessità di impiegare il debito solo per investimenti strategici. La maggioranza ha difeso una linea più flessibile, giustificata da possibili esigenze straordinarie come quelle vissute durante l’emergenza sanitaria, specificando che ogni utilizzo dovrà passare dal Consiglio Grande e Generale.

Tensione anche sull’articolo 13, che introduce la possibilità di utilizzo di strumenti derivati per la gestione del debito. L’opposizione ha chiesto massima prudenza, temendo derive speculative. La maggioranza ha rassicurato circa l’intento puramente tecnico degli strumenti, finalizzati a stabilizzare i tassi di interesse, e ha accolto un emendamento che rafforza la trasparenza: ogni anno entro gennaio sarà pubblicato online il calendario delle emissioni e la Commissione riceverà in anticipo la bozza dei regolamenti.

Di seguito una sintesi dei lavori

Comma 4 – Esame in sede referente del progetto di legge “Disposizioni in materia di emissioni di Titoli del debito pubblico della Repubblica di San Marino” (presentato dalla Segreteria di Stato per le Finanze e il Bilancio)

Articolo 10 

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni.

Respinto con 2 voti favorevoli e 7 contrari

Emendamento modificativo della maggioranza

Articolo 10 così come emendato dalla maggioranza

Approvato con 8 voti favorevoli e nessun contrario.

Nicola Renzi (RF): Io chiedo l’abrogativo, e il motivo è semplicissimo: è quello della totale contrarietà che abbiamo nei confronti di tutta l’impostazione della legge.  Mi permetto però di leggere l’articolo 10 così come è stato modificato dal Governo: “I titoli di Stato possono essere collocati mediante qualsiasi procedura di collocamento, sia presso il pubblico sia presso determinate tipologie di investitori.”  Cosa vuol dire “determinate tipologie di investitori”? Vuol dire “va bene tutto”. Motivo per cui, ovviamente, noi abbiamo fatto l’abrogativo su questo. Adesso voi ci dite che c’è — anzi, lo abbiamo visto perché è depositato — un modificativo. Francamente una dicitura come questa è una dicitura inaccettabile in un testo di legge.  Perché quel “determinate” è proprio sbagliato nella tecnica legislativa. Perché allora è meglio mettere “tutte”, “qualunque”, perché “determinate” fa sottintendere sostanzialmente che ci sia una specifica in queste tipologie. Ma se poi la specifica non viene fornita nella legge, vuol dire “qualunque”. E quindi questo, certamente, non può andare bene.  Il Segretario Gatti ha un po’ sminuito, in un suo intervento precedente, l’emendamento presentato dalla maggioranza. Quindi lasciamo loro la parola e poi ci riserviamo di intervenire, a questo punto, a commento di quello che dovrà essere l’articolo che viene effettivamente proposto.

Segretario di Stato Marco Gatti: Io ritiro l’emendamento che abbiamo presentato, perché mi va benissimo quello che è stato presentato dalle forze politiche di maggioranza.  Le tipologie di investitori sono sostanzialmente retail e professionali. “Determinate” perché devono essere determinate, cioè: quando si fa il regolamento devono essere indicate se sono entrambe, se solo retail, o se professionali.  E chiaramente devono essere indicate anche perché, poi, per le regole dettate dai regolatori del mercato, c’è necessità di fornire più o meno materiale illustrativo dell’emissione, o — più correttamente — materiale informativo da parte dell’emittente.  

Iro Belluzzi (Libera): L’emendamento all’articolo 10 è così indicato: “I titoli di Stato emessi possono essere collocati sui mercati dell’Unione Europea, del Regno Unito o della Repubblica di San Marino, mediante qualsiasi procedura di collocamento, sia presso il pubblico sia presso determinate tipologie di investitori.”  Secondo me, come ha indicato il Segretario, può essere modificato già — non in questa fase — ma per andare dietro alle indicazioni che ha dato il Segretario, potremmo mettere “come previsto dal regolamento”, oppure “retail e professionali”, come si preferisce.  Perché per ogni emissione viene fatto un determinato regolamento. Forse sarebbe più utile scrivere: “sia presso il pubblico, sia presso determinate tipologie di investitori come indicato dal regolamento.” Non so se potrebbe essere questa la formula.  L’intervento che abbiamo fatto come maggioranza era per chiarire che, logicamente, anche per i percorsi, così come abbiamo detto nel dibattito generale, e anche in funzione del percorso che la Repubblica di San Marino sta svolgendo verso l’associazione europea, era implicito che si guardano mercati comunque rispondenti a determinati crismi. Lo abbiamo voluto specificare per non lasciare adito a speculazioni o comunque a dubbi che possono nascere nel momento in cui il testo, il progetto di legge, veniva dibattuto e diventerà norma.  E quindi, i luoghi dove saranno collocati — logicamente — è diverso dai negoziati. Sono quelli indicati nell’articolo 10, così come proposto dalla maggioranza.

Gaetano Troina (D-ML): Io continuo a non capire la differenza della scelta dei mercati fatta nell’articolo 9 rispetto all’articolo 10. Perché io, da quello che so, è che la quotazione e il collocamento dei titoli sono due fasi distinte di un medesimo processo: mentre la quotazione è l’ingresso nel mercato, il collocamento è la vendita dei titoli che consegue all’ingresso nel mercato.  Quindi non capisco come sia possibile che, per quanto riguarda la quotazione, si sia scelto di lasciare la dicitura “in uno Stato straniero, purché sia”, mentre nell’articolo 10 si restringa ai mercati dell’Unione Europea, Regno Unito e Repubblica di San Marino.  Dal mio punto di vista è una distinzione che non ha senso. Vorrei capire perché il collocamento può essere fatto solo in certi Stati, mentre la quotazione no.  Dove si vogliono quotare questi titoli o negoziarli? In che mercati si pensa di negoziarli?

Emanuele Santi (Rete): Già ieri ho rimarcato l’emendamento della maggioranza che, di fatto, va un po’ a restringere la discrezionalità data da questo progetto di legge al Segretario alle Finanze.  Di fatto, mentre una prima stesura dava la possibilità di collocamento in qualsiasi Stato, con l’emendamento della maggioranza si va a indicare che solo Unione Europea, Regno Unito e la Repubblica di San Marino siano le aree dove poter collocare i titoli.  Io, sulla stesura comunque proposta, soprattutto rispetto all’ultima frase — “sia presso il pubblico, sia presso determinate tipologie di investitori” — qualche dubbio ce l’ho.  Perché: quali sono queste determinate tipologie? Qualcuno le ha già decise? Probabilmente era meglio scrivere “altre tipologie”, oppure “diverse tipologie” Qualcuno ha già deciso in quali tipologie di investitori andare a collocare?  Perché credo che questa ambiguità esista, ed è stata rilevata anche dai colleghi.  Rilevo quello che diceva il collega Troina: c’è una disparità, una difficoltà rispetto alla possibilità di quotare dappertutto e rispetto al collocamento che si può fare solo in determinati posti.  Vogliamo capire il perché di questa differenza, anche rispetto alla stesura iniziale.  Io, insomma, più andiamo avanti con la lettura di questo testo, più rimango perplesso. Perché mi sembra che la dinamica — prima la questione dello strapotere del Congresso di Stato che decide l’advisor, decide dove investire, decide i tassi, decide tutto — il Consiglio Grande e Generale è completamente esautorato, è una delega in bianco.  E dall’altra parte tutte queste alchimie strane: dove si va a quotare, dove si va a collocare… Adesso ci siamo tolti anche la possibilità di far agire il nostro tribunale nel caso in cui ci sia una necessità.

Luca Gasperoni (PDCS): Ringrazio anche il commissario Santi, visto che ha apprezzato lo sforzo della maggioranza di inserire questo emendamento. Dall’altra, sono d’accordo — sempre con Santi — nel dire che secondo me quella “o” è in realtà una “e”, nel senso che comunque una non esclude l’altra. Seconda cosa: è vero che la dicitura “a determinate tipologie di investitori” può sembrare magari generica. Io, per la mia esperienza — che però porto qua dentro — credo che comunque, a livello di tipologie di investitori, ne abbiamo sostanzialmente due: abbiamo il retail e abbiamo l’istituzionale.  I retail sono sostanzialmente quelli aperti al pubblico, ai normali cittadini. Gli istituzionali, invece, sono riferiti a grandi investitori. Comunque, credo che l’indicazione su come verrà collocato il titolo dovrà essere prevista anche all’interno del regolamento. Quindi, nel regolamento ci verrà detto poi a chi è aperto questo collocamento e a quale tipologia di investitore.

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Articolo 11 

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni.

Respinto con 4 voti favorevoli e 9 contrari

Articolo 11 così come emendato dal Governo

Approvato con 9 voti favorevoli e 3 contrari

Emanuele Santi (Rete): Di questo progetto di legge non ci è piaciuta l’impostazione, siamo estremamente contrari, quindi l’abrogativo va sempre nella stessa direzione e lo lasceremo in votazione.  Però, su questo articolo 11, credo che qualche riflessione a carattere generale vada fatta, perché il tema del riacquisto dei titoli di Stato emessi non è un tema da poco.  Io ricordo quando fu fatto il rollover nel 2023, sui primi 340 milioni di debito estero. Dicemmo al Segretario Gatti che il rinnovo, il rollover del nuovo debito, doveva essere concomitante con la chiusura di quello vecchio, perché chiaramente non potevamo permetterci nemmeno un periodo in cui avevamo in piedi due prestiti. Il vecchio doveva essere completamente estinto prima di riemettere il nuovo.  Io ricordo — e questa è la domanda che vorrei fare al Segretario — che in quella fase, il rollover, quindi il riacquisto, fu fatto solo su 290, e una cinquantina rimasero in piedi perché i detentori del debito non accettarono di cederlo.  Ecco, vorrei chiederle, Segretario, se nel frattempo questi 50 milioni siano stati riacquistati, e quindi quel debito vecchio sia stato estinto. Perché, altrimenti, avremmo i 340 milioni nuovi più i 50 del vecchio ancora in essere.  Detto questo, la questione del riacquisto dei titoli di Stato non è una questione secondaria. Io adesso non sono un tecnico, e spererei che su questo soprattutto si possa intervenire.  Il tema è: noi dobbiamo avere la possibilità, e non so se è prevista dai regolamenti internazionali, di poter riacquistare il nostro debito. È vero che, se uno detiene il debito, poi decide lui se venderlo o meno. Però noi dobbiamo essere liberi di chiuderlo anticipatamente, questo debito. Non possiamo avere una barriera, un “no” al riacquisto, di nessun tipo.  Perché se decidiamo di riacquistare il debito, dobbiamo essere liberi di farlo.  E quindi questo è il punto.  Questo è il punto, perché avere due debiti sul groppone vuol dire raddoppiare gli interessi.  Il rischio è proprio quello che ho detto prima: noi emettiamo nuovo debito, e poi, anche una parte di quello vecchio ce la dobbiamo comunque portare alla scadenza. E questo non è una cosa da poco, perché dopo le dinamiche, anche i quantitativi, si sballano.  La possibilità di riacquistare il debito non è solo una questione di delibera del Congresso di Stato che dice “acquisto”. Deve essere anche contrattualmente previsto che, se vogliamo estinguerlo in anticipo, possiamo farlo senza barriere.  Perché, lo ripeto, avere due debiti contemporaneamente raddoppia gli interessi. Quindi su questo tema, che è più una considerazione politica ma anche tecnica, gradirei delle risposte, se ne avete.

Segretario di Stato Marco Gatti: Visto che ci sono, rispondo anche alle domande del commissario Santi.  Sì, certo: i 50 milioni sono stati pagati alla scadenza. Cioè, chiaramente, chi ha preferito non cederli, li ha tenuti fino alla scadenza, e alla scadenza sono stati pagati. Abbiamo rinviato il rollover del titolo interno di 50 milioni che scadeva, nel periodo maggio–giugno. L’abbiamo fatto alla fine dell’anno, perché, siccome avevamo questi 50 milioni di liquidità in più, non abbiamo ritenuto urgente fare la seconda emissione.  E chiaramente lo Stato — cioè, l’emittente — ha sempre la possibilità di richiedere il riacquisto dei titoli. Però non può essere un obbligo, perché è un contratto tra le parti, dove entrambe si assumono un rischio, che è quello dell’andamento dei mercati.  Perché, diversamente, anche chi acquista potrebbe dire: “Nel momento in cui salgono i tassi, io ti chiedo di riprendertelo, perché voglio acquistare un altro titolo che magari mi dà di più”.  Quindi viene fatta una proposta: se la proposta viene accolta, allora c’è la possibilità del riacquisto anticipato.  Oppure, il riacquisto deve essere previsto nel meccanismo dell’amortising, come abbiamo già fatto: in quel caso, diciamo già all’acquirente che ricompreremo ogni anno una certa quota di capitale.  Quindi chi acquista quel titolo sa fin da subito che si tratta di un impegno vero e proprio, un obbligo per entrambe le parti. Ma, in alternativa, se non è previsto, si può comunque inserire una clausola che permette il riacquisto. Anche se non è prevista, si può fare una proposta sul mercato. Però chi detiene il titolo non può avere l’obbligo di cederlo, perché altrimenti non lo acquisterebbe nemmeno all’inizio.  L’importante è farlo nel regolamento di emissione. Perché è lì che, quando si redige il regolamento, si dettano le regole: e a quel punto l’investitore decide se acquistare o meno il titolo, anche in funzione di questi aspetti.   

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Articolo 12 

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni.

Respinto con 4 voti favorevoli e 9 contrari

Emendamento modificativo dell’articolo 12 proposto dalle opposizioni

Respinto con 4 voti favorevoli e 9 contrari

Articolo 12 così come emendato dal Governo

Approvato con 9 voti favorevoli e 4 contrari

Gaetano Troina (D-ML): Questo è uno degli altri articoli critici del progetto di legge, in particolare la lettera A del comma 1, che è poi anche oggetto dell’emendamento in subordine.  Non è più tollerabile, e lo abbiamo detto più volte anche ieri sera, che le risorse ricavate con le emissioni di titoli di Stato vengano utilizzate per coprire la spesa corrente. Questa è una cosa che non può essere più tollerabile.  E penso che tutte le forze politiche — anche quelle che magari non erano nella scorsa maggioranza, ma ci sono adesso — abbiano più volte detto che le risorse devono essere utilizzate per gli investimenti, per la crescita e lo sviluppo. E quindi mi meraviglio che ora non dicano niente su questa lettera.  Bisogna rivedere le spese correnti, in modo tale che non siano in costante aumento, cosa che invece ci risulta. E soprattutto bisogna che le spese correnti vengano coperte con quello che è l’indotto interno dello Stato.  Non possiamo utilizzare queste risorse che ci devono invece servire per fare sviluppo, per favorire la crescita, per le infrastrutture.  Ieri sera ho risentito parlare del nuovo ospedale. Si fa o non si fa? Ci sono una serie di infrastrutture strategiche di cui si parla da anni e che sono in attesa di ripartire, ma io non ne sento più parlare da una vita.  Cosa volete fare? Le risorse che si ricavano da questi titoli vengono utilizzate per quello oppure no? Avete cambiato idea? Ne volete fare degli altri? Quelli non si fanno più?  È da un anno che siete ormai in maggioranza e al governo, però del nuovo ospedale non sento più parlare. Delle infrastrutture strategiche, non sento più parlare. Dell’auditorium, oltre al cartello bellissimo che illustra come dovrà diventare, non ho più avuto notizie.  Cosa si fa sulle infrastrutture? La rotonda di Domagnano è finita, bene. Però c’è altro che il Paese aspetta, soprattutto nel centro storico. Ci volete illustrare come volete utilizzare in maniera seria le risorse che andiamo a reperire in questo modo?  Perché altrimenti continuiamo ad andare avanti così, e la spesa corrente aumenta, si continua a utilizzare tutto quello che c’è per continuare a fare sempre le stesse politiche, solo che la spesa aumenta, il debito aumenta e arriviamo ai famosi beni in garanzia di cui si parlava ieri sera. Prima o poi ci arriviamo, se continuiamo così. Quali sono le idee?

Segretario di Stato Marco Gatti: Per quanto riguarda le domande, credo che intanto ci sia un errore di impostazione di fondo rispetto anche alle domande che fa il commissario Troina. Cioè non è che prima ci si finanzia e poi si decide cosa si fa. Si parte da una legge di spesa, che può essere il bilancio dello Stato, può essere una legge di spesa. Noi possiamo anche togliere le spese correnti, però vi faccio un esempio concreto. Periodo Covid: noi quelle emissioni le abbiamo utilizzate per fare gli interventi Covid, che quella lì era tutta spesa corrente. Quindi se togliamo la spesa corrente, non possiamo fare questo tipo di emissione per magari far fronte a un’emergenza non prevista. Quindi la legge prevede una serie, diciamo, di possibilità per le emissioni, che sono contemplate praticamente tutte. Dopo sarà il Consiglio Grande Generale a decidere quell’emissione, se è autorizzata e a quale fine: quindi se anziché fare il mutuo a pareggio, si fa un’emissione di debito pubblico, oppure se c’è una spesa straordinaria, fare fronte alla spesa straordinaria, oppure fare un investimento, come potrebbe essere l’ospedale, fare un’emissione per questo tipo di investimento.

Emanuele Santi (Rete):  Qui siamo proprio al cuore del tema, perché di fatto qui si va a definire dove vengono impiegate, dove vengono utilizzate le risorse prese in prestito.  Ecco, io capisco quello che dice il segretario Gatti, lo posso anche condividere: in una legge generalistica devo cercare di lasciarmi aperte tutte le strade, perché se ho un problema sussistente o un imprevisto, posso destinare le risorse ovunque.  Però qui il punto è un altro. Il punto, segretario, è che noi da ormai quattro anni a questa parte abbiamo sul tavolo il tema di come destinare le risorse, soprattutto di continuare a fare debiti per pagare le spese correnti, o almeno per pagare dei disavanzi di bilancio. Non si è fatto nulla in questi anni, anche se io devo darle atto, insomma, che alcuni interventi hanno portato dei benefici. Il bilancio del 2022 è stato chiuso addirittura con un piccolo utile.  Però strutturalmente, al di là degli eventi estemporanei, noi perdiamo quei 30-35 milioni all’anno. Lo vediamo nell’assestamento che andremo ad approvare prossimamente. C’è scritto, insomma, che perdiamo 30 milioni. Quello è il nostro deficit strutturale che ci portiamo dietro. Quindi abbiamo un problema strutturale fra le entrate, che sono 40-35 milioni in meno delle uscite. Noi abbiamo preso dei soldi in prestito e parte di questi soldi in prestito li abbiamo utilizzati per chiudere i disavanzi di bilancio, oltre ad averli impiegati per estinguere i mutui vecchi, per estinguere magari beghe vecchie. Però al di là delle responsabilità, qui il discorso è che noi parte di quel debito non l’abbiamo speso per la spesa per investimenti, per qualcosa di produttivo. È vero, abbiamo utilizzato una parte per intervenire sul Covid e per mettere a posto l’economia del Paese. La formulazione la possiamo lasciare anche aperta, ma poi dopo è una volontà politica dire che no, le risorse prese in prestito le dobbiamo portare per gli investimenti, magari dove c’è bisogno, e non possiamo continuare a spenderle dove magari c’è uno spreco. E qui non sto parlando di tagli allo Stato sociale. Se limitiamo gli sprechi vuol dire che spendiamo un po’ di meno, il deficit si abbassa e le risorse che prendiamo in prestito magari le utilizziamo a scopi per aumentare l’economia, invece che a scopi regressivi. E quindi l’invito, al di là di quello che è già scritto, è che noi dobbiamo prenderci un impegno politico a fare queste cose. Non possiamo continuare con il debito pubblico, con i soldi presi in prestito, a pagare le spese di troppo, gli sprechi, le spese in più. Grazie.

Nicola Renzi (RF): Andate a vedere l’ultimo assestamento. Vedrete che alcune Segreterie continuano a spendere e a spandere come se non ci fosse un domani. Alcuni hanno spostato i fondi da quello di riserva a quell’altro, tra i capitoli, per continuare a pagarsi le spesucce, eccetera eccetera. Segnatamente la Segreteria al Turismo, mi sembra abbia una perdita ulteriore di 100.000 euro, se non sbaglio. E stiamo qua analizzando un progetto di legge che ci dice che possiamo continuare a fare debito per pagare la spesa corrente. Tra le spese correnti ovviamente rientrano anche le ospitalità, i viaggetti e le cene di qualche Segretario di Stato.  Questo non è accettabile. Ci avete dipinto il Paese dell’età dell’oro prima delle elezioni. Era il Paese dove non ci sarebbe mai stato un aumento dell’imposizione fiscale, dove andava tutto bene, dove si potevano assumere 500 dipendenti pubblici senza battere ciglio. E adesso facciamo questa legge che ci dice che possiamo continuare a fare debito per la spesa corrente, e che poi alla fine, se proprio va male, metteremo le mani nelle tasche dei cittadini per aumentare loro l’imposizione fiscale. E qualcuno continua a spendere i soldi come gli pare, per togliersi, nelle Segreterie di Stato, delle soddisfazioni che nella sua vita non si potrebbe togliere diversamente.  Ecco, questa è una cosa vergognosa. Questa è una cosa vergognosa ed è l’attitudine.E allora, i momenti di difficoltà, per prima cosa bisogna riconoscerli. Bisogna che una classe politica dia il segnale, per prima, che bisogna comportarsi in un certo modo.  Io lo dico sempre. Oggi ci sono assunzioni illimitate nel settore pubblico allargato. Allora così non va bene. Quello che serve è un chiaro cambio di passo, è un chiaro cambio di marcia. Bisogna iniziare a far capire in quale situazione ci troviamo, che non è una situazione rosea. Bisogna far capire che ci saranno dei sacrifici da fare, ma che, se tutti remiamo nella stessa direzione, ci può essere anche una speranza di raddrizzarlo, questo Paese.  Questo è quello che bisogna fare, non continuare così con le marchette, le spesucce e le altre cose miserevoli che state facendo.

Gaetano Troina (D-ML): Se c’è un’emergenza, si riunisce il Parlamento d’urgenza, si fa una variazione d’urgenza alla normativa, come è stato fatto nel periodo Covid, e si interviene sull’emergenza. Altrimenti si tiene aperta la porta con la scusa dell’emergenza, e poi in realtà si utilizza per l’ordinario.  Questo non può passare come concetto. Perché altrimenti, allora, teniamo sempre le maglie larghe, perché non si sa mai, può servire. In realtà continuiamo a utilizzarlo per l’ordinario con la scusa che, se poi c’è l’emergenza, siamo già pronti.  Se c’è l’emergenza, ci si vede, si parla dell’emergenza e si valuta come fare. Altrimenti, come dicevano giustamente anche i colleghi, oggi si continua a utilizzare quello che si ottiene per fare assunzioni nel settore pubblico. Perché questo è sotto gli occhi di tutti. Non si può negare l’evidenza. Quindi, se veramente l’intento del debito pubblico è quello di favorire lo sviluppo, la crescita del Paese e gli investimenti, li usiamo per questo. Se invece li vogliamo usare per la spesa corrente, lo diciamo ai cittadini in maniera chiara. Ma vi prendete la responsabilità di questo. Perché un giorno, se si continua così, torniamo ai beni in garanzia. 

Iro Belluzzi (Libera): Purtroppo grandi spese e grandi assunzioni si sono verificate anche nella scorsa legislatura. Non per niente in questa fase ci troviamo a dover gestire una questione, ad esempio quella legata agli insegnanti, dove 65 insegnanti erano in procinto, probabilmente, di essere stabilizzati al di fuori di quella che era stata l’analisi da parte dell’ex maggioranza, rispetto all’andamento demografico e alla crisi anche delle scuole, in funzione dei plessi, della valutazione di chiusura o meno in base al numero di iscritti. Logicamente, sappiamo quali sono stati i problemi che comunque hanno coinvolto la maggioranza dello scorso quinquennio, compreso anche quello che era la pandemia, il Covid. Oggi si è partiti con un approccio, un’attenzione completamente differente. Sicuramente non solamente per merito di Libera, ma da una consapevolezza dell’attuale maggioranza rispetto a quelli che possono essere i costi e gli sprechi che devono essere eliminati. Ricordo, ad esempio, che nella legge sviluppo vi era un articolo dove, sotto il controllo della Segreteria agli Esteri, ogni Segreteria deve rendicontare quelli che sono i costi per i viaggi. Mi sembra che fosse stato introdotto all’interno della legge sviluppo. Per cui un’attenzione maggiore c’è. E su quello che ha richiamato Renzi, dove determinate Segreterie continuano a spendere probabilmente al di là di quella che è la necessità, ci sarà grande attenzione. 

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Articolo 13

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni.

Respinto con 4 voti favorevoli e 9 contrari

Articolo 13 così come emendato dal Governo

Approvato con 9 voti favorevoli e 4 contrari

Nicola Renzi (RF): Almeno noi vorremmo che ci attestassimo a dei sistemi improntati alla massima prudenza. Quindi è inutile stare anche qui a dire come i derivati siano indubbiamente uno strumento che è stato usato, che probabilmente ha consentito importanti guadagni a qualcuno, ma che ad altri ha comportato anche rilevanti perdite. Sappiamo cosa è successo un po’ di tempo fa a tante amministrazioni di un Paese anche vicino a noi. Quindi questo dovrebbe portarci ad essere il più prudenti possibile.  Ma invece qua quello che interessa, come abbiamo detto, è semplicemente riconoscere il ruolo degli advisor, o dell’advisor, sminuire il più possibile il ruolo degli uffici e lasciare mano libera al Congresso di Stato e al Segretario delle Finanze di fare ciò che vuole. Questa impostazione a noi non piace.

Emanuele Santi (Rete): Anche questo articolo 13 è uno dei temi più spinosi presenti in questa legge. La possibilità per il nostro Paese di poter fare strumenti finanziari derivati per la copertura dei rischi sull’emissione dei titoli di Stato È vero che è un’operazione che viene fatta in tutti i Paesi. Però dobbiamo anche dire che è un’operazione molto rischiosa. Io la prima domanda che le faccio, Segretario, è: chi la gestirà questa operazione? Chi è che gestirà l’emissione e il controllo e l’andamento di questi strumenti derivati? Perché, se da una parte posso anche capire, no? Uno fa un’assicurazione, sicuramente sarà un’assicurazione sul rischio di cambio. Ci può anche stare. Però quando si parla di milioni di euro, e soprattutto quando si parla del fatto che lo strumento derivato andrà a coprire il rischio di cambio, un pochettino bisogna anche sapere come funziona. Hai la protezione di mantenere il tasso con cui hai negoziato il titolo. Ma se il tasso cala, tu devi pagare la differenza.  Questi strumenti vanno monitorati, vanno gestiti con un’estrema attenzione, vanno gestiti da personale qualificato. Io non so chi li gestirà. Non so chi li gestirà.  Vanno monitorati e vanno soprattutto gestiti con molta cautela. Perché — faccio un altro esempio — se noi avessimo fatto un derivato a protezione del tasso del 6,5%, l’avessimo fatto nel 2023, ci avrebbe protetto se il 6,5 fosse aumentato al 10 o 15%. Noi avremmo pagato il 6,5 sul tasso variabile. Ma come è successo, i tassi sono scesi, e tu paghi comunque sempre il 6,5. Quindi il derivato va giù come valore. Però il problema serio è che, siccome i derivati sono scommesse — sono scommesse — sono assicurazioni che però hanno un costo. Sono scommesse. Se non vengono gestite bene, ci sono amministrazioni comunali, provinciali, pubbliche che si sono fatte male.  Ecco, io penso che noi non abbiamo la struttura di controllo per gestire questi strumenti. Questo lo dico adesso.

Sara Conti (RF): Premesso che, dopo la riflessione e la disamina che ha fatto il commissario Santi, che è stato anche molto dettagliato e tecnico, c’è ben poco da aggiungere per far capire che questo tema è tutt’altro che un tema da prendere alla leggera o su cui scherzare.  È chiaro, non immagino nemmeno che voi abbiate l’intenzione di scherzare sull’autorizzazione per i derivati, per l’investimento in derivati, però ci sembra che non stiate realmente valutando quello che dalla nostra parte invece cerchiamo di dirvi. Ovvero, il fatto che intanto si menzionano dei pareri della Banca Centrale e della Ragioneria dello Stato, senza dire che questi pareri abbiano una caratteristica di vincolo, e quindi che siano vincolanti per la decisione del Segretario.  Si capisce bene che la persona che deciderà se, come, quando investire in derivati è soltanto il Segretario di Stato alle Finanze. Perché per come è scritto questo articolo, questo è quanto. E quindi, siccome non sono semplici operazioni — come ha detto il commissario Santi — su questa cosa non si scherza. Sarebbe bene mettere e prevedere delle tutele in più, a nostro avviso. 

Segretario di Stato Marco Gatti: Mi domando dove sia scritta la parola “investire in derivati”… io in questo articolo non l’ho trovata da nessuna parte. Qui lo Stato non fa investimenti in derivati. Lo Stato fa una copertura di rischio. Quindi vuol dire che io faccio un’emissione a tasso variabile, chiedo: c’è qualcuno che, siccome voglio trasformare per lo Stato quel tasso variabile in un tasso fisso, vuole investire su questa scommessa?  Perché io voglio che questo tasso mi rimanga al 2%, anche se sale e se scende. E se scende, mi rimane. C’è qualcuno che vuole investire? Il rischio lo prende lui. La scommessa la prende lui. A me serve per fissare il tasso per la durata dell’investimento.  Quindi è una scelta che devo prendere nel momento in cui vado sul mercato a un tasso variabile anziché a un tasso fisso. Quindi, nel momento in cui faccio questa operazione di copertura finanziaria, vuol dire che stabilizzo il tasso. Lo posso fare? Non lo posso fare? Chiaramente, se penso che i tassi si alzano, potrebbe essere il caso di prenderlo in considerazione, così come è stato fatto quella volta lo swap sul gas, che abbiamo scommesso che si sarebbe alzato il costo del gas.  E quindi abbiamo chiesto: c’è qualcuno che si vuole accollare il rischio che questo salga? C’è stato uno che si è accollato il rischio. Quello lì ha fatto la scommessa. Quello ha fatto la scommessa, non è stato un investimento. È stata una copertura.  Quindi qui siamo nelle condizioni di prevedere la copertura di un rischio, non di fare un investimento. La parola “investimento”, io non l’ho letta in nessuna riga di questo articolo.

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Articolo 14 

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni.

Respinto con 4 voti favorevoli e 9 contrari

Articolo 14 così come emendato dal Governo

Approvato con 8 voti favorevoli e 3 contrari

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Articolo 15 

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni.

Respinto con 4 voti favorevoli e 8 contrari

Articolo 15 così come emendato dal Governo

Approvato con 9 voti favorevoli e 4 contrari

Gaetano Troina (D-ML): Ribadisco quello che dicevo prima. Tutte le lettere del comma 1, di fatto, prevedono che le decisioni emanate da qualunque altra giurisdizione — accettata nel momento in cui sono state sottoscritte le obbligazioni connesse all’emissione dei titoli — vadano a superare quella che è la nostra giurisdizione interna. Il fatto che sia stata prevista una disciplina così analitica e così dettagliata fa desumere, a chi prende in mano il provvedimento, che sarà questa poi la strada che verrà scelta.  Del resto ce l’avete detto voi stessi ieri sera: a nessuno interessa che la normativa di riferimento sia quella sammarinese, perché all’estero di come funzionano le nostre regole non interessa, e non sottoscriverebbero i titoli se si applicasse la nostra norma. Quindi ci avete già implicitamente detto che in realtà sarà quasi sempre quest’altra la disciplina che si applicherà. E onestamente il fatto di non sapere quali siano le giurisdizioni con cui si intende interloquire per l’emissione dei titoli lascia perplessi.  Ripeto, e l’ho già detto prima: parliamo di Paesi che fanno parte dell’Unione Europea, Regno Unito e simili? O in generale qualunque tipo di giurisdizione? Perché, per come è scritta, va bene qualunque tipo di giurisdizione. Vorremmo delle risposte su questo, perché per ora non ci sono state date.

Luca Della Balda (Libera): Volevo segnalare al Segretario e ai commissari presenti quello che a mio avviso è un errore di omissione involontaria. Il punto e dell’articolo 15 che stiamo dibattendo è la prosecuzione del primo comma, cioè dove si dice che “i provvedimenti sono riconosciuti senza necessità di alcun provvedimento quando”… Io aggiungerei: “la decisione non è in contrasto con altra decisione resa dall’autorità giudiziaria sammarinese fra le stesse parti.” Perché se c’è una decisione dell’autorità sammarinese che è contraria al provvedimento giurisdizionale straniero, questo non può essere reso esecutivo a San Marino.

Sara Conti (RF): Intanto ringrazio il commissario Della Balda, perché questo era uno dei punti che volevamo segnalare. Effettivamente ci sembrava strano che, laddove ci fosse un contrasto, valesse in realtà il provvedimento estero senza che fosse necessario nessun tipo di provvedimento da parte nostra.  Allo stesso modo, volevo chiedere anche se fosse possibile un chiarimento sul punto C del comma 1, dove si dice che “il provvedimento è passato in giudicato ai sensi della normativa vigente nello Stato in cui sia stato pronunciato”. E allora io mi domando: ma se il provvedimento è pronunciato in uno Stato dove magari la magistratura non è totalmente indipendente, oppure in uno Stato autoritario o semiautoritario, è valido lo stesso?  Questo era uno dei dubbi, perché effettivamente, messo in questo modo, questo articolo — questo comma 1 — prevede che non sia necessario alcun tipo di provvedimento, anche in casi in cui ci possono essere interpretazioni, a nostro avviso, un pochino pericolose.  

Emanuele Santi (Rete): Adesso, al di là dei tecnicismi, delle paroline in più o in meno, qui è un’impostazione che noi contestiamo. L’articolo 15 si intitola “Riconoscimento di provvedimenti giurisdizionali stranieri”. Bene. Cosa facciamo noi? Li riconosciamo. Quali che siano. Tutti gli Stati, qualsiasi siano, li accettiamo tutti, rinunciando di fatto a un po’ di sovranità.  Allora, questo articolo — vi chiedo — secondo voi tutela lo Stato di San Marino o tutela chi viene a investire, chi ci dà i soldi, e basta? Questo è il tema. Noi non potevamo prevedere che anche il nostro tribunale potesse avere parola su questi temi? Se a voi va bene così, qui c’è praticamente l’accettazione di provvedimenti giuridici fatti in Stati stranieri, e noi non dovremmo dire niente.  Io me lo chiedo: è tutelante per il nostro Paese questo articolo? Cioè, se arriva un provvedimento dalla Bulgaria che ci dice che siamo completamente perdenti, noi lo accettiamo? Non possiamo dire niente? Però, insomma, quando si scrivono le leggi, dovremmo tutelare anche il nostro Paese, delle volte, non solo chi eventualmente — se ci sono problemi — ci ha prestato i soldi. Perché qui mi sembra questo il punto.   

Luca Gasperoni (PDCS): Intanto, noi andiamo a collocare i nostri titoli di debito su mercati internazionali. Quindi non possiamo aspettarci che possiamo far valere la nostra giurisdizione sul mercato dove andiamo a collocare.  Però, parzialmente, vorrei contraddire quello detto da Santi. A livello internazionale, la legge che si usa è quella inglese, soprattutto per quanto riguarda le emissioni. Gli investitori devono sottostare a leggi di Paesi che conoscono, e non c’è interesse da parte dell’investitore a sottoscrivere un investimento dove il foro di competenza è poco conosciuto o incerto.  Quindi, vorrei un po’ sminare questo problema, cioè l’idea che si stia sottostando a leggi di mercati deregolamentati o non riconosciuti. Non è proprio così.

Luca Della Balda (Libera): Oltre a confermare le considerazioni svolte dal commissario Gasperoni, che condivido, voglio ribadire che comunque si tratta di giurisdizioni di Stati la cui competenza è stata accettata da San Marino. Già in fase di emissione, quindi è contrattualizzata. Parliamo del collocamento in Paesi dell’Unione Europea, Regno Unito… questa è già una garanzia.  Per quanto riguarda invece l’osservazione del commissario Conti sul punto C, non è affatto un errore che per essere eseguito un provvedimento straniero in San Marino questo debba essere passato in giudicato. Anzi, è una garanzia, proprio perché significa che per poter essere eseguito a San Marino il provvedimento deve essere definitivo, non pronunciato da un solo magistrato, ma confermato magari da Corte d’Appello o Cassazione.  Questa è una tutela per il convenuto. Sarebbe grave se potesse essere reso esecutivo a San Marino un provvedimento che ancora non è definitivo, perché potrebbe essere modificato in appello. Questa è una regola generale, anche nelle convenzioni tra Italia e San Marino. Una sentenza italiana, per poter essere eseguita a San Marino, nonostante la convenzione, deve essere definitiva. Altrimenti si rischia di avere giudicati discordanti.

 

Gaetano Troina (D-ML): Replico come proponente dell’emendamento. Allora, sarei d’accordo con quanto detto dal commissario Della Balda, se non fosse che l’articolo 9 l’avete lasciato com’era. Perché voi avete cambiato soltanto la questione del collocamento, ma non la questione della negoziazione dei titoli. E lì non si parla né di Unione Europea, né di Regno Unito, né di altro.  Invece, lasciando la dicitura generica, un “paese straniero” può essere qualunque paese straniero. Se vogliamo tutelarci, allora scriviamolo: “un paese straniero membro dell’Unione Europea o il Regno Unito”, esattamente come abbiamo fatto in un altro caso. Se questo è il tema, altrimenti — per come è scritto — va bene qualunque giurisdizione.

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Articolo 16 

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni.

Respinto con 4 voti favorevoli e 9 contrari

Articolo 16 così come emendato dal Governo

Approvato con 9 voti favorevoli e 4 contrari

Gaetano Troina (D-ML): Faccio una considerazione ulteriore che mi è appena venuta in mente rispetto a tutta questa serie di articoli. Ci stiamo sperticando nel dire che tanto la normativa della Repubblica di San Marino non verrà mai scelta, perché in base a questa normativa non siamo presenti sui mercati internazionali. Allora mi chiedo: a cosa serve tutta questa normativa? Se tanto la normativa sammarinese non verrà applicata, a cosa serve? Ci sono già le convenzioni internazionali che regolano l’acquisizione delle prove, la notificazione degli atti, le disposizioni in materia cautelare… Se tanto non verranno mai applicate le norme sammarinesi, perché le stiamo modificando? Nessuno le sceglierà. Mi spiegate il senso?

Emanuele Santi (Rete): Credo che le considerazioni del commissario Troina siano pertinenti. Voi avete sostenuto fino adesso che tanto la giurisdizione sammarinese non verrà mai utilizzata. E allora giustamente il commissario pone una domanda: per quale motivo facciamo tutta questa normativa, tutti questi dettagli? A cosa serve tutto questo? Perché, francamente, io capisco poco di queste cose, ma mi pare che si stia scrivendo qualcosa che poi non verrà nemmeno usato. Se arrivano atti dall’estero, il nostro tribunale non deve dire niente? Dobbiamo solo dire “sì, signore”? Mano a mano che andiamo avanti con la lettura di questi articoli, mi viene sempre più da pensare male. Le risposte non arrivano. Il commissario Troina ha posto una questione logica: se queste norme non verranno mai utilizzate, perché tutta questa “cerimonia”? Qualcuno prima o poi ci spiegherà a chi servono.

Luca Della Balda (Libera): C’è una logica, una motivazione: anche se l’investitore optasse per una giurisdizione straniera, poi, dato che la sentenza in alcuni casi deve essere eseguita a San Marino, è bene che si conoscano anche le regole per rendere esecutiva la sentenza nel nostro ordinamento. Quindi è vero che esistono convenzioni internazionali — con l’Italia, con altri paesi — ma questa norma aggiunge un ulteriore strumento di certezza del diritto. Serve non solo nella fase di cognizione, ma anche in quella di esecuzione. Se un creditore ha una sentenza favorevole in Inghilterra ma non ha la certezza che potrà eseguirla dove si trovano i beni del debitore — a San Marino — questo può generare incertezza e ridurre l’affidabilità del titolo. Con queste norme, invece, l’investitore conoscerà le regole fino alla fase conclusiva.

Gaetano Troina (D-ML): Il problema è che c’è l’articolo 14, che abbiamo già votato. L’articolo 14 dice che queste regole si applicano solo quando i titoli non sono regolati dalla normativa sammarinese. Quindi, se i titoli non sono regolati dalla nostra normativa, queste regole non servono a niente, perché si applicano quelle di altri paesi. Quello che lei dice avrebbe senso se queste norme servissero a riepilogare il funzionamento della nostra giurisdizione per gli investitori, rendendola chiara e fruibile. Ma non è così. Qui si disciplinano norme che si applicano solo nel caso in cui non venga utilizzata la giurisdizione sammarinese. Ma se non si utilizza, queste norme non hanno senso, perché saranno valide altre normative. Ci sono già le convenzioni internazionali che regolano questi aspetti, che non possono essere derogate da una legge come questa. Queste norme valgono solo nel nostro diritto interno. Ma se non si applica il nostro diritto, perché le stiamo scrivendo? A questa domanda, nessuno ha ancora risposto. Il ragionamento di Della Balda ha senso — lo ribadisco — se tutto fosse regolato dalla nostra normativa. Ma non è così. Se invece si applica la normativa sammarinese, già esistono regole chiare. Queste norme che stiamo approvando, invece, valgono solo quando non si applica il nostro diritto, quindi non hanno senso.  

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Articolo 17 

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni.

Ritirato 

Articolo 17 così come emendato dal Governo

Approvato con 9 voti favorevoli e 3 contrari

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Articolo 18 

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni.

Ritirato

Articolo 18 così come emendato dal Governo

Approvato con 9 voti favorevoli e 3 contrari

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Articolo 19 

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni.

Respinto con 4 voti favorevoli e 9 contrari

Articolo 19 così come emendato dal Governo

Approvato con 9 voti favorevoli e 2 contrari

Gaetano Troina (D-ML): Su questo articolo ci sentiamo di mantenere l’emendamento perché vogliamo comunque parlarne in modo più approfondito. Siamo usciti dal tema procedurale e siamo invece entrati nei profili fiscali.  Il comma 1 dice che i percettori di interessi e di altri proventi relativi ai titoli di Stato sono esenti da ritenute, imposte, tassi, tributi previsti dalla normativa vigente a San Marino. Anche qui, però, visto che è stata esclusa l’applicazione della normativa sammarinese, quale normativa si applica in questo caso? Sempre quella del paese terzo?  La domanda è semplice e vale per tutti e tre i commi dell’articolo 19, che trattano l’esenzione da imposte, tasse e tributi. Se l’operazione viene effettuata secondo una normativa estera — Regno Unito, Unione Europea — si applicano i profili fiscali di quel paese?  Questo approccio mi può star bene solo se si sceglie di utilizzare la normativa sammarinese. Ma se si sceglie una giurisdizione estera, allora come funziona? È questo il dubbio.  

Segretario di Stato Marco Gatti: Il principio di base è che ogni soggetto paga le imposte sulla base della propria residenza fiscale. Quindi, per i soggetti non residenti, le imposte sono dovute nello Stato di residenza.  Lo Stato in cui si esegue la prestazione potrebbe teoricamente pretendere una ritenuta, ma nei contratti internazionali questo non succede, perché i compensi sono definiti al netto di ogni imposta. Se San Marino applicasse una ritenuta, l’emittente dovrebbe aumentare l’importo lordo per garantire comunque il netto concordato.  Per quanto riguarda gli interessi percepiti dagli investitori, di solito le emissioni sono fatte in esenzione da imposte, per rendere più competitivo il titolo. Un investitore guarda il netto che gli resta, non il tasso lordo.  Inoltre, anche per le emissioni interne, San Marino le ha sempre fatte al netto da imposte, proprio per evitare distorsioni di calcolo e per motivi di competitività: è più semplice parlare direttamente in termini netti.  

Nicola Renzi (RF): Sì, sicuramente quello del segretario è un bagno di realismo, e alcune cose che ha detto sono condivisibili, soprattutto per quanto riguarda gli investitori.  Però, per quanto riguarda i compensi ai soggetti esteri, non residenti, non mi convince del tutto. È vero che offrono il prezzo “netto”, ma questo principio vale per qualunque consulente. E allora perché in alcuni casi si fanno pagare le tasse e in altri no? Nel caso in esame, sembra si stia creando una corsia privilegiata fiscale per certi operatori.  Infine, non è una gran cosa — formalmente parlando — che proprio le operazioni finanziarie, che sono quelle che spesso producono le maggiori revenue, vengano interamente esentate da imposte. Poi, chi ci dice che, andando avanti così, anche gli advisor interni non pretenderanno esenzioni fiscali?  Il passo è breve.

Emanuele Santi (Rete): È vero, come dice il Segretario Gatti, che chi sottoscrive il debito — advisor o investitori — ragiona sempre sul netto. Se si deve calcolare una percentuale per rimanere sopra il 100 e garantire il netto pattuito, alla fine è solo una partita di giro: aumentano le uscite, ma il netto percepito resta invariato.  Ma il punto, secondo me, è un altro: è il segnale politico che si dà. Faccio un esempio semplice. Noi consiglieri riceviamo un gettone, soggetto a tassazione separata al 12%. Tutti i cittadini sammarinesi, chi al 12%, chi al 17%, sono comunque sottoposti a imposizione fiscale. Tutti contribuiamo, in base a quanto lo Stato ci richiede, al mantenimento del nostro sistema sociale.  Con questo provvedimento invece individuiamo una categoria completamente esente da imposte e tasse.  Un altro esempio: un cittadino sammarinese che percepisce interessi attivi su un certificato di deposito è soggetto a ritenuta fiscale dell’11%, se ricordo bene. Qui, invece, parliamo di proventi finanziari e compensi rilevanti, che generano grandi flussi economici, completamente esentati.  È una scelta che dà un segnale preciso: alcune categorie di reddito, in particolare quelle legate alla finanza e alla gestione del debito, non pagano tasse.  Capisco la logica tecnica, ma dal punto di vista del principio e dell’equità fiscale, il messaggio è grave. Forse sarebbe stato meglio prevedere una ritenuta, come già accade in altri contesti. Poi, come ha detto il segretario, si sarebbe potuto calcolare il lordo per garantire comunque il netto contrattualizzato. Ma almeno si sarebbe mantenuto il principio che tutti pagano qualcosa.  Per fare un esempio ulteriore, la ritenuta d’acconto — se ricordo bene — è al 20%. Lo Stato trattiene questa cifra e poi, nel paese di residenza, l’imposta può essere recuperata. Questo sarebbe già stato un segnale più equo.  Concludendo: dire che questi proventi e interessi sono completamente esenti in un momento come questo per il Paese, è un segnale molto brutto.  

Segretario di Stato Marco Gatti: C’è effettivamente un diritto impositivo dello Stato, visto che la prestazione si svolge nel nostro territorio.  Ma va anche considerato che qui non parliamo di due soggetti privati. In queste operazioni, una delle controparti è lo Stato stesso. E siccome stiamo lavorando anche per abbattere i costi della pubblica amministrazione, questo significa anche eliminare procedure che non portano vantaggi concreti.  Perché, se alla fine devo comunque arrivare a quel netto contrattualizzato, ma per farlo devo aprire una serie di pratiche — incasso, liquidazione, certificazione del pagamento — l’operazione diventa onerosa dal punto di vista amministrativo. Sono tutte attività che non si possono delegare interamente a un sistema automatico, ma richiedono lavoro manuale.  Quindi, in un’ottica costi-benefici, pur condividendo il principio, abbiamo scelto questa direzione. Le tasse, comunque, gli operatori esteri le pagheranno nei loro paesi di residenza, e non potranno recuperare nulla da San Marino, proprio perché qui non pagheranno nulla.  Per lo Stato, quindi, l’operazione è neutra, ma almeno non ci carichiamo di ulteriori costi amministrativi. Invece, per i soggetti residenti, resta tutto invariato: pagano regolarmente le imposte a San Marino.

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Articolo 20

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni.

Ritirato

Articolo 20 così come emendato dal Governo

Approvato con 9 voti favorevoli e 2 contrari

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Emendamento della maggioranza aggiuntivo di un articolo 20-bis

Approvato all’unanimità con 13 voti favorevoli

Iro Belluzzi (Libera): Abbiamo considerato, come maggioranza e d’accordo con quello che comunque aveva già elaborato la Segreteria di Stato del Segretario Gatti, che fosse opportuna un’informativa, e quindi una presentazione del regolamento all’interno della Commissione Finanze, in coerenza con quello che è il fatto che comunque si debba conoscere anche il momento in cui verrà emesso il titolo, il regolamento sottostante.  Logicamente, il momento dell’emissione del titolo vero e proprio sul mercato resta un momento che non può essere perfettamente allineato con la convocazione della Commissione Finanze, o di qualsiasi altro organo del Consiglio Grande e Generale. Questo perché ciò potrebbe far perdere quella velocità nell’esecuzione che è necessaria per ottenere il miglior collocamento possibile.  Però abbiamo considerato importante che comunque la politica tutta sia resa edotta di quello che sta avvenendo, proprio nel momento in cui avviene.

Nicola Renzi (RF): Solo per dare atto che questo è un veramente minimo, piccolissimo miglioramento rispetto a quello che era previsto inizialmente dalla legge. Questo, a onor del vero, lo dobbiamo riconoscere. Certamente non incide in alcun modo: è semplicemente una cosa un po’ informativa — che tra l’altro il Segretario Gatti ci aveva già detto venivano pubblicate anche sul sito della Segreteria — quindi non è che sia una cosa risolutiva o particolarmente innovativa. Dipenderà poi anche dalla tempistica.  È il segnale, comunque, che la maggioranza un piccolo qualcosa ce l’ha voluto mettere dentro. Noi continuiamo a ripetere: a nostro avviso, le cose che avrebbero potuto rendere in qualche modo trattabile, negoziabile, approcciabile questo testo di legge erano altre. In particolare:  la possibilità di nominare un advisor anche da parte delle opposizioni nelle procedure di emissione, rinegoziazione, eccetera, dei titoli. Un advisor che potesse apportare quel know-how tecnico utile a sostenere anche i commissari e i gruppi consiliari di opposizione nella valutazione delle operazioni;  E poi, la possibilità di decentrare dalla Segreteria alle Finanze all’amministrazione — quindi agli uffici — un parere che fosse realmente vincolante, perché così com’è, per come uscirà questo progetto di legge, il Segretario alle Finanze ha veramente quelli che vengono definiti i “pieni poteri”, insomma.

Iro Belluzzi (Libera): Io vorrei sottolineare come, per chi comunque è stato in maggioranza, è stato al Governo, per chi si occupa di politica attiva all’interno del Consiglio Grande e Generale, e si è occupato di amministrazione… sappiamo quanto rilevanti siano i pareri. Quante volte sono stati chiesti pareri all’Avvocatura dello Stato — pareri che non sono vincolanti — ma contro un parere di un ufficio tecnico difficilmente si va.   Io, a memoria mia, a conoscenza mia, non conosco un’azione che sia stata portata avanti contro un parere dell’Avvocatura di Stato, che è un punto di riferimento per tanti processi che il Congresso di Stato ha portato avanti e porta avanti.  Per cui, credo che veramente bisogna riconoscere quanto sarebbe stonato un parere vincolante, quanto invece è già permeante un parere di un organo tecnico dell’amministrazione.

Gaetano Troina (D-ML): Non posso non intervenire dopo l’intervento del collega Belluzzi.  Io ho sentito tante volte, nei suoi interventi in questi giorni, dire: “Questa cosa non potrà mai succedere”, “Questa cosa non si fa”, “Bisogna avere il buon senso”. Ngli ultimi anni, quante volte invece è successo il contrario di quello che sarebbe dovuto accadere secondo il buon senso? Queste cose io le ho sentite dire tante volte nel tempo, però poi… le cose sono accadute, non sono sempre andate come ci si aspettava.  D’altra parte, non è nemmeno la prima volta che vengono richiesti dei pareri. Poi, siccome magari quei pareri non vanno bene, non dicono quello che ci si aspettava, se ne chiedono altri…  E va bene. Però, sicuramente, se il parere del tecnico che indichiamo è vincolante, e lo rendiamo vincolante, è perché consideriamo che il parere di quell’organismo abbia una valenza particolare. È un po’ come quando esaminiamo le istanze d’Arengo che trattano i temi delle Giunte di Castello. Il parere della Giunta ha un significato. Se la consideriamo, è un conto. Se non la consideriamo, è un altro conto.

Emanuele Santi (Rete): Già ieri sera avevo sottolineato il fatto che la maggioranza avesse presentato questo emendamento come un segnale di attenzione e di tutela rispetto a un progetto di legge che, di tutela, ne ha ben pochi. Poi il Segretario Gatti ci aveva tenuto a precisare che il fatto delle emissioni era già pubblico.  Detto questo, sicuramente il segnale è da accogliere positivamente. La maggioranza ha portato questo emendamento, è una piccola miglioria, si poteva fare molto di più — questo lo dovete ammettere.  Però rimane, permane comunque un nostro parere negativo. Capisco che in maggioranza sia difficile anche fare emergere certe posizioni, però quello che emerge in maniera chiara — anche da alcuni interventi che ho sentito — è che un po’ di sofferenza rispetto a questa delega in bianco data completamente al Segretario alle Finanze, c’è. E questa cosa un po’ pesa, insomma.  Quindi, questo emendamento aggiuntivo lo accogliamo come un segno favorevole, ma devo dire che si poteva fare molto meglio. Si poteva mettere qualche briglia in più a questo Segretario alle Finanze, che insomma… spadroneggia e domina, in questo momento.

Segretario di Stato Marco Gatti: Solo una considerazione sull’emendamento presentato dalla maggioranza. Lo ritengo qualificante. Il fatto che venga data pubblicità anche alla programmazione è un fatto molto rilevante, da non sottovalutare. Quindi è stata una mancanza effettivamente del progetto di legge, e ritengo che sia un valore aggiunto.  Perché il fatto che si faccia o non si faccia non vuol dire che dopo si continuerà a fare. Il fatto che sia fissato nella legge invece obbliga a portare avanti questa attività, così come anche il fatto di poter trasmettere questi regolamenti. Anche perché, oggi, diciamo, sono elementi di novità. Sono solo negli ultimi anni che abbiamo iniziato a ragionare di debito strutturato, in cui si utilizzano anche gli strumenti del titolo di Stato. Quindi, sicuramente, può essere un elemento che ci aiuta a conoscere meglio lo strumento, e forse ad avere meno paura.  Solo una battuta sui pareri degli uffici, perché dal dibattito sembra che i pareri degli uffici nascono per tutelare lo Stato contro degli amministratori che per forza devono essere infedeli, no? Contro un’amministrazione che per forza deve essere infedele…  Io la vedo tutta al contrario. Cioè, i pareri degli uffici sono tutela dell’amministratore che deve firmare.  Cioè, il fatto che il Congresso di Stato debba prendere una decisione, o l’amministrazione debba prendere una decisione, è importante che ci sia un parere di supporto, perché rafforza il fatto che quella decisione sia corretta rispetto a tutte le normative che ci sono — che mi potrebbero anche sfuggire.  Quindi, io vedo una tutela nei confronti di chi deve prendere l’ultima decisione.  Io non vedo una tutela contro l’amministratore. Io vedo una tutela per l’amministratore, per chi ha la responsabilità di concludere l’operazione.

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Articolo 21

Emendamento interamente soppressivo proposto dalle opposizioni.

Ritirato

Articolo 21 così come emendato dal Governo

Approvato con 9 voti favorevoli e 3 contrari

Dichiarazioni di voto

Nicola Renzi (RF): Credo sia la prima legge di questa legislatura su cui abbiamo votato “no” su tutti gli articoli dall’inizio alla fine. Tranne l’articolo 20. Questa legge ha dei margini — lo abbiamo detto più volte — e ci dispiace soprattutto come forza politica, perché forse siamo stati tra quelli meno ostili, in assoluto, al concetto di debito estero. Anzi, abbiamo detto in diverse occasioni che poteva essere un’opportunità, ma fatta con determinati criteri. I criteri che invece vengono adottati qui — che erano già nella testa del Segretario Gatti da due o tre anni — non ci convincevano allora e ci convincono ancora meno oggi.  Si formalizza un metodo che, a nostro avviso, è particolarmente pericoloso. Non vogliamo giocare con le parole o cercare giustificazioni che non esistono. È molto semplice: quello che si scrive nelle leggi ha un valore.  Il parere vincolante degli uffici, con quell’aggettivo “vincolante”, per noi è un tema dirimente. Perché? Perché si cambia lo strumento, si parte da un decreto delegato che poi ritorna in Consiglio Grande Generale, e si arriva a un regolamento che dà mano libera al Congresso di Stato. E allora siamo convinti che debba esserci un contrappeso, anzi due contrappesi.  Il primo amministrativo: che esistano uffici, o sottostrutture di uffici, che esprimano un parere vincolante. Perché i pareri — lo sappiamo tutti, chi fa politica da qualche anno, io e altri qui dentro — possono anche lasciare aperte più soluzioni finali. E allora, se diciamo “vincolante”, assumiamo una responsabilità, anche nei confronti degli uffici. Ma siccome abbiamo fiducia negli uffici, crediamo che questo sia il modo giusto.  Segretario Gatti, noi non vediamo la buona fede solo negli uffici e la mala fede nei Segretari di Stato, assolutamente. Anzi. Noi crediamo che siano a garanzia della politica la presenza di advisor da un lato e uffici pubblici dall’altro, che danno delle garanzie.  Io, personalmente, non mi metterei mai nei panni di Segretario alle Finanze a sottoscrivere da solo un regolamento del Congresso di Stato, presentarlo, e poi compiere tutti gli atti successivi. Ma tutti sappiamo come funzionano le cose: finché c’è la responsabilità collegiale del Congresso di Stato, alla fine la responsabilità non è di nessuno. Questo è il punto.  Abbiamo detto “no” al regolamento. Abbiamo detto che la questione dei beni dati in garanzia doveva essere maneggiata con molta più cura. E non ci avete dato una risposta su questo in questi due giorni di dibattito. Io non l’ho sentita. Poi c’è il tema della giurisdizione estera: forse su questo abbiamo una posizione un po’ più realistica, forse accettiamo che sia uno spossessamento della nostra giurisdizione, ma difficilmente potremmo collocare titoli senza questa apertura. Ma anche qui: non si può maneggiare questa materia con leggerezza. Va guardata con grande attenzione.  C’è poi il tema dei derivati, che per noi è particolarmente preoccupante. Sì, può essere anche un’opportunità, ma allora dovrebbero essere ancora più stringenti gli step autorizzativi prima di accedervi.  Questi sono i temi più spinosi. E francamente ci saremmo aspettati maggiore attenzione, una maggiore volontà di confronto anche da parte della maggioranza. Questo non è avvenuto.  Noi rispettiamo le posizioni degli altri, chiediamo rispetto anche per le nostre, che abbiamo cercato di esprimere con chiarezza e forza.  E continueremo, certamente, a fare una battaglia dura, aspra, anche in seconda lettura.  Concludo con un’osservazione generale: avete descritto un paese che non c’è. Lei, Segretario Gatti, è stato il protagonista di questa descrizione: il Paese del Bengodi, l’età dell’oro, dove tutto va benissimo, si fanno assunzioni in ogni modo…  Purtroppo io credo che questa legge sia un altro passaggio che ci mostra come invece non viviamo nel Paese del Bengodi. Viviamo in un paese che avrebbe tante opportunità, ma che ha ancora tante sacche di privilegio, tanti poteri consolidati che dovrebbero invece essere scardinati, per dare libertà a tutti di intraprendere e realizzarsi in una società come la nostra.  E credo che, dopo l’estate, andremo incontro a mesi complicati. Molto complicati. Certamente a livello politico, ma soprattutto a livello economico, sociale, e di sistema Paese.  

Gaetano Troina (D-ML): Abbiamo fatto una serie di domande, osservazioni e richieste di chiarimenti. A volte qualche commissario di maggioranza ha provato a fornire delle spiegazioni, ma su molti aspetti sono rimasti lati alquanto oscuri, ai quali non abbiamo ricevuto risposte.  Dal nostro punto di vista, le criticità sono sostanzialmente quelle già evidenziate anche dal collega Renzi, ma tengo a ribadirle, magari soffermandomi su alcune sfumature specifiche.  La prima è, indubbiamente, il fatto che con questo progetto di legge si conferisce un potere immenso al Congresso di Stato, che con proprio regolamento potrà decidere tutto ciò che riterrà opportuno in merito all’emissione dei titoli di debito pubblico, svuotando di ogni potere di controllo il Consiglio Grande e Generale. Questa, obiettivamente, è la questione più grave: parliamo di uno dei settori più delicati e critici della vita politica e finanziaria del nostro Paese, e noi stiamo andando a sottrarre ogni possibilità di controllo e di intervento da parte del Consiglio.  Sul tema delle garanzie, non abbiamo ricevuto risposte convincenti. E col fatto che non c’è più alcun controllo parlamentare sull’emissione dei titoli — che, è vero, viene fissata nella legge di bilancio — sappiamo benissimo che basta una variazione e tutto può essere modificato.  Inoltre, non abbiamo alcuna idea di quali siano, nello specifico, i beni che vengono messi in garanzia del debito. Potremmo trovarci davanti a sorprese amare, perché la definizione dei beni non è puntuale, ma rimanda a concetti generici. Sul tema della giurisdizione, prendo atto che i mercati internazionali non considerano più la nostra normativa attrattiva, ma allo stesso tempo sono molto preoccupato perché la nuova normativa che abbiamo previsto per supplire a questo problema è, a mio avviso, ancora più lacunosa rispetto a quella precedente.  Abbiamo previsto regole completamente nuove, che dal mio punto di vista non si capisce né se verranno mai applicate né in quali circostanze. L’ho ribadito anche prima: tutto il passaggio che riguarda le norme procedurali non so se verrà mai utilizzato, perché, a mio avviso, è inapplicabile.  Da ultimo, c’è tutto il tema — affrontato anche ieri sera — degli advisor. Un tema tutt’altro che secondario.  Di fatto, la Segreteria alle Finanze potrà avvalersi di chiunque ritenga opportuno, senza dover garantire alcun principio di par condicio, né l’obbligo di ricorrere prima agli organismi già esistenti, come ad esempio l’Avvocatura dello Stato. Avrà la piena facoltà di scegliere a chi rivolgersi, senza limiti di spesa, né regole che limitino l’intervento degli advisor.  Pezzo dopo pezzo, si stanno eliminando le facoltà di intervento di quest’Aula, della Commissione, e del Consiglio Grande e Generale su aspetti rilevanti della vita pubblica.  Evidentemente va bene così, perché non sento voci dalla maggioranza che si oppongano a questo metodo. Quindi, evidentemente, per voi va tutto bene così.  Fatte queste doverose considerazioni, per quanto ci riguarda, questo progetto di legge è assolutamente inaccettabile. La nostra posizione è nettamente contraria.  Neanche noi siamo contrari al debito in sé. Lo abbiamo votato nella scorsa legislatura, perché eravamo consapevoli che in quel contesto storico fosse un passo necessario.  Ma non ci sta bene come questo strumento viene ora utilizzato. Nella scorsa legislatura erano stati depositati diversi ordini del giorno, per indirizzare come e su quali risorse andasse impiegato il debito. Ma quegli ordini del giorno non sono mai stati ascoltati né resi esecutivi.  E questo, ancora una volta, dimostra che l’ordine del giorno è uno strumento che non funziona. Tanto, alla fine, il Governo tira dritto, e va tutto bene così.  Al netto di tutto questo, il nostro parere purtroppo non può che essere negativo, e quindi voteremo contro il progetto di legge.

Gian Nicola Berti (AR): Questo progetto di legge, salvo qualche momento in cui ho ritenuto necessario intervenire perché c’erano alcune cose che obiettivamente infrangevano la logica ancor prima dell’equilibrio politico, non è certamente una legge che si adotti volentieri.  Nel senso che andare a toccare un aspetto come quello della copertura del debito pubblico, chiaramente non lo si fa con leggerezza. Si interviene per necessità, per dotarsi di uno strumento efficace, snello, che possa andare incontro a quelle che sono le aspettative degli investitori e che sia coerente con gli standard internazionali legati al mercato dei titoli di Stato.  Da questo punto di vista, io credo che il lavoro fatto dalla Segreteria sia comunque positivo. È uno strumento utile, e credo che la Segreteria di Stato per le Finanze abbia fatto bene ad adottarlo per il nostro Paese.  Diversamente, assisteremmo di nuovo – come è già successo in passato – a speculazioni, polemiche, strumentalizzazioni ogni volta che si va a fare un’emissione di titoli di debito pubblico. Uno spettacolo imbarazzante, che danneggia l’immagine del Paese, mentre invece il rinnovo del debito e l’apertura di nuove linee di credito sono strumenti normali di sviluppo. Ogni impresa lo fa. Qualsiasi attività economica si indebita per rispondere sia alle esigenze di spesa che agli investimenti.  Il passaggio che stiamo facendo è importante. Abbiamo vissuto due crisi molto forti: quella del 2008, innescata da scelte scellerate che ci portarono alla procedura rafforzata di Moneyval, e una seconda, di natura politica, nella legislatura di due mandati fa, con una crisi di liquidità drammatica. In quei tre anni di governo si è andati ben oltre il miliardo di euro in nuova esposizione debitoria. Qualcuno potrà sostenere che parte di quel debito era già esistente, ma anche alla luce di quanto emerso nelle decisioni della magistratura italiana sul caso Delta, riteniamo che buona parte fossero crediti che avrebbero dovuto essere coltivati e riscossi, perché appartenevano – e in parte ancora appartengono – alla Repubblica di San Marino.  Questa legge ci permette di abbassare i toni sul concetto di debito e sul suo rinnovo. Ci consente di presentarci sui mercati con uno strumento molto più efficace di quelli adottati fino a ieri. Il nostro è un Paese che non ha mai avuto tradizione di debito pubblico, e quindi era privo di strumenti strutturati per gestirlo.  È una legge che sosteniamo, che sosterremo ora e ancora di più in Aula, anche se magari ci sarà ancora del dibattito polemico. Abbiamo sentito anche oggi cose come: “I derivati assicurativi sono strumenti che generano rischio.” È l’esatto contrario. Semmai generano costi, ma non rischi: servono proprio per coprirsi dal rischio.

Emanuele Santi (Rete): Questo progetto ci è stato presentato come se l’indebitamento potesse diventare un atto puramente amministrativo. Noi abbiamo detto: no. Fare debito è un atto politico.  È vero che il Consiglio Grande e Generale continuerà a stabilire il tetto massimo del debito nella legge di bilancio, ma tutto il resto – dal regolamento, agli interessi, ai soggetti coinvolti – sarà nelle mani di un solo uomo al comando, il Segretario di Stato per le Finanze.  Si è detto che l’Aula è troppo “congestionata”, che tre emissioni l’anno sono troppe da discutere. Ma noi crediamo che, soprattutto in un momento così delicato, l’Aula debba continuare a discutere e deliberare sul debito.  Così facendo, il Consiglio Grande e Generale si spoglia di una sua prerogativa fondamentale. Quando si va a definire come e dove vengono investite le risorse prese a debito, non ci sarà più alcuna possibilità per l’Aula di intervenire. Si è confermato che continueremo a coprire spesa corrente con il debito, con un trend di spesa che sta esplodendo: solo negli ultimi sei mesi, 600mila euro in più da coprire nel 2025.  Insomma: non è un atto amministrativo, è un atto politico che affidate completamente alla Segreteria delle Finanze.  Inoltre, il regolamento sarà emanato solo dal Congresso di Stato: il Consiglio esautorato completamente.  Sulla questione delle garanzie, non abbiamo ricevuto risposte. I dubbi sull’alienazione dei beni non sono stati chiariti. Sulla giurisdizione, ci è stato detto: “Se vogliamo andare sul mercato internazionale, dobbiamo accettare queste condizioni.” Ma quanto dobbiamo accettare ancora?  Il provvedimento è squilibrato. Manca di pesi e contrappesi. Poche tutele per lo Stato, nessun contrappeso al potere del Congresso.  Sui pareri vincolanti, ribadiamo: non è un atto di sfiducia verso l’amministrazione, ma se un ufficio tecnico dà un parere negativo, deve essere vincolante. E lo stesso se dà un parere positivo.  Sulle quotazioni e collocamenti, è rimasto irrisolto anche il tema della negoziazione. Prima erano previsti solo i mercati regolamentati, ora si aprono anche a sedi meno trasparenti. Vedremo poi nel regolamento.  Una nota anche su quanto diceva il collega Berti: sui derivati, confermo le forti perplessità. Anche se parliamo di strumenti assicurativi, sono comunque strumenti derivati, e legati all’oscillazione dei tassi. Ci sono state amministrazioni che si sono fatte molto male con questi strumenti. Chiedo estrema cautela.  In sintesi: tutele per chi investe, quasi nessuna tutela per il nostro Paese.  Il nostro giudizio è estremamente negativo. Voteremo contro e ribadiremo le nostre posizioni anche in Aula.  

Progetto di legge “Disposizioni in materia di emissioni di Titoli del debito pubblico della Repubblica di San Marino”: approvato con 9 voti favorevoli e 4 contrari

Le opposizioni nominano come relatore il commissario Emanuele Santi (Rete)

La maggioranza nomina come relatore il commissario Sandra Stacchini (PDCS). 

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