San Marino nello scandalo Mose sui media italiani. IlSole24Ore

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San Marino cassaforte dei fondi neri

L’ACCREDITO Dalle carte emerge che l’ex governatore Galan aveva un
conto corrente nella piccola Repubblica: nel 2005 versati 50mila euro

Roberto Galullo

Canada, Svizzera, Cipro e Gran Bretagna battevano nel cuore del gruppo Mantovani ma mai come San Marino. Secondo la ricostruzione della Procura di Venezia, infatti, la cassaforte societaria dei fondi occulti passava dal Titano. Degli oltre 20 milioni di risorse extra bilancio costituite tra il 2005 e il 2013, la metà era infatti nei forzieri sammarinesi.
La Guardia di finanza ha cominciato a lavorare sulle triangolazioni estere il 9 marzo 2011 e a dicembre ha ricostruito la fitta rete di rapporti tra Mantovani Spa e Bmc Broker con sede sulla Rocca, che risalivano al 2004, anno nel quale la Regione Veneto, con Giancarlo Galan Governatore, stipulò un protocollo commerciale con la Repubblica di San Marino nel campo del project financing e della realizzazione di opere di reciproco interesse. Il Gip Alberto Scaramuzza che il 31 maggio ha firmato l’ordinanza dell’indagine che sta sconvolgendo Venezia, a pagina 11 annota che lo stesso Galan era di casa sul Titano: nel 2005 si fece versare 50mila euro su un conto corrente acceso presso una banca di San Marino.
L’interesse sembrava soprattutto rivolto ai fini elusivi, dal momento che, per i periodi di imposta 2007/2009, la Gdf ha scoperto l’inesistenza di operazioni sottostanti alle fatture intercorse tra Mantovani e Bmc Broker. Gli importi delle false fatture portate illecitamente in detrazione o comunque annotate nelle scritture contabili, si legge a pagina 90 dell’ordinanza, «risultava superiore ai dieci milioni» per un periodo che la Gdf fa risalire al 2005 e fino al 2011.
Secondo la ricostruzione della Procura di Venezia, che per questo si è avvalsa (richiamandola nella nuova ordinanza a pagina 92) anche della definizione il 5 dicembre 2013 con patteggiamento in giudizio di alcuni indagati dell’inchiesta-madre del 28 febbraio 2013, ribattezzata Chalet, il sistema di fidelizzazione sull’asse Venezia-San Marino era collaudato e poteva contare su diverse variabili. Da pagina 174 dell’ordinanza “Chalet” si legge ad esempio la minuziosa analisi delle movimentazioni di denaro con il gruppo Mantovani, annotate dai conti correnti della Bmc Broker, dalla quale si evince la stretta correlazione tra gli accrediti contabilizzati e i prelievi per contanti, eseguiti sui medesimi conti, contestualmente o nei giorni successivi. In altre parole, al massimo in una settimana, si assisteva a una girandola di bonifici della Mantovani alla quale corrispondeva la girandola dei prelievi rigorosamente in contanti da parte di azionisti e uomini della Bmc Broker. Un esempio? Il 19 luglio 2005 l’impresa Mantovani accredita su un conto corrente sammarinese 450mila euro e lo stesso giorno William Ambrogio Colombelli (ex console sammarinese, che detiene l’80% delle quote e che in questa nuova indagine non è indagato mentre il 5 dicembre ha patteggiato un anno e 4 mesi nel filone principale per le false fatturazioni) ne ha prelevati oltre 445mila. Di esempi come questi è pieno il provvedimento e la conclusione, che si legge a pagina 175 dell’ordinanza “Chalet” è obbligata: «con prelievi spesso effettuati… in modo assolutamente sproporzionato rispetto alla scarsità degli acquisti di beni o servizi da parte della stessa Broker o da terzi, conseguendone un’inesistenza di reali fornitori di servizi che la Bmc Broker srl avrebbe reso nel corso degli anni a favore della Mantovani e una esistenza di prelievi per contanti spiegabili solo come reimpiego in modo non tracciabile per altri fini».
Se San Marino la fa da padrone, la Svizzera è appena un gradino più in basso. Il gruppo Mantovani, infatti, vi aveva depositato una somma compresa tra cinque e sei milioni..

 

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