L’avv. Luigi Lonfernini contrario alla conservazione della precedente cittadinanza
Lettera aperta alla Reggenza
Eccellenze, leggo con stupore (termine eufemistico) il progetto di legge avente per oggetto: “norme relative alla cittadinanza per naturalizzazione”. Il progetto, oltre ad eliminare il giuramento di fedeltà alla Repubblica, introduce l’eliminazione dell’obbligo di rinuncia alla cittadinanza di origine. Sono due istituti che scardinano alla base principi che fanno parte del patrimonio genetico su cui si basa la nostra Statualità e quindi ci identifica nel contesto internazionale non da oggi per cui nemmeno con un voto qualificato, da parte del Consiglio Grande e Generale, possono essere eliminati. Mi spiego: L’art. 13 della “Dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali dell’ordinamento sammarinese” recita: “tutti i cittadini hanno l’obbligo di essere fedeli alle leggi ed alle istituzioni della Repubblica e di partecipare alla sua difesa”. Con l’obbligo di partecipare alla sua difesa è implicito un dovere con il quale i cittadini, originari o naturalizzati, sono chiamati alla tutela dei valori fondamentali sui quali si regge non solo lo stato di diritto ma anche lo stato democratico, per cui è compito dello Stato mirare alla formazione del cittadino rendendolo cosciente delle proprie responsabilità di carattere civico e non solo,assicurando che l’esercizio dei diritti politici avvenga senza sovrapporre interessi personali, di gruppo, di classe, di partito, di nazionalità, all’interesse superiore della Comunità. Il giuramento dei naturalizzandi avanti i Capitani Reggenti, la massima Magistratura, non è puro atto burocratico ma è una presa di coscienza e quindi un impegno civile che rientra tra quelle tradizioni di carattere istituzionale che si sono radicate, generazione dopo generazione, nel nostro ordinamento giuridico: il giuramento porta con sé, come atto sostanziale e non formale, presupposti di carattere storico – culturale. Il giuramento di fedeltà porta come conseguenza l’impossibilità di mantenere fedeltà verso un altro Paese: non si può essere fedeli a “due padroni”. San Marino ha maturato nel tempo la sua autonomia ed indipendenza e di seguito la sua Statualità, conservando all’interno del piccolo territorio una Comunità di Uomini legati da vincoli di parentela, di etnia, di cultura,di religione, di interessi, pur essendo parte della Nazione Italiana. La cittadinanza veniva trasmessa da una generazione all’altra attraverso l’istituto dello “ius sanguinis” e cioè solo da un cittadino originario e solo eccezionalmente si accordava la naturalizzazione. Non si dimentichi: San Marino ha attraversato nei secoli periodi storici di gravi turbolenze all’interno della penisola Italiana ed il pericolo consisteva nell’evitare di introdurre nella nostra piccola Comunità soggetti che restavano e quindi si identificavano vincolati al Paese od alla Regione d’origine. Non è un caso che alla suprema Magistratura solo i cittadini originari possono essere scelti per quel ruolo (tra l’altro i Capitani Reggenti prestano giuramento all’atto del loro insediamento e quindi rinnovano, con atto solenne, fedeltà alla Repubblica, nonostante abbiano già prestato giuramento nel momento in cui entrano a far parte del Consiglio Grande e Generale). E’ evidente: i tempi sono cambiati ed esiste concretamente la possibilità di naturalizzare soggetti provenienti da Regioni del Mondo per cui conservando la loro nazionalità mantengono un rapporto che li identifica per tradizioni, legislazioni, culture,religione lontane dalla nostra e solo con la rottura del cordone ombelicale, che li unisce al loro Paese d’origine, si ritiene che potranno acquisire col tempo,in senso pieno e definitivo, le nostre tradizioni che rimangono a testimoniare, ripeto, l’unità di una Comunità che è stata sempre identificata nel contesto internazionale. La coesione, che è stato nel tempo il collante della nostra Comunità, significa comunione nella tradizione, divenuto un principio di carattere istituzionale che non può essere eliminato anche con un voto qualificato dal Consiglio Grande e Generale. E’ necessario che coloro che intendono acquisire la cittadinanza siano residenti da tempo in territorio; un tempo sufficientemente lungo da ritenere di avere compiuto un percorso di integrazione all’interno del nostro particolare tessuto sociale. Una Comunità ha il diritto di decidere cosa accettare o cosa rifiutare, identificando gli interessi che intende salvaguardare; vale per ogni cultura, etnia, nazione, tradizione. E’ compito della Reggenza cercare di evitare l’introduzione nell’Aula Consigliare di un provvedimento che scardina una istituzione che affonda le sue radici nel tempo e solo per assecondare nuovi naturalizzandi che, desiderosi di inserirsi in maniera piena nella Comunità, non dovrebbero avere difficoltà a rinunciare alla cittadinanza d’origine avendo, dopo anni di residenza, assimilato pienamente le nostre istituzioni e le loro peculiarità. Non si tratta di essere conservatori, progressisti o tradizionalisti ma di comprendere gli interessi comuni che legano la nostra Comunità.
Considerato quanto già evidenziato, cerco di spiegare brevemente le origini della cittadinanza sammarinese e l’evoluzione che si è verificata nel tempo. L’istituto della cittadinanza, la sua acquisizione, le sue regole per la conservazione, non è previsto dallo “Statuto”; è scritto: possono partecipare all’Arengo i Capi Famiglia. E’ il diritto romano comune che con l’istituzione del “pater familia” attribuisce ogni potestà e diritto sul nucleo familiare: per esemplificare anche di carattere successorio, compreso lo status di cittadino. Lo Ius Sanguinis è il principio istituzionale che ha regolato e regola non solo l’attribuzione dello Status di Cittadino e, di conseguenza, il trasferimento alle generazioni future. Per secoli l’autorità del Capo Famiglia era assoluto sia all’interno del nucleo famigliare sia verso il mondo esterno. Dentro il nucleo famigliare l’esistenza della consorte del Pater era del tutto irrilevante: non aveva diritti e quindi non poteva trasmetterli: non aveva nemmeno la facoltà di gestire la dote che, eventualmente, accompagnava il suo ingresso nel nucleo famigliare. Nel corso dei secoli l’autorità del “Pater Familia” si è affievolita ed ha assunto maggiore rilevanza la figura della consorte sino ad attribuirle parità di diritti, definitivamente consacrati con la riforma del diritto di famiglia negli anni ottanta del novecento e successivamente anche alla consorte è stato attribuita la possibilità di trasmettere la cittadinanza originaria ai propri discendenti anche nel caso che il coniuge fosse cittadino straniero (anni duemila). Si è inserito, nel corso dei secoli, un altro fatto che ha modificato l’istituto della cittadinanza: la naturalizzazione di soggetti provenienti dal mondo esterno ed in particolare dalle aree geografiche a noi vicine. Era un provvedimento che veniva adottato dal Consiglio Principe e sovrano a sua discrezione. Per lungo tempo la naturalizzazione veniva concessa a singoli soggetti o nuclei famigliari. L’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione è avvenuta in via del tutto eccezionale: ricordo che la famiglia Manzoni-Borghesi nell’ottocento ha acquisito la cittadinanza per concessione e che ha dato al capostipite la possibilità di assumere funzioni politicheamministrative di rilievo (tra l’altro i sammarinesi lo hanno ricordato con l’instaurazione di un mezzobusto nella zona della funivia). Considerate le condizioni economiche di San Marino non esisteva l’interesse ad inserirsi nella piccola Comunità, insediatasi su un territorio povero e privo di risorse. E’ dalla metà del secolo scorso che le condizioni economiche del Paese sono cambiate e quindi ha assunto maggiore interesse l’inserimento nella Comunità di esterni con la prospettiva di ottenere la cittadinanza. Ripeto: l’acquisizione non è mai stata un fatto burocratico: dopo un lungo percorso dentro la Comunità, il naturalizzando doveva e deve prestare giuramento di fedeltà avanti i Capitani Reggenti a dimostrazione di una integrazione avvenuta all’interno del tessuto sociale. L’istituto del giuramento di fedeltà e della rinuncia alla cittadinanza d’origine si è consolidato nel tempo diventando, generazione dopo generazione, una consuetudine che ha assunto un carattere di natura istituzionale, per cui rientra tra le norme definite istituzionalmente inviolabili, assolute, inalienabili, irrinunciabili, imprescrittibili, indisponibili con la conseguenza che non rientrano tra i poteri disponibili del Consiglio Grande e Generale. E’ opportuno che l’intervento del Prof. Bindi, pubblicato il 19 febbraio 2025 (su queste pagine, ndr.), venga divulgato allo scopo di mettere i cittadini, originari e naturalizzati, nella condizioni di avere a disposizione maggiori conoscenze su un progetto di legge che snatura il concetto di cittadinanza o peggio ancora mira a demolire un istituto che ha tutte le caratteristiche di essere considerato di natura dichiaratamente istituzionale. Ripeto: esiste un limite al potere normativo del Consiglio quando vengono coinvolte norme per loro natura irreformabili. Proseguendo sulla linea proposta con il progetto di riforma, col tempo, la cittadinanza verrà conseguita con un atto burocratico inviato tramite posta. L’integrazione nel nostro tessuto sociale è un fatto che non si risolve in tempi brevi; saranno le generazioni future dei naturalizzati ad acquisire, dopo averle assorbite e praticate, le nostre trazioni di carattere culturale – istituzionale che li identificheranno nel contesto sociale, attraverso la scuola, la partecipazione all’interno delle organizzazioni sia di natura pubblica sia di carattere privato. Sarebbe opportuno sia per i cittadini originari sia per i naturalizzati venisse introdotto l’obbligo di partecipare attivamente da parte dei giovani, per un breve periodo, ad una formazione di carattere culturale – istituzionale allo scopo di non disperdere un patrimonio che ci identifica: il mondo è cambiato ed in particolare le giovani generazioni vengono distratte, giustamente, da fatti ed avvenimenti che hanno un respiro internazionale: la globalizzazione ha investito non solo le attività puramente di carattere commerciale ma ha introdotto anche una rivoluzione nelle relazioni tra Stati, per cui cultura e politica hanno subito e subiscono in continuazione una evoluzione che hanno contaminato i rapporti interni ed esterni, anche di natura interpersonale, influenzando i comportamenti di ciascuno sia in senso positivo che negativo; particolare influenza in questo ultimi decenni hanno avuto le piattaforme digitali. E’ in questo contesto che la nostra Comunità ha la necessità di mantenere una sua coesione cercando di resistere alle contaminazioni esterne, mantenendo una sua identità. E’ bene evidenziare che anche gli Stati nazionali Europei cercano di non disperdere un patrimonio culturale che li ha identificati nel contesto internazionale, pur essendo consapevoli delle difficoltà che nascono da una difficile integrazione che nasce da movimenti emigratori eccezionali e mai verificatisi nel corso degli ultimi decenni.
Luigi Lonfernini