San Marino. I Fatti di Rovereta, Sylva Savoretti martedì 23 maggio 2017

San Marino. I Fatti di Rovereta, Sylva Savoretti martedì 23 maggio 2017

La Tribuna Sammarinese

Rovereta e il vaso di Pandora

Sylva Savoretti

Nella mitologia greca, il vaso di Pandora racchiude tutte le sciagure possibili che possano capitare agli umani nella loro esistenza. Quando Pandora aprì il vaso, donatole da Zeus che voleva vendicarsi del genere umano perchè tramite Prometeo aveva ottenuto il fuoco, le forze in esso contenute si liberarono e la devastazione colpì il genere umano: si riversarono nel mondo fatica, malattia, vecchiaia, pazzia, invidia, morte, violenza e …..odio.
Già, l’odio. Leggendo l’istanza d’arengo n.37, che chiede l’affissione a Palazzo Pubblico di una targa recante “perpetua ignominia” ai “traditori della Patria” , partecipanti ai fatti di Rovereta del 1957, traspare la pericolosa ed infida lama dell’odio, sentimento che da sempre porta spaccature spesso insanabili: il “ divide et impera” degli antichi. La gravità della richiesta ivi contenuta è palese, per i toni e per le parole usati: il linguaggio, offensivo ed infamante, esprime giudizi perentori di condanna senza appello su persone defunte, non in grado quindi di difendersi, che meritano comunque rispetto perché hanno dedicato la vita al servizio del proprio Paese e della comunità sammarinese. Affermazioni fatte, inoltre, senza avere alle spalle uno studio completo delle fonti storiografiche, che purtroppo ancora oggi non sono state reperite totalmente. Come si può dunque pretendere di possedere la cosiddetta “scienza infusa” in quantità tale da potersi esprimere in questo modo? Affermare poi che “ i Sammarinesi (TUTTI !!) posero” la lapide richiesta, a perpetua ignominia, denota una arroganza che lascia davvero perplessi. Il tutto, in mancanza di un elemento che in realtà dovrebbe essere predominante: la contestualizzazione degli eventi.
La motivazione principale che giustifica la presentazione di una istanza d’arengo, formidabile strumento di democrazia diretta, è che la proposta in essa contenuta sia di interesse pubblico. Ma non credo vi sia interesse pubblico nel diffamare le persone e nel negare il diritto alla libertà di pensiero, per di più strumentalizzando a tal fine l’istituto stesso dell’istanza. Questo testo crea inoltre un clima di profonda contrapposizione, non certamente utile alla vita del Paese in un momento contingente molto difficile, nel quale si dovrebbe invece ricercare un processo quanto meno di rispetto e di tolleranza tra i cittadini.
Come nel vaso di Pandora, quindi, nel testo si vedono espressi alcuni dei brutti mali che da esso sono fuorusciti: violenza e odio.
Non so se dal famoso vaso uscì anche qualcosa riguardo alla responsabilità delle parole. Le parole, contrariamente a quanto si crede, non sono innocue ma hanno una potenza, un peso, un valore. E’ necessario , a colui che vuole progredire, porre maggior attenzione all’uso della parola, occorre saperne gestire la forza e misurarne gli effetti. E questo perché prima di ogni cosa, prima anche della “sete di conoscenza”, che è alla base della esistenza intellettuale e spirituale di ognuno, ci deve essere la consapevolezza della responsabilità personale. Io la mia responsabilità l’ho ravvisata immediatamente, ed ho querelato le persone firmatarie di questo testo ignobile, quale figlia di uno dei presunti “traditori della patria” .
Infine, sembra che dal vaso di Pandora uscì anche qualcos’altro: la speranza. La mia speranza è che siano ritrovate, in fondo a questo vaso, quell’intelligenza e quella correttezza che possano far prevalere onestà, lucidità e distacco. Anche questa è responsabilità.

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