Crisi Cis, BCSM ha deciso che pagheranno lo Stato e tutti i cittadini

Crisi Cis, BCSM ha deciso che pagheranno lo Stato e tutti i cittadini

L’informazione di San Marino

Crisi Cis, Banca Centrale ha deciso che pagheranno lo Stato e tutti i cittadini

Incontri serrati per il “piano B”. Dipendenti perderanno il posto. Fondi pensione “congelati”, settimane per la restituzione dei depositi

Banca Centrale ha comunicato ieri nel Ccr allargato il “no” alla vendita di Banca Cis. Motivo? Non si sa. Almeno per ora. Quello che si sa per certo, invece, è che la mancata vendita ricadrà pesantemente sulle casse dello Stato e, di conseguenza, su tutti i cittadini, sui lavoratori e sui pensionati. Ieri si sono susseguiti incontri per l’approntamento del cosiddetto “piano B”. Il quadro in discussione sarebbe il seguente:

Il ruolo delle altre banche Su un totale di raccolta diretta di 441 milioni circa di cui 420 milioni di raccolta del risparmio (inclusi i fondi pensioni) è prevista la cessione dell’ammontare dei depositi protetti alle tre banche (Bac, Bsm e Bsi) per circa 90 milioni controbilanciati da altrettante attività costituite da crediti in bonis pari a 50 milioni in base alle valutazioni del Commissario Bonfatti e altri 40 milioni di Npl. La cessione di tali attivi e passivi è solo cartolare e non comporta nessun movimento di liquidità.

Lo sblocco “rallentato” dei depositi Si parla di sblocco dei depositi, che migreranno nelle altre banche, già dal 22 luglio. In realtà, a conti fatti, saranno presumibilmente liberi solo fra diverse settimane se non mesi, analogamente a quanto è successo in Cassa di Risparmio. Uno sblocco rallentato in funzione delle verifiche, necessarie o di comodo, che le banche dovranno mettere in campo e che impediranno di fatto il prelievo immediato dei soldi da parte degli aventi diritto. Quindi l’assicurato sblocco immediato fino a 100.000 euro apparirebbe solo sulla carta e non avverrà.

L’Ente ponte Nell’Ente ponte rimarrebbero i fondi pensione (circa 100 milioni), la raccolta interbancaria sammarinese (circa 24 milioni), i depositi non protetti e quelli eccedenti i 100.000 euro, per un importo complessivo di 351 milioni. La risoluzione comporterebbe quindi un costo immediato a carico dello Stato di circa 120 milioni di euro, pari alla copertura dello sbilancio fra attivi e passivi ed il pagamento del dissesto mediante “utilizzo” dei depositi dei fondi pensione e dei depositanti non coperti dal Fondo di garanzia. I fondi pensione e i depositi eccedenti rimarrebbero, insomma, “congelati” nell’Ente ponte senza possibilità di essere pagati. Difficile dire per quanto tempo. Se così fosse si tratterebbe di uno pseudo “bailin” – diciamo temporaneo? – che però sarebbe in contrasto con le disposizioni della Legge “salva banche”.

La gestione Npl Difficile dire se gli Npl – si parla di 100 milioni già svalutati dal Commissario straordinario – che rimarranno nell’Ente ponte saranno mai in grado di generare la liquidità sufficiente per garantire il rimborso delle somme ai depositanti e al fondo pensioni, che pertanto, quanto meno per la parte che non si riuscirà a coprire, rimarranno a carico delle casse dello Stato. Lo Stato dovrà inoltre sostenere l’Ente ponte coprendo le perdite che lo stesso maturerà nella sua gestione.

La continuità aziendale Le valutazioni effettuate dal Commissario straordinario nel presupposto di una “continuità aziendale”, qualora vi fosse stata una cessione, dovranno ora essere effettuate in un contesto più gravoso e diverso, con l’effetto, intanto, che le risorse che lo Stato dovrà immettere immediatamente nell’Ente ponte, a seguito del deterioramento del credito, aumenteranno di centinaia di milioni. Anche se questa è una considerazione presuntiva che dovrà essere verificata nei fatti, va detto che sul punto, nelle varie riunioni, il Commissario straordinario avrebbe già messo chiaramente in guardia. Senza contare che la mancata continuità aziendale – che probabilmente con un artificio di ingegneria finanziaria si cercherà di mantenere – farebbe perdere, con conseguente passivo, anche gli 86 milioni di credito di imposta del Cis.

Il crollo occupazionale Ciò che più stupisce è che la Csu abbia potuto appoggiare, non si comprende bene per quale motivo, la soluzione dell’Ente ponte, nella consapevolezza che avrebbe portato ad un crollo occupazionale. I dipendenti, a parte poche unità, saranno infatti tutti a carico degli ammortizzatori sociali e con tutta probabilità perderanno il posto. Quindi fra qualche tempo lo Stato si troverà con altre 60 famiglie senza stipendio ed in cerca di lavoro.

Lo scenario della vendita Lo scenario della cessione a Lunalogic-Stratos, sul cui diniego da Via del Voltone si attendono motivazioni, avrebbe consentito di dare immediata continuità alla banca. Gli acquirenti avevano garantito, oltre al versamento di 30 milioni subito e la copertura del buco con la spalmatura in un determinato lasso di tempo, il mantenimento di tutta la forza lavoro. La cessione, stando alle condizioni che erano sul tavolo della trattativa, non avrebbe implicato costi a carico dello Stato. A quanto si sa, inoltre, gli acquirenti, dopo un incontro effettuato con una rappresentanza del Governo e della maggioranza, avevano provveduto ad integrare a Banca Centrale la propria istanza impegnandosi a rimborsare i 100.000 euro per depositante entro i primi 24 mesi di sblocco e si sarebbero coobbligati con lo Stato per il pagamento dei fondi pensione. Va anche detto che, a quanto si sa, la vendita era la scelta caldeggiata anche dal Commissario straordinario fin dal primo momento. A questo punto non si comprende il perché non si sia seguita la strada indicata da chi oggi ha la responsabilità dell’istituto, considerato il fatto che, se a non convincere era il piano industriale, lo si sarebbe potuto monitorare passo passo e, magari tra qualche mese, procedere come si è deciso di procedere oggi con l’Ente ponte. Pare piuttosto che ci sia stata fretta mossa da altre finalità. Peccato che a pagare debba essere lo Stato quando per la prima volta poteva essere vagliata meglio una alternativa a costo zero per la collettività.

E la politica ancora tace.

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