LA MANCATA RIUNIONE DEL CONSIGLIO

LA MANCATA RIUNIONE DEL CONSIGLIO

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 LA MANCATA RIUNIONE DEL CONSIGLIO
 
I 31 consiglieri costituenti la nuova maggioranza, col proclama letto da Bigi dal sagrato della Pieve, rivendicano il diritto-dovere di assumere la guida del paese. Diritto-dovere che non possono esercitare perché la vecchia maggioranza impedisce loro l’ingresso nel Palazzo Pubblico. Essi denunciano al paese e al mondo civile che tale atto è illegittimo e che rappresenta un autentico colpo di Stato. Tuttavia non procedono alla creazione di un nuovo governo: un governo della Pieve contro quello del Palazzo. Nemmeno eleggono i nuovi Capitani Reggenti. Si limitano a stigmatizzare, questo sì, l’abuso compiuto dai Reggenti in carica che, annullando la seduta del Consiglio, hanno impedito, fra l’altro, l’elezione dei loro successori.
Il Consiglio di quel 19 settembre 1957, infatti, avrebbe dovuto eleggere i nuovi Reggenti per il semestre 1° ottobre 1957-1° aprile 1958. La convocazione del Consiglio per l’elezione dei nuovi Reggenti è un atto obbligatorio dei Reggenti in carica. Lo stabiliscono gli Statuti. Lo ribadisce a chiare lettere l’art. 1 della legge 24 marzo 1945, che, riprendendo gli Statuti, recita: In un giorno della seconda decade di marzo e settembre, convocato all’uopo il Consiglio Grande e Generale nelle ore pomeridiane, dopo aver invocato il Santo in Pieve, da parte della Reggenza … debbasi aprire la seduta, e dichiarata valida qualunque sia il numero dei Consiglieri intervenuti. Non procedendosi all’elezione dei nuovi Reggenti, va da sé che è prolungato automaticamente il mandato di quelli in carica. Il prolungamento è proibito dagli Statuti: In nessuna maniera possono essere confermati nel loro ufficio oltre il semestre, ché anzi, scaduto che sia, la loro giurisdizione sia e s’intenda essere finita. I Reggenti cambiano ogni sei mesi da sempre: fin dai primi Statuti che si conoscono, quelli degli inizi del Trecento.
In realtà il prolungamento del mandato dei Capitani Reggenti oltre i sei mesi talvolta c’è stato. Ma eccezionalmente. Per fronteggiare situazioni particolari esterne o interne. E solo, sempre e comunque, per decisione del Consiglio.
Un caso di prolungamento del mandato reggenziale per ragioni esterne si è verificato, ad esempio, nel 1787. Il paese era appena uscito da un blocco militare messo in atto dallo Stato della Chiesa. Stentava a riprendersi e la situazione non era ancora del tutto risolta. Il 18 marzo il Consiglio, anziché procedere alla elezione dei nuovi Capitani Reggenti, riconfermò all’unanimità per altri sei mesi quelli in carica nonostante la ripugnanza degli interessati.Un caso di prolungamento del mandato reggenziale per ragioni interne si è verificato nel 1920. Il paese era squassato da tensioni sociali. Incombeva la minaccia di pericoli esterni. Si introdusse una nuova legge elettorale e si avvertì il bisogno di applicarla subito. Il 18 settembre il Consiglio decise all’unanimità di convocare nuove elezioni per il 14 novembre. Poi con una votazione specifica – e piuttosto tirata – deliberò di prolungare il mandato dei Capitani Reggenti in carica fino alla prima convocazione del nuovo Consiglio.
In entrambi i casi – questo è il punto – è stato il Consiglio a decidere. Ed il Consiglio, in entrambi i casi, ha deciso con una votazione specifica. Invece il 19 settembre 1957, praticamente, sono i Reggenti stessi a prolungarsi il mandato. È un fatto che è al di fuori dell’ordinamento, della storia, della tradizione ed anche del comune modo di pensare della gente sammarinese. Deve aver avuto un’origine necessariamente esterna all’ambito sammarinese.
 

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