Nella Repubblica di San Marino la questione della malavita organizzata, presente con i suoi capitali opachi, visibilmente affioranti nel settore immobiliare, è stata affrontata finora con ipocrita leggerezza.
Lo si legge nell’editoriale di San Marino Fixing, il giornale dell’Anis.
‘Ipocrita leggerezza‘ che portava da oltre un decennio a far ritenere che alla fine si può chiudere un occhio sui quattrini di dubbia provenienza perché tanto alla fine non serve neppure la mascherina per maneggiarli, non ci si sporca le mani e non c’è pericolo.
In realtà il pericolo c’è eccome, perché i clan camorristici non si limitano a fare bonifici ma controllano il territorio.
E la politica, quella parte trasversale della politica che ha sottovalutato la questione in questi anni, ora deve prendere atto del fatto che la leggerezza con cui si è affrontato finora il problema ha portato ad un colpevole ritardo nel prepararsi a una vera e propria guerra con la criminalità organizzata.
Invece fino ad oggi i governanti sammarinesi degli ultimi decenni si sono soprattutto impegnati nel contrastare chi andava denunciando i pericoli anche per la sovranità derivanti dal sottobosco politico affaristico alimentato da un humus costituito da 548 società anonime, oltre 300 immobiliari, 120 fondazioni, migliaia di società per azioni e società a
responsabilità limitata con azioni e quote intestate a fiduciarie anche di paesi
offshore, e ben 72 soggetti autorizzati nel settore finanziario.
L’editoriale conclude: Occorre impedire con tutte le forze possibili che qualcuno provi a continuare a giocare anche oggi, malgrado tutto. Sarebbe da irresponsabili.