L’Informazione di San Marino
Il castello delle fantasie distorte
Antonio Fabbri
Voler far passare la conoscenza di documenti, sui quali si deve decidere, come scontro con il potere giudiziario perché i Consiglieri di maggioranza chiedono di poter visionare atti di una Commissione per valutare se trasmetterli o meno all’Avvocatura, restituisce la cifra di una certa dissonanza cognitiva, magari dettata dal timore che possa precipitare un castello di fantasie distorte. Quella del “colpo di Stato” in primis. Gli interrogativi allora si ammonticchiano.
Non era forse più scontro con la magistratura – perché hai voglia a raccontarla, ma è a loro che si riferiva l’opposizione – accusare le toghe di aver fatto un “colpo di Stato”?
Non era forse scontro con la magistratura quando l’opposizione tutta additava Giudici e Commissari della Legge come se fossero dei cospiratori?
Non era forse scontro con la magistratura quando in Consiglio qualcuno dell’opposizione, con il plauso degli altri, si scagliava contro questo o quel giudice fiancheggiando una strategia già vista nelle trame emerse dalle carte del “conto Mazzini”?
Non è forse scontro con la magistratura quando l’opposizione offende singoli Commissari della Legge e ne esalta qualcuno perché fa comodo alle proprie mire politiche?
Non è forse scontro istituzionale e con la magistratura srtumentalizzare persino il Collegio Garante con inconsistenti sindacati della Reggenza?
Ma poi, se il segreto non c’è per una indagine penale che viene sfruttata a scopi politici, perché lo si deve invocare per gli atti di un procedimento amministrativo dei quali prendere cognizione per scopi istituzionali?
Inoltre: i Consiglieri che devono decidere non possono vedere gli atti di un procedimento amministrativo, mentre gli atti preliminari di una indagine penale si possono mettere al centro di serate pubbliche?
Non sono forse tutte informazioni di pubblico interesse?
Appare insomma una inconfutabile schizofrenia demandare al Consiglio di decidere sulla trasmissione di atti, ma poi non dare al Consiglio stesso la possibilità di avere la consapevolezza per deliberare.
E’ lampante, allora, come l’etichetta di “colpo di Stato” si attagli di certo meglio a questa volontà preordinata di esautorare il Consiglio Grande e Generale di una sua prerogativa costituzionale, riducendolo da deliberante a passacarte.