Patrizia Cupo di Corriere Romagna San Marino racconta come una scatolone contenente i documenti di una indagine sulla malavita a San Marino raccolti a seguito di una rogatoria, sia finito come bersaglio nell’esercitazione di tiro di un gendarme del Nucleo Antifrode.
Da quell’episodio i gendarmi sono stati autorizzati a portare le armi a casa
(…) Vista la delicatezza del tema, si pensò da subito a un gesto intimidatorio: alle minacce della malavita. Tanto che, aperta l’inchiesta, si attivò anche il comando della polizia civile che da allora firmò l’autorizzazione, per il personale, a portarsi l’arma a casa. Partiti però gli accertamenti, l’indagine virò in tutt’altro verso. Emerse quindi che, tempo prima, il giovane aspirante gendarme, dipendente della società perquisita, in attesa di andare ad esercitarsi a sparare, mentre attendeva un fattorino per la consegna di certa merce, si rifugiò nel magazzino e decise di usarlo come nido per le sue personali esercitazioni. E lì, non ci deve essere stato poco, visto che gli agenti del Nucleo antifrode trovarono gli scatoloni ridotti a un colabrodo e decine di proiettili esplosi, poi tutti raccolti, sequestrati e repertati. Ora, del caso dovrà decidere il giudice Alberto Buriani: l’udienza è fissata per il 21 maggio. Il gendarme è difeso dall’avvocato Erika Muscioni.
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