“A pagar un conto più salato sono gli studenti con bisogni speciali”

“A pagar un conto più salato sono gli studenti con bisogni speciali”

 “A pagar un conto più salato sono gli studenti con bisogni speciali”

In Francia per Macron la riapertura delle scuole è una priorità in quanto la loro chiusura “aumenta le disuguaglianze sociali”, in Italia Mattarella ha avvertito l’esigenza di doversi rivolgere direttamente agli studenti perché “poter andare a scuola è un esercizio di libertà”, a San Marino che si fregia di essere la più antica Terra della Libertà, silenzio assordante.

Alla vigilia della Resurrezione di Cristo nostro Signore, “ci saranno soluzioni” era stato scritto, non pensavamo di trovarle come gradita sorpresa nell’uovo di Pasqua ma “se non ora, quando?”.

Gli istituti scolastici sono stati i primi a chiudere, già dal 24 febbraio scorso, e saranno gli ultimi a riaprire… forse.  E se tutti gli studenti ne soffrono, a pagar un conto ancor più salato sono quelli, per usare un eufemismo, con bisogni speciali. A proposito di costoro, quanto piace utilizzare parole quali inclusione diversità resilienza nelle relazioni da presentare ai convegni! Si aspetta con ansia un decreto ma non sarà che il ritardo sia dovuto al fatto che “con la cultura non si mangia”? Tale luogo comune potrebbe essere messo in relazione con l’analisi del filosofo Preciado apparsa su Internazionale n. 1356 secondo il quale “il Covid-19 ha anche reso visibile una cartografia di zone improduttive del corpo sociale … che risultano obsolete”: tra esse, oltre naturalmente agli anziani, rientrerebbero i disabili.

Naturalmente, affermazioni simili rappresentano una provocazione per una società che ama definirsi Democratica e Cristiana (in questo senso ben venga la riapertura delle chiese), nella quale ne consegue che i più deboli debbano venire prima di baristi ed estetiste, pur con tutto il rispetto per tali categorie. Almeno finora, la sensazione è che tutti debbano convivere con il corona virus, disabili a parte. Per essi nessuna ripartenza: siamo ancora nella fase della resistenza e per passare quanto meno a quella della resilienza, occorre riattivare la famosa rete, concetto alla base dell’inclusione, tessuta grazie alla determinazione, alla costanza di famiglie scuola servizi sociali. Diversamente, persistere in questa condizione, si correrebbe il rischio di lacerarla, creando falle non più rimarginabili.

Speriamo non abbia ragione Houellebecq, che ha delineato uno scenario post virus in cui a dispetto del tanto proclamato slogan nulla sarà più come prima, “Saremo uguali, soltanto un po’ peggiori”.

Daniele Baldisserri

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