La cuccagna dei clan in Riviera romagnola
Tre cosche per spartirsi la torta del racket
I clan Vallefuoco, Mariniello e Casalesi imponevano il pizzo tramite i pestaggi: dalla guerra alla spartizioneCASERTA – Dieci arresti sulla riviera romagnola, erano addirittura tre i clan in lotta tra Rimini e Riccione sino a San Marino per spartirsi gli affari del racket e del riciclaggio di denaro sporco. È il panorama desolante della Gomorra d’esportazione emerso dall’operazione «Vulcano» condotta dai carabinieri del Ros e della di Bologna. Gli indagati, accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso, appartengono difatti ai clan dei Vallefuoco, dei Mariniello di Acerra e dei Casalesi, frazione Schiavone. Cosche in lotta per contendersi vaste aree di influenza fino all’intervento dei capiclan campani che si erano accordati per evitare inutili guerre e spargimenti di sangue. A portare sulla propria pelle i segni della violenza camorristica erano per lo più imprenditori e commercianti con pestaggi all’ordine del giorno. Ad esempio, per convincere pienamente un imprenditore a pagare, quest’ultimo era stato portato in un capannone ad assistere al pestaggio di un’altra persona – un usuraio vittima di estorsione – entrata nel mirino dei criminali. In un’altra occasione, sempre per essere convincenti, avevano minacciato il rapimento del figlio del loro obiettivo.
I DIECI ARRESTI – Gli arrestati sono: Gennaro Esposito, 38 anni, di Pomigliano d’Arco (Napoli), residente a Brusciano (Napoli); Giovanni Formicola, 60, di Portici (Napoli), residente ad Acerra (Napoli); Ernesto Luciano, 49, di Acerra (Napoli); Luigi Luciano, 39, di Napoli, residente a Rimini; Pasquale Maisto, 37, di Caserta, residente a Villa Literno (Caserta); Giuseppe Mariniello, 46, di Acerra (Napoli); Bruno Platone, 45, di Cattolica (Rimini); Sergio Romano, 46, di Napoli; Francesco Vallefuoco, 44, di Brusciano (Napoli), domiciliato a Rimini-Rivabella; Massimo Venosa, 36, di Caserta, residente a Montevarchi (Arezzo).
L’OMERTÀ – Nessuno degli imprenditori taglieggiati (e sarebbero nell’ordine di decine) aveva presentato denuncia. Sono stati i carabinieri del Ros, che indagavano dal 2008 sui malviventi, ad accorgersi di quello che stava accadendo. Gli uomini dei clan avrebbero agito più o meno nello stesso modo: avvicinavano imprenditori che sapevano con qualche difficoltà economica ma che avevano dei crediti da recuperare. Riuscivano a farsi affidare il recupero dei crediti, ma alla fine esigevano più denaro dell’ammontare del credito recuperato. Così facevano entrare l’imprenditore in un giro vizioso con l’obiettivo finale di farsi cedere l’attività, anche per lavare denaro sporco. Per compiere questa operazione c’era sempre un emissario del clan che diventava inizialmente amico dell’imprenditore e anche della sua famiglia (in alcuni casi le rispettive mogli andavano a fare shopping insieme). Lo portava a cena fuori, offrendo lui. Poi gli faceva da consulente e finto mediatore con i clan nelle fasi dell’estorsione.
LA POLIZZA VITA A BENEFICIO DEL CLAN – In particolare ad essere stati presi di mira dai camorristi sono stati un imprenditore edile con società a San Marino e la moglie titolare di una boutique a Riccione e un altro imprenditore, del settore abbigliamento, di Rimini. La coppia avrebbe ceduto tra beni e denaro circa 200.000 mila euro. Secondo gli investigatori gli indagati erano in procinto di costringere le vittime a cedere imprese ed immobili e imporre la forzata sottoscrizione di una polizia vita, il cui premio sarebbe stato poi incassato dai camorristi in caso di morte. Nel quadro si inserisce anche una finanziaria, la Fincapital di San Marino, che «interagiva» anche con il clan dei Vallefuoco. E che nell’estate scorsa è diventata oggetto di interesse pure dei Casalesi, che però non sono riusciti a rilevarla perchè le autorità sammarinese l’hanno commissariata.
- Fincapital di San Marino nel mirino dei Casalesi
- San Marino, Fincapital. Forse il clan Vallefuoco